148 – Alla ricerca della natura perduta (04.03.07)

Il pensiero della settimana, n. 148

 

Nel corso di una recente tavola rotonda intitolata L’embrione uno di noi? (presentazione di un supplemento dal titolo analogo della rivista Studi di Teologia, Ifed, Padova), una relatrice esordisce affermando di non voler subito rispondere alla questione, ma di essere certa che: «noi tutti qui presenti siamo stati embrioni». L’attacco retorico, peraltro non molto originale, introduceva  una presa di posizione volta a dare una risposta positiva all’interrogativo tenuto in principio sospeso. Come è ovvio, l’esito era sostenuto anche da altri argomenti. Resta comunque il fatto che, per una volta, varrebbe la pena di aggiungere una chiosa all’affermazione relativa alla nostra origine: «noi tutti, qui presenti, ducento anni fa non c’eravamo e fra duecento anni saremo tutti morti». Sul piano biologico una certezza vale l’altra: tutte le vite umane sono passate per lo stadio embrionale, tutte non durano due secoli.

Nell’ordine dei fatti si è dimostrato possibile sia manipolare gli embrioni sia prolungare la vita umana. Ormai, sull’uno e sull’altro fronte, ipotizzare esiti mostruosi esula dal regno della fantasia perversa per entrare in quello dell’orrore possibile. Quando fu elaborato, nella sua antica versione aristotelica, il concetto di natura moltissime cose erano dichiarate impossibili. Erano considerate tali appunto perché andavano contro la natura. Era impossibile per i cieli corrompersi, per il vuoto esistere, per i piedi superare la zona torrida dell’equatore e così via. L’età moderna si incaricò di dimostrare possibile l’impossibile. Quel che sembra innaturale e quindi impossibile in un’epoca è considerato raggiungibile, e quindi compatibile con la natura, in un’altra. In antico, le scienze della natura erano considerate attenere al necessario perché avevano a che fare con l’immodificabile; nell’età moderna la natura è invece diventata una realtà conoscibile e modificabile attraverso la tecnica. Il regno dell’impossibile, guerra dopo guerra, continua a subire ridimensionamenti territoriali: era un grande impero e rischia di diventare uno staterello.

Da tempo ci si appella alla dimensione della natura non già per evidenziare l’impossibile,  bensì per indicare quanto si può ma non si deve fare. La natura è trasferita dal piano dei fatti a quello dei valori. Non si è più nel regno delle scienze del necessario; siamo in quello delle scienze pratiche che definivano la virtù come un  vivere secondo natura. Questo campo si colloca, però, in una sfera ideale che ha per  scopo di limitare il possibile. Anche nella più classica delle prospettive l’antropologia si fa composita: la ragione deve guidare gli istinti che non sono meno naturali della prima (nella visione teologica la natura, quindi, diviene parzialmente corrotta).

Fino a non molto tempo fa, e forse anche oggi, nell’insegnamento cattolico ci si affannava a distinguere, a livello di dottrina (ma non di prassi), tra metodi contraccettivi naturali (leciti) e quelli artificiali (illeciti). Tuttavia, anche allora era impossibile appellarsi alla natura per dichiarare illegittimi i rapporti prematrimoniali: tutti sanno che per la natura le nozze coincidono semplicemente con l’atto sessuale. La debolezza del disatteso insegnamento stava dunque nell’appellarsi alla natura in riferimento a un’istituzione definibile solo nell’ambito della cultura. Nozze, tribunali e aree (per dirla con il Foscolo) stabiliscono l’inizio della civiltà.

«La famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio»,  recita l’art. 29 della Costituzione. A tal proposito nel suo discorso di S. Ambrogio del 2000 il card. Martini affermò: «Merita notare che si deve a Togliatti la locuzione “società naturale” ma furono poi Moro e Mortati a esplicitarne il senso. La famiglia è la prima e più originaria “formazione sociale” quella – come recita l’art.2 – nella quale si sviluppa e si perfeziona la persona umana. Questo suo carattere originario, precedente allo Stato, prescrive ad esso una “zona di rispetto”, lo impegna ad “inchinarsi” alla sua autonomia». La natura è ormai diventata un gioco di scatole cinesi: la costituzione  dichiara la famiglia una «società naturale» dunque prestatuale, ma è stato solo l’accordo, a cui si è pervenuti attraverso discorsi negoziabili (di cui si possono ancora elencare i protagonisti) ad averla resa giuridicamente tale. Insomma, dobbiamo trovarci d’accordo sul fatto che esistono dimensioni che superano i procedimenti che le hanno stabilite senza per questo dichiararle, in assoluto, immodificabili. Le costituzioni, per loro intima conformazione, evidenziano proprio un simile procedere. Noi dobbiamo concordemente affermare che esiste qualcosa che non dipende da noi. Occorre stabilire un’autotrascendenza del diritto che guardi come se fosse natura, vale a dire qualcosa a noi precedente, quanto è, in larghissima misura, frutto di convenzione.

Negli ultimi tre secoli tanto l’illuministica uguaglianza tra gli uomini, quanto il razzismo biologistico si sono appellati alla natura. Sul piano della verifica fattuale  entrambi erano astrazioni, ma la scelta tra l’una e l’altra opzione non è affatto equivalente. L’unico argomento a favore della visione illuminista sta nella consapevolezza del carattere convenzionale, e quindi non biologistico, della natura. In un certo senso, perciò, è solo la loro negoziabilità a rendere collettivamente indiscutibili i valori. Soltanto un accordo può dichiarare illegittimo quanto è possibile. L’opposto del relativismo è il patto, non il dato. Non a caso, il dialogo implica, per definizione, la presenza di qualcosa di comune che consente di comprendersi. Per una volta è bene, perciò, abbandonare Dostoewskij: non è vero che se non c’è Dio tutto divenga lecito. Ma è altrettanto indubitabile che bisogna prendere in modo radicale le distanze anche dal convincimento stando al quale, prima o poi, diverrà lecito tutto ciò che è, ormai, entrato nella sfera del possibile.

Piero Stefani

148 – Alla ricerca della natura perduta (04.03.07)ultima modifica: 2007-03-03T12:15:00+01:00da piero-stefani
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