582 – Con occhi fissi al Vaticano (02.10.2016)

Il pensiero della settimana, n. 582

 Con occhi rivolti al Vaticano

    Un verso di un salmo parla di occhi fissi che attendono. Sono rivolti a Dio e l’oggetto dell’attesa è il cibo che deve giungere a tutti al momento opportuno (cfr. Sal 145,15). Abbassato di livello, il discorso torna in mente quando in una diocesi si  approssima la nomina di un nuovo vescovo: gli occhi di tutti sono fissi verso il Vaticano e si aspetta. Vi è una differenza; rispetto al cibo si è in grado di impegnarsi per procacciarselo, riguardo al vescovo invece c’è poco o nulla da fare.

    Tutti sappiamo che eventuali procedure di nomina più democratiche di per sé non garantiscono nulla. Spesso i nominati dall’alto hanno più qualità di quelli provenienti dal basso. Con tutto ciò il mancato coinvolgimento di una diocesi al fine di esaminare se stessa, di individuare i propri bisogni, ma anche i propri punti di forza, le proprie fragilità e le proprie potenzialità è segno grave. Nella generazione immediatamente seguente al Vaticano II, qualcosa del genere avveniva, anche se, non di rado, con uno spirito forse un po’ troppo rivendicativo.  Era comunque un segno di partecipazione. Oggi, di contro, si è solo capaci di attendere; mentre i più ottimisti sperano che il nuovo clima porti pastori in grado di prendere su di loro l’odore delle pecore; tuttavia queste ultime rischiano di imparentarsi sempre più con il lato meno nobile della metafora ovina; la massima virtù dei miti animali sta nel seguire e non nell’avanzare.

  Entro la fine dell’anno alcune diocesi entreranno in pieno nel clima di attesa. La più importante in assoluto è quella di Milano, ce ne sono però anche altre, tra esse quella di Ferrara-Comacchio. Tracciare il quadro a cui si alludeva in precedenza, fatto di analisi e valutazioni critiche, richiede molte competenze. Rispetto alla vita di una diocesi, ognuno vede solo qualche spicchio. Per costruire una panoramica completa bisognerebbe mettere insieme gli apporti di molti, e questi ultimi si dovrebbero pensare non come clero, come religiosi o come laici, si dovrebbero invece confrontare tra loro come battezzati, cioè in base a quanto tutti li accomuna. Ma se fosse così il problema sarebbe in gran parte risolto prima ancora di essere posto, si produrrebbe  infatti una realtà definibile come opinione pubblica ecclesiale. Al giorno d’oggi quest’ultima è del tutto assente.   Ripetiamolo, l’atteggiamento medio è il seguente:  si attende e i più ottimisti sperano in una buona nomina che viene dall’alto (e il nuovo vescovo potrebbe anche essere una persona che non conosce affatto la diocesi, come è successo, da non molto, per esempio a Cremona). Se poi giungono voci sono soltanto quelle provenienti da settori organizzati, si tratti di clero o laici o movimenti poco importa. La logica è quella delle lobby (intese nel senso proprio del termine) e non quella dell’opinione pubblica.

    «Là dove non appare nessuna manifestazione di opinione pubblica […] occorre  vedervi un vizio, un’infermità, una malattia della vita sociale. Così anche in seno alla Chiesa: essa, corpo vivente, mancherebbe di qualcosa di vitale se l’opinione pubblica mancasse, e questo sarebbe un difetto che ricadrebbe sui pastori e sui fedeli».[1]

    Così Pio XII nel 1950. Il Vaticano II allora era lungi dal venire; se però queste righe sono lette come denuncia di una mancanza, l’attuale postconcilio appare già pienamente presente al tempo di papa Pacelli.

Piero Stefani


[1] Cit. in E. Bianchi, La differenza cristiana Einaudi, Torino 2006, p. 85.

582 – Con occhi fissi al Vaticano (02.10.2016)ultima modifica: 2016-10-01T09:07:05+02:00da piero-stefani
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Un pensiero su “582 – Con occhi fissi al Vaticano (02.10.2016)

  1. Ma cos’è l’opinione pubblica? La “vox populi”? Quella la Chiesa fa bene a ignorarla. Se parliamo di partecipazione dei laic, nella “Lumen Gentium” se ne parla: ” I pastori, da parte loro, riconoscano e promuovano la dignità e la responsabilità dei laici nella Chiesa; si servano volentieri del loro prudente consiglio, …” L.G. , 37 . A parte l’occasionale cena del vescovo con qualche notabile, non è chiaro come tale consiglio debba veicolarsi. E comunque poco sopra si legge: ” I laici, come tutti i fedeli, con cristiana obbedienza prontamente abbraccino ciò che i pastori, quali rappresentanti di Cristo, stabiliscono in nome del loro magistero e della loro autorità nella Chiesa”. Insomma, anche nei testi conciliari non me sembra che si aprano grandi spazi per una partecipazione concreta.

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