132 – Sulla vita umana (12.11.06)

Il pensiero della settimana, n. 132 

 

Quando si assiste una persona invalida e vacillante vi è una grande differenza tra esprimere la propria preoccupazione dicendo: «e se cade?» e affermare invece: «e se mi cade?». Il piccolo pronome segna  la diversità di un intero orizzonte.

 

È possibile che le persone molto anziane vivano di ricordi invece di limitarsi a sopravvivere grazie ad essi? Ciò potrebbe avvenire se li trasmettessero. Tuttavia, al giorno d’oggi, tessere il filo dei ricordi, il più delle volte, comporta soltanto un malinconico soliloquio.

 

P.C. che cosa lo rende davvero personal? I dati conservati nella memoria. Sono loro a renderlo non intercambiabile. Visto in questa ottica lo schermo può mutarsi in una specie di specchio.

 

«Nel mezzo del cammin di nostra vita». Si doppia definitivamente il capo dell’esistenza quando l’asse temporale dei ricordi diviene, senza alcun dubbio, maggiore della ragionevole speranza di vita dischiusa innanzi a noi.

 

Chi guarda quasi solo a se stesso, è attaccato alle proprie cose e rende entrambi gli aspetti oggetto privilegiato del suo parlare è, a prescindere dall’età,  persona vecchia.

 

Al mattino visita a un Lager, al pomeriggio shopping, alla sera discoteca. Non è insolito che le gite scolastiche  abbiano questo andamento. Contraddizioni o specchio inconsapevolmente fedele delle modalità di vita della maggior parte di noi occidentali?

 

Megalopoli e grandi città hanno volti terribili; tuttavia  nei mondi  piccoli (famiglia, paesi…) l’attrito e lo stridore delle offese,  vere o presunte,  risuona più a lungo. Per migliorare la situazione, a volte, basterebbe una goccia di lubrificante; esso, però, dovrebbe giungere dall’esterno ed è proprio il «di fuori» a  mancare.

 

«Aggressività di ritorno»: le punture di zanzare sembrano dare meno fastidio quando si uccide l’insetto  e le offese paiono bruciare meno quando le si restituisce.

 

Quando si ha uno strappo nei calzoni e non ce se ne accorge ci si comporta con la solita disinvoltura; ma allorché ce se ne rende conto tutto muta. Diviene allora quasi impossibile liberarsi dal pensiero che quanti ci circondano (che pur continuano, palesemente, a comportarsi come prima) abbiano una invincibile propensione a guardare la vergognosa lacerazione del nostro vestito. Per quanto sia irragionevole, ci si sente addosso gli sguardi di tutti. La beata incoscienza è definitivamente archiviata e cercare di nascondere in qualche modo lo strappo diviene un chiodo fisso.

Come stanno le faccende con la coscienza? Per qualcuno la sua voce è tanto avvertibile da escludere che ci siano buchi di cui non si renda conto. Di contro, per altri, può diventare così cieca da non accorgersi del male commesso. In tal caso occorre qualcuno che dal di fuori glielo dica. Tuttavia anche allora è arduo che ci si senta addosso gli occhi di tutti. È più semplice ricorrere all’arte, più facile, del mascheramento che  a quella, più ardua, ma anche più vera, del rammendo.

 Piero Stefani

 

 

 

132 – Sulla vita umana (12.11.06)ultima modifica: 2006-11-11T13:40:00+01:00da piero-stefani
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