365. Un ennesimo compleanno ebraico (18.12.2011)

 

Pensiero n. 365

 

 Supponiamo che uno storico si accinga a scrivere una biografia di Abraham Lincoln. Egli cercherà di spiegarne la formazione, la carriera, le scelte politiche e così via. A seconda dei propri orientamenti ideologici sarà elogiativo o critico, lo esalterà o lo denigrerà. Una cosa certo non farà: impegnarsi a dimostrare che Lincoln era un americano. Cosa altro avrebbe potuto essere?

Lo stesso avviene negli scritti neotestamentari in relazione a Gesù. Che altro poteva essere se non un ebreo? Forse un greco, un romano o un egiziano? Se questa caratteristica non è molto sottolineata, ciò avviene per il semplice motivo che è data per ovvia. A metà degli anni ottanta un documento ufficiale cattolico, noto tra gli “addetti ai lavori” con il titolo abbreviato di Sussidi, afferma (o piuttosto esclama): «Gesù è ebreo e lo è per sempre». L’aspetto più significativo della sentenza sta proprio nel fatto di averla caricata di tanta enfasi. L’accento rivela un’anomalia di lungo corso. Essa può essere ricondotta a una formula: nel corso della bimillenaria storia cristiana è avvenuto un lungo processo di debraicizzazione della figura di Gesù. Questa linea interpretativa ha subito una progressiva inversione di tendenza quanto meno da un secolo a questa parte. Occorre, perciò, parlare della presenza di orientamenti volti a trarre nuovi significati dal fatto, all’origine ovvio, stando al quale il figlio di Giuseppe era ebreo.

Nel concilio di Calcedonia si dichiarò Gesù Cristo «vero Dio e vero uomo». La formula venne intesa come una partecipazione effettiva del Figlio alla condizione umana. Quest’ultima, tuttavia, fu vista, in genere, nel suo aspetto astratto e generale. L’unica determinazione che ha pesato, spesso in maniera abnorme, nella tradizione cristiana è che Gesù fosse maschio. Non a caso nella storia ecclesiale questa specificazione è stata assunta troppo di frequente come normativa. Il sesso, però, è solo una delle determinazioni che danno concretezza alla persona umana. Accanto a essa ve ne sono molte altre, a iniziare da quella di vivere in un tempo determinato e in luoghi delimitati. Per quanto non ci sia dato di mutare il tempo in cui viviamo, possiamo, in effetti, cambiare la nostra residenza. Anche Gesù fu a lungo itinerante. Tuttavia i luoghi in cui si vive non sono moltiplicabili all’infinito e, in ogni caso, non è dato abitare contemporaneamente in più posti. Da queste determinazioni base ne conseguono molte altre, tra cui la nostra lingua madre, il contesto culturale e religioso in cui siamo stati allevati e così via. In ciò l’esistenza di Gesù non differì da quella di ogni  altro essere umano.

Paolo stesso ricorda che, come tutti, Gesù è stato partorito da una donna e che egli è nato «sotto la Legge» (Gal 4,4). Quest’ultima annotazione è un modo per affermare il suo essere ebreo. La lettura paolina di questo fatto è molto specifica e certo non è conforme all’interpretazione rabbinica (ciò ebbe infatti luogo «per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» Gal 4,5). Tuttavia essa dichiara ugualmente la non accidentalità di un particolare di una nascita avvenuta nella «pienezza del tempo» (Gal 4,4). A Natale, quando si ricorda questo passo, è consueto  sentir parlare del «nato da donna» (con riferimento a Maria, nome taciuto da Paolo), ben più raro è invece ascoltare commenti riferiti a «sotto la Legge»; vale a dire al fatto che Gesù nacque ebreo.

Nel Credo niceno-costantinopolitano (quello che si recita nel corso della messa) si proclama che vi è un solo Signore, Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio, nato prima di tutti i secoli. Egli, per noi uomini e per la nostra salvezza, discese dal cielo incarnandosi nel seno della Vergine Maria e si fece uomo per venir  crocifisso «sotto Ponzio Pilato», per  morire, essere sepolto e risorgere il terzo giorno. In quel testo di fede non compaio i nomi di Abramo, di Isacco e di Giacobbe (quelli stessi impiegati, secondo la Scrittura, da Dio stesso per auto-presentarsi al roveto ardente – cfr. Es  3,15; 22,32). Si tace, inoltre, sul popolo d’Israele e sull’alleanza stretta con lui; non si fa parola di Davide e delle promesse a lui rivolte, mentre si nomina  Ponzio Pilato, spietato prefetto romano della Giudea. Con questo riferimento si voleva determinare la realtà di una morte avvenuta in  uno specifico tempo e luogo per la salvezza di tutti coloro che vissero, vivono e vivranno in ogni tempo e in ogni luogo. La logica secondo cui il «particolare» custodisce l’«universale» (fatto che ha indotto molti a sostenere che il linguaggio della fede non può darsi senza palare la lingua del paradosso) vale, però, per quell’evento solo perché è lo stesso criterio che ha retto e regge l’intera storia d’Israele, cioè la via attraverso la quale Dio ha voluto coinvolgersi in modo più riconoscibile con le vicende umane. Il Credo non lo ricorda. Le cose, però, stanno in modo diverso per il Nuovo Testamento il quale, nella sua veste canonica, si apre con questa riga: «Genealogia (alla lettera “genesi”) di Gesù  Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo» (Mt 1,1). A essa segue una lunga lista di nomi che, partendo da Abramo, giunge fino a «Giuseppe lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo» (Mt 1,16). Per comprendere il senso del Natale abbiamo bisogno di quella catena (opportunamente ricordata nella messa vespertina della Vigilia di Natale).

Il teologo battista Harvey Cox (che in seconde nozze ha sposato un’ebrea e che ha allevato il proprio figlio come ebreo) riporta una definizione di Natale proposta da un suo collega ebreo secondo la quale quella festa cristiana non è altro che «un ennesimo compleanno ebraico». Si tratta di una battuta brillante, ma per il credente in Gesù Cristo è anche molto altro.

Piero Stefani

 

 

 

 

 

365. Un ennesimo compleanno ebraico (18.12.2011)ultima modifica: 2011-12-17T21:07:00+01:00da piero-stefani
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Un pensiero su “365. Un ennesimo compleanno ebraico (18.12.2011)

  1. Condivido quanto scritto, vorrei solo aggiungere che si tratta dell’ennesimo compleanno dell’ebreo più famoso la cui ricorrenza si celebra ogni anno da più di 2000 anni.
    Grazie, Patrizio Misley

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