Pensiero 659 – Nell’empireo dantesco

Oggi 25 marzo giornata dedicata a Dante,  anticipo la pagina finale di un dialogo scritto per il prossimo convegno online di Biblia “In exitu Israel de Egypto”. La figura dell’esodo dalla Bibbia alla “Divina Commedia” (7-9 maggio p.v., per informazioni, scrivere a: cristina@biblia.org). Il testo sarà messo in scena, con immagini e interventi musicali, in un video curato da “Il Ruggiero” di Bologna.

Nel testo l’ultimo canto del Paradiso è ripercorso in un dialogo tra una «Lei» e «San Bernardo».

 

Lei: Nell’empireo il linguaggio diviene tutto visivo. Al termine della sua eccelsa preghiera innalzata alla Vergine,  gli occhi da Dio diletti e venerati, quelli di Maria, si fissarono su di lei, abate Bernardo. Fu un segno sicuro dell’avvenuto accoglimento delle sue richieste. Lei invitò Dante a guardare verso l’alto, ma lui aveva già di per sé rivolto la sua vista verso «l’alta luce che da sé è vera». Sempre lume, luce, visione. In che consiste la somma grazia? Nell’ardire di vedere: «Oh abbondante grazia ond’io presunsi  / ficcar lo viso per la luce etterna, / tanto che la veduta vi consunsi!».

San Bernardo: È vero; quando San Paolo fu rapito in paradiso affermò, parlando in terza persona, di aver udito: «parole indicibili». Paolo ha udito, non visto.

Lei: Pure nel rappresentare la Trinità tutto è visivo e tutto è circolare: «Ne la profonda e chiara sussistenza / de l’alto lume parvermi tre giri / di tre colori e d’una contenenza; / e l’un dall’altro come iri da iri / parea riflesso, e ‘l terzo parea foco / che quinci e quindi igualmente spiri». Nessun poeta ha mai eguagliato Dante. Eppure percorrendo il suo eccelso Paradiso avverto la mancanza del Tu divino; non odo la parola, mi manca il dialogo.

San Bernardo: Qualche volta mi sono chiesto perché, dopo aver scorto i due abissali misteri della Trinità e dell’Incarnazione, Dante abbia paragonato se stesso allo studioso di geometria che si confronta invano con la quadratura del cerchio. Mi pareva un paragone riduttivo. Ora mi sembra di aver compreso. Il sommo poeta ci propone un’immagine geniale che vuole esprimere l’impossibilità di venir a capo del rapporto che c’è tra la circolarità della vita trinitaria e la linearità dell’incarnazione per la quale il Figlio scende, umiliando se stesso, per poi  essere esaltato con un nome posto al di sopra di ogni altro nome.  A tal proposito il linguaggio un po’ arido delle scuole di teologia parla di Trinità immanente e di Trinità economica. Dante vola con i suoi versi ben più in alto. Eppure forse è vero che egli subordina troppo l’umanità di Dio” alla perfetta circolarità della «luce etterna che sola in te sidi, / sola t’intendi e da te intelletta / e intendente te ami e arridi!».

Lei: Un grande poeta del Novecento Paul Celan ha scritto: «Chi comincia davvero a vedere, si avvicina all’invisibile». Fissando lo sguardo sull’ ultimo canto del Paradiso il verso andrebbe riscritto così: «Chi vede l’invisibile è giunto alla meta».

 

 

 

 

 

Pensiero 659 – Nell’empireo dantescoultima modifica: 2021-03-25T11:37:05+01:00da piero-stefani
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