19 – Vino e pane (04.04.04)

Il pensiero della settimana n. 19

 

La sera di lunedì 5 aprile si celebrerà il primo seder, la cena pasquale ebraica. Il giovedì successivo le comunità cristiane ricorderanno l’istituzione dell’eucaristia. Molti sono propensi a vedere la presenza dei legami tra le due cerimonie. A giustificarlo sono gli stessi vangeli sinottici che, a differenza di Paolo (1Cor 11,23-25), pongono la cena del Signore nel contesto di un seder.

Su tutto ciò occorre riflettere. Non vale però neppure la pena di smascherare l’ingenuità – e a volte anche la strumentalizzazione – dei gruppi cristiani che si attengono a più o meno improvvisate sillogi dell’attuale Haggadà di Pasqua (il testo letto durante il seder) credendo di ripercorrere le tappe dell’Ultima Cena. Dietro questa pseudoarcheologia liturgica opera in realtà il pregiudizio che tutto quello che è ebraico sia arcaico. Tuttavia è evidente che le cose non stanno così.  La cena di Gesù fu molto diversa dall’attuale: prima del 70  il cuore del seder era l’agnello sacrificato (Mc 14,2), vale a dire proprio l’elemento che manca in tutte le cene pasquali successive. In realtà una volta caduta la tradizionale convinzione cristiana secondo cui l’eucaristia è la celebrazione della nuova alleanza che pone fine all’antica (cfr. 1Cor 11,25), le convinzioni sono entrate in una fase magmatica. In prassi impensabili fino a qualche decennio fa è riflessa, spesso in modo inconsapevole, questa incertezza di fondo.

Nella cena pasquale ebraica due elementi hanno grande importanza: gli azzimi presenti nell’archetipo biblico (Es 12,15-20) e il vino, in esso del tutto assente. Entrambi hanno un ruolo simbolico rilevante, ma la prevalenza spetta al pane. Ciò avviene per una ragione molto semplice: a differenza del vino gli azzimi svolgono una funzione memoriale che può estendersi fino a coloro che si trovavano schiavi in terra d’Egitto. Ricordo, ospitalità e speranza sono espressi in apertura del seder proprio in riferimento agli azzimi. Alzando il vassoio infatti si dice: «Questo è il pane dell’afflizione che i nostri padri mangiarono in terra d’Egitto. Chi ha fame venga e mangi; chi ha bisogno venga e faccia pasqua. Quest’anno qui, l’anno venturo in terra d’Israele; quest’anno qui schiavi, l’anno venturo in terra d’Israele liberi».       

Nei racconti dell’istituzione dell’eucaristia pane e vino ritornano entrambi, a prevalere però è il vino. In riferimento al calice la memoria si fa più intensa, la stipulazione dell’alleanza è più fortemente evocata, la morte in remissione dei peccati diviene più presente e l’attesa del compimento del Regno è detta in modo più esplicito. Leggendo Paolo non v’è dubbio che l’accento batta più sul calice che sul pane « “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo dopo aver cenato prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”» (1Cor 11,25). Nei sinottici la speranza del Regno è detta prevalentemente in riferimento al vino: «Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza versato per molti. In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel Regno di Dio»  (Mc 12,25).

La riproposizione della cena pasquale  attorno al primato del calice  fa tutt’uno con la sua rilettura cristologica. Si tratta di una riflessione decisiva. Se si avesse il coraggio di affrontare  apertamente il tema si comprenderebbe che, forse, è giunto il momento per la tradizione cattolica, così attaccata a un culto eucaristico incentrato sul pane, di ripensare a fondo il primato pasquale del calice.

Piero Stefani

19 – Vino e pane (04.04.04)ultima modifica: 2004-04-03T12:40:00+02:00da piero-stefani
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