68 – La voce della coscienza (29.05.05)

Il pensiero della settimana, n. 68 

 L’acqua, l’aria, la luce ci circondano da sempre; da sempre viviamo perché abbiamo un ininterrotto rapporto con esse. Nella prassi quotidiana questa familiarità sorgiva  ci esonera dallo spiegare cosa sono. Tuttavia non appena non ci sono o sono in sofferenza (aria viziata, acqua imbevibile, luce fioca) se ne avverte la mancanza o la insufficienza. Raramente si è però invitati a fare un passo indietro e ci si chiede cosa effettivamente siano.

A tutti noi crescono i capelli, ma pochi di noi saprebbero addurre una spiegazione scientificamente convincente di come e perché avvenga questo fenomeno che ci accompagna  di ora in ora. Secondo i gusti, li lasciamo crescere o li tagliamo e questo ci è sufficiente. Il problema insorge quando li vediamo a poco a poco cadere e formarsi larga chiazze di vuoto sul nostro cranio.  Per qualcuno la cosa è accettabile: «capita a tanti». Per altri è un problema. Se diviene assillante e le finanze lo consentono ci si rivolge alla clinica del capello: se si è pazienti e facoltosi si può tentare la via dei trapianti. Si attende che i bulbi capillari attecchiscano e se tutto va bene la peluria ritorna a coprire il nostro capo. Gli artefici di questo prodigioso correttivo alla natura sono scienza e  tecnica. Una conoscenza riservata a pochi, anche chi ne ha beneficiato, persino se ricopre alte cariche istituzionali, continua a ignorare le ragioni biologiche profonde che fanno sì che i capelli crescano e le ciglia no.

Se si dovesse decidere sui limiti dei trapianti di capelli chi sarebbe titolato a farlo? Gli scienziati e i tecnici che sanno tutto, visto che hanno dedicato la loro vita professionale allo studio del cuoio capelluto? A loro riguardo ci si può però chiedere se effettivamente sanno quello che fanno o se semplicemente sanno farlo. Inoltre quali motivazioni li hanno spinti a intraprendere questo campo di studi? Autorità morali, non importa se istituzionali o no, potrebbero però proclamare l’illiceità di un’operazione che in genere non saprebbero valutare dal punto di vista scientifico. In questo caso non sarebbe convincente formulare un giudizio negativo sull’intervento per il fatto di andare contro natura, mentre sarebbe ben persuasivo dichiararlo inammissibile sostenendo che, in un mondo in cui la miseria è dilagante e masse infinite di persone muoiono ogni giorno di stenti, è segno di irresponsabile superficialità preoccuparsi di coprire con una rinata peluria qualche centimetro quadrato della propria testa. Altri obietterebbero che nella società ci sono sprechi ben più che consistenti. Inoltre per qualcuno può essere un fattore psicologicamente decisivo riavere i propri capelli: i bisogni psichici non sono misurabili in modo oggettivo. Né va dimenticato che attorno alle lozioni e alle cliniche del capello si muovono non banali interessi economici; dalla proibizione di queste attività deriverebbero solo danni. Altri però sosterrebbero che una società che  invita a moltiplicare i desideri e a non accettare i limiti mina a poco a poco le fondamenta del suo sussistere.

Se si fosse chiamati a decidere a chi dare ascolto? Agli scienziati? Alle autorità? Alla voce della propria coscienza? Molti opterebbero alla fine per quest’ultima. Essa è però come l’acqua, l’aria e la luce: da sempre ci accompagna, da sempre ci è indispensabile ma se dovessimo definire che cos’è, difficilmente troveremmo una risposta davvero convincente. La differenza che sappiamo esserci in questo paragone non fa che complicare le cose. Mentre subito ci accorgiamo dell’aria viziata, dell’acqua imbevibile e della luce fioca, non abbiamo una simile prontezza nell’accorgerci degli ottundimenti della coscienza. Quando il metro è falso ogni misura è errata: ma qual è lo specchio  in grado di far aprire gli occhi al metro sulla propria manchevolezza?

Chiamati a decidere su articoli di una legge che riguarda temi molto più profondi e drammatici dei capelli, gli italiani, stando alle statistiche, si affidano poco alle autorità costituite (6,3% alla chiesa,  0,7% ai politici), molto di più agli scienziati (24%) – diventati  autorità a motivo dell’altrui ignoranza – e in grande maggioranza alla propria coscienza (62,4%). Ma come può la coscienza decidere su ciò che ignora o conosce poco e male? Tommaso d‘Aquino osservava che coscientia vuol dire «cum alio scire», «sapere con altro». Nulla tradisce di più la voce della coscienza del renderla equivalente a un’opinione personale sorta nella propria mente per vie per lo più occasionali. «Sapere con altro»: l’espressione originariamente era aperta alla trascendenza, ma, anche lasciando cadere la verticalità, in essa rimane obbligante la dimensione orizzontale legata al confronto serio e pensoso tra coloro che cercano di capire. Proprio costoro però patiscono lo scacco; sono loro infatti ad avvertire di non riuscire a comprendere per scarsità di nozioni scientifiche, economiche, sociali, giuridiche e politiche quel che dovrebbero comprendere.

Conclusasi l’impresa dei Mille Cavour volle che nell’Italia meridionale avvenissero dei referendum immediati e incondizionati, finalizzati all’annessione (quelli di cui si parla nel Gattopardo). Mazzini rispose sdegnato: si chiamava fintamente a decidere coloro che non erano nelle condizioni di farlo. Poco meno di centocinquanta anni dopo, su tutt’altri temi, in Italia si è di fronte a una situazione paragonabile a quella. L’irresponsabilità civile di chi ha voluto gli attuali referendum va misurata in questi termini: decidere quando non si è nelle condizioni di farlo. Il risvolto più tormentato e positivo della vicenda si ha in coloro – e non sono pochi – che si rendono conto di quanto sia difficile, eppur indispensabile, dare in queste circostanze ascolto alla voce della coscienza. Essi non di rado avvertiranno che, pur avendo compiuto la scelta che  pareva giusta, non sono affatto sicuri di non aver sbagliato. Questa inquietudine è un sigillo di verità assai povero, ma guai a chi la considera una colpevole incertezza o, peggio, un tradimento.

Piero Stefani

68 – La voce della coscienza (29.05.05)ultima modifica: 2005-05-28T10:08:00+02:00da piero-stefani
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