157 – La deportazione degli ulivi (06.05.07)

Il pensiero della settimana, n. 157

 

Il mondo vegetale, a differenza di quello animale, cresce fino a quando smette di vivere. Per un albero l’età dello sviluppo non cessa mai fino alla sua morte. I rami si estendono, la chioma si espande, la circonferenza del tronco si allarga. Il trascorrere del tempo lascia tracce precise. Se si seziona il fusto si possono contare gli anelli che segnano il susseguirsi dei suoi anni.

Nel mondo vegetale vi è la dimensione effimera del filo d’erba e la vita secolare delle grandi piante. Nessun essere umano è però turbato dal fatto che l’albero maestoso piantato davanti alle sue finestre fu visto,  piccolo, dai propri antenati e sarà scorto ancor più grande dai propri discendenti. A contrario, la pianta potrà essere presa piuttosto come simbolo di una continuità paragonabile a quella della famiglia. Non a caso, quando si vuole ricostruire la durata di un casato, si parla di albero genealogico. Nulla come quell’immagine indica sia la mancanza di fratture, sia la vocazione alla crescita. Un cucciolo di animale (genere umano compreso) suscita tenerezza in chi lo guarda; una quercia neonata lascia indifferenti: la sua vocazione è estendersi. Il suo fascino va di pari passo con la una crescita priva di  arresti. Un albero non soffre mai per troppa grandezza.

Gli anni, i decenni, i secoli rendono più belli il leccio e la sequoia. Tuttavia anche quando lasciano segni più aspri, spaccando la superficie e storcendo tronco e rami,  l’attrazione non muta. L’ulivo è albero sofferente. Esso denuncia subito la sua età con gli sconquassi del proprio fusto. Negli animali ciò susciterebbe pietà, nella pianta aumenta l’attrattiva.  Ai nostri giorni la singolare caratteristica è, come quasi tutto al mondo, caduta sotto le grinfie della dimensione commerciale e speculativa. La deportazione degli ulivi è spettacolo triste, anche se è meno tragico di quello degli esseri umani. Sradicati, per puri motivi di lucro, dall’habitat dove hanno vissuto per secoli, a molti ulivi è riservata la sorte di fungere stentati monumenti vegetali in qualche piazza o nel giardino di hotel di lusso. Grazie alla maggior mitezza del clima e alla tecniche di ‘rianimazione’ affermatesi anche in relazione al mondo vegetale, i vecchi ulivi riescono a sopravvivere. Si coglie subito però che non sono al loro posto. Questa collocazione li accomuna ad altri forzati immigranti vegetali, a iniziare dalle palme da dattero ostinatamente piantate in aree geografiche che garantiscono loro una vita penosa e frutti destinati a non superare mai lo stato di aborti. Come avviene per gli animali, anche la creazione di ‘zoo vegetali’ è segno della sopraffazione umana contro altre creature.

Nel caso degli ulivi a volte vi è un sottinteso particolarmente ipocrita. La violenza e lo sradicamento sono giustificati perché l’albero è preso come simbolo di pace. Nell’atto può esservi una inconsapevole verità che svela situazioni mondane in cui le tregue si susseguono agli scontri. Tuttavia la simbologia,  vuole. chiaramente, essere altra e rispetto a essa non vi sono scusanti. In realtà, in base a un’immagine di origine biblica, fatta propria anche da manifestazioni culturali di ben diversa matrice, il simbolo della pace è il rametto di ulivo posto nel becco della colomba (Gen  8,11 ). In effetti, alle spalle di questa situazione vi è la catastrofe del diluvio. Il ramoscello di ulivo è indice di una vita che ricomincia di nuovo; per questo è fresco e giovane. È segno di pace perché, al pari dell’arcobaleno, addita la speranza che l’ultima parola non spetti alla distruzione.

La deportazione dei vecchi ulivi si apparenta a quella delle persone anziane allontanate dalle loro case. La natura che rende fascinoso il contorcimento vegetale e squallida la decadenza animale dà ragione dei due destini eterogenei: i vecchi  ulivi sono messi in mostra, le donne e gli uomini molto in là con gli anni sono, per quanto è possibile, sottratti alla vista. Ai nostri giorni, lasciati vivere là dove sono, gli ulivi centenari fessurati e contorti potrebbero essere assunti, a simbolo della dignità dell’invecchiare e del rispetto che si deve agli anziani. Né è detto che non vi siano sottili legami tra le due dinamiche proprie di una società capace sia di emarginare i vecchi sia di far violenza ad alberi secolari. Resta però una differenza: la bellezza cresce con gli anni nel mondo vegetale, mentre per la vita animale vigono altre e più dure leggi. Tuttavia pure gli alberi si ammalano e alla fine  anche  per essi giungerà  il giorno della morte. Per questo, pur nella loro diversità, li avvertiamo vicini.

Piero Stefani

 

 

157 – La deportazione degli ulivi (06.05.07)ultima modifica: 2007-05-05T11:30:00+02:00da piero-stefani
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