28 – Della tolleranza (06.06.04)

Il pensiero della settimana n. 28

 

Parlare male della tolleranza è gioco facile. È parola che si impiega per il dolore  perciò è cattivo gusto riservarla all’«altro», quasi che anch’egli fosse un male impossibile da estirpare e che perciò conviene sopportare di buon grado. Bisogna andar oltre e considerare l’«altro» un bene. In questo senso si è espresso in un lunga intervista apparsa  sul Corriere della Sera del 2 giugno scorso anche l’arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra.

Mettendoci sulla scia di altri e più illustri polemisti sarebbe agevole opinare che Caffarra non abbia studiato i grandi classici della tolleranza che hanno segnato il pensiero europeo moderno. Ma è bene non lanciarsi in inutili illazioni. Basti dire che chi è giustamente preoccupato di custodire il patrimonio culturale e spirituale dell’Europa non dovrebbe mai eliminare sbrigativamente questa parola. Essa all’origine ha avuto un motivo ispiratore profondamente cristiano stando al quale una difesa a oltranza della verità, compiuta senza tener conto della carità, diviene operazione destinata a distruggere entrambe le componenti. Non solo, storicamente parlando, la tolleranza è termine che attesta come questo particolare primato della carità sia stato appreso dall’evangelo e non dall’insegnamento delle istituzioni ecclesiastiche cattoliche o protestanti. Gli uomini di chiesa per proclamare ora di andare ben oltre la pura tolleranza dovrebbero costantemente ricordarsi che le istituzioni di cui sono esponenti sono state – e in parte ancora sono, almeno se guardano al loro interno – al di sotto della tolleranza. Pagliuzze e travi non ci sono solo nelle parabole evangeliche. Trovare i limiti della tolleranza è operazione necessaria; ma ancora di più lo è continuare a rendersi conto dei disastri provocati dalle intolleranze passate e presenti.

Alle parole alte e astratte dell’arcivescovo di Bologna («il modello della tolleranza  non mi pare adeguato, perché concepisce il diverso come un male, anziché un bene da riconoscere, e l’unità come coesistenza di estranei») preferiamo quelle più politicamente significative scritte nel lontano 1945 da don Primo Mazzolari: «Un regime tollerante, riconoscendo l’uguaglianza e la dissomiglianza dei cittadini, si muove nella libertà; un regime intollerante, negando l’uguaglianza e sopprimendo la dissomiglianza, impone la conformità». (P. Mazzolari, Della tolleranza, La locusta, Vicenza 19644 , p. 22).

Piero Stefani

 

 

28 – Della tolleranza (06.06.04)ultima modifica: 2004-06-05T11:25:00+02:00da piero-stefani
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