591 – L’inattuale attualità dei patriarchi (04.12.2016)

Il pensiero della settimana 591

 L’inattuale attualità dei patriarchi

    Abramo è chiamato dal Signore fuori dalla propria terra. Nella sua condizione errante gli è detto che sarà luogo di benedizione per tutti i popoli del mondo. Giunto nel suo vagare nella terra di Canaan riceve la promessa che la sua discendenza riceverà quel territorio (cfr. Gen 12,1-6). Grande figura quella di Abramo, padre della fede, riferimento della benedizione divina e fonte di benedizione universali.

   Subito dopo il libro della Genesi muta registro. Anche ora Abramo si sposta dalla terra su cui soggiorna; questa volta però a metterlo in  moto non è un  comando del Signore. Il motivo è un altro: a sospingerlo verso l’Egitto, un paese ricco di risorse, è la carestia. Il senza casa cerca ospitalità là dove balena per lui l’eventualità di procurarsi del cibo. Soggiornare in un paese straniero non è senza rischi, specie se si è accompagnati da una moglie avvenente (nonostante i suoi novant’anni, avrebbe ironeggiato Voltaire). Meglio spacciarla per propria sorella, anche se così sarebbe stata esposta  alla brama altrui. La vita comunque sarebbe stata in ogni caso salva. Sara entra perciò nella casa di faraone e Abramo riceve in cambio greggi, asini, cammelli e schiavi (Gen 12,10-15). Piccola figura quella di Abramo, pavido e opportunista, come è tipico di colui che si trova senza difese in un paese straniero.

   In realtà i due coniugi un protettore ce l’avevano ed  era il più grande di tutti. Egli   teneva sotto controllo l’intera sfera del sacro. Così  Dio colpisce la casa del faraone con calamità. Il potente scopre che c’è chi è più potente di lui;  restituisce la moglie ad Abramo e lo lascia andare con tutti i suoi beni. Il padre dei credenti agì pensando a se stesso e non già a Dio. Solo una sacralità arcaica, che non trova più corrispondenza nel nostro mondo, mutò in vantaggio un comportamento ambiguo.

   La Bibbia ha una strana caratteristica, corregge senza cancellare; non tira righe, non usa la gomma; rettifica aggiungendo, producendo doppioni. Si ricrede proponendo le variazioni dopo aver esposto il tema. Così l’episodio in cui Abramo presenta Sara come sua sorella è raccontato una seconda volta. Ora è ambientato  non più in Egitto bensì a Gerar. In luogo di un anonimo faraone c’è il re Abilelèk. Non si dice cosa spinse Abramo ad andare in quel territorio, si afferma solo che vi soggiornò come straniero. Il racconto precedente apparve sconcertante anche ai redattori biblici, non lo fu però fino al punto di negare la faccenda della sorella. In realtà anche su questo fronte si fa strada una giustificazione: Sara è in effetti sua sorellastra (figlia dello stesso padre ma non della medesima madre, Abramo aveva perciò contratto un matrimonio che sarebbe stato vietato dalla successiva Legge). Abielèlek è però preavvisato in sogno da Dio, con cui intrattiene un singolare dialogo onirico. Così non andò fino in fondo con Sara. L’esito infausto è scongiurato e  Abramo se ne va ricco di beni. Egli addirittura intercede presso Dio per le donne della casa del re rese tutte sterili a causa di Sara (cf. Gen 20).

   In questa seconda versione  l’arcaicità sacrale è attenuata. Si cerca qualche aggiustamento. Tuttavia la parzialità divina a favore di colui che soggiorna da straniero in terra altrui risulta ancora palese. La storia biblica trova corrispondenza nell’oggi in relazione alla precarietà, non in riferimento alla sovrabbondante protezione.

   Talis pater talis filius. La storia di Abramo  è replicata in Isacco. Il tema conosce una seconda variazione. Questa volta il motore dell’azione torna a essere la carestia. Isacco va, al pari del padre, a Gerar, la terra dei Filistei; là regna ancora Abimèlek. Questa volta  il Signore appare precocemente al patriarca. Gli dice  di  non dirigersi in Egitto e gli assicura protezione. Anche sua moglie Rebecca era di bell’aspetto. Si ripete perciò la scelta di dichiararla sorella. Il re tuttavia, in questa occasione, non la concupisce. Anzi è lui che, dopo molto tempo, vede Isacco accarezzare Rebecca; ne deduce quindi che la donna è sua moglie e non già sua sorella. Qui non ci sono sogni, c’è solo l’atto di osservare i gesti affettuosi altrui. Non lo si fa per voyeurismo. Al contrario sembra piuttosto che vi sia il riconoscimento che anche negli «altri» sono presenti gli stessi sentimenti  che proviamo in noi stessi. Così il re ammonisce i propri sudditi a non turbare la coppia. Isacco non se ne va dal paese. Resta lì e diviene un ricchissimo agricoltore e  allevatore; lo è fino al punto da suscitare  l’invidia dei Filistei (cfr. Gen 26, 1-14).

   Per più versi l’orizzonte di quest’ultima versione si è fatto più umano,dunque  più paragonabile al nostro, soprattutto a motivo della profonda ambivalenza sospesa  tra accoglienza e invidia che lo pervade.

Piero Stefani

 

591 – L’inattuale attualità dei patriarchi (04.12.2016)ultima modifica: 2016-12-03T07:51:03+01:00da piero-stefani
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Un pensiero su “591 – L’inattuale attualità dei patriarchi (04.12.2016)

  1. Una domanda di costume .
    C’è un particolare che non ho mai capito e che non ho mai travato spiegato relativamente a questi episodi:dichiarare sorella la propria moglie per “proteggerla” come poteva proteggerla? a quali costumi arcaici ci si riferisce?

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