15 – Le rughe del passato (07.03.04)

Il pensiero della settimana n. 15

 

Tra i documenti del concilio Vaticano II uno dei più innovativi è stato la dichiarazione Nostra aetate dedicata alle «relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane».Testo dall’elaborazione particolarmente travagliata, esso fu approvato in una veste che, abbandonato l’originario progetto di stilare un documento riservato ai soli ebrei, allargava il proprio orizzonte all’intero universo delle religioni. Molti hanno osservato che una delle maggiori novità del documento sta nel non essersi limitato a parlare dei seguaci di altre tradizioni religiose, ma nell’aver preso in considerazione le religioni in quanto tali. L’osservazione è vera solo in parte.  Rispetto ad essa vi è infatti almeno una grande eccezione costituita dall’islam (parola che non torna mai nel testo).

Lo stesso silenzio è riservato a due termini a prescindere dai quali non è semplicemente possibile parlare di islam: il Corano e Muhammad. Il paragrafo loro riservato inizia in questo modo: «La Chiesa guarda con stima i musulmani che adorano l’unico Dio…». Il discorso conciliare è dunque incentrato sui musulmani non sull’islam. Per questo motivo si possono via via elencare i tratti comuni, senza che ciò implichi alcuna valutazione teologica complessiva dell’islam. Partendo da queste premesse, le conclusioni tratte  dalla Nostra aetate  si muovono anch’esse su un terreno definito dalla prassi: «E sebbene nel corso dei secoli non pochi dissidi e inimicizie sono sorti tra cristiani e musulmani, il sacrosanto sinodo esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, anche a difendere e promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà».

 È indubbio che a metà degli anni Sessanta i rapporti con i musulmani erano ritenuti  assai meno nevralgici di quanto non lo siano attualmente. Ciò ha un gran peso. Tuttavia, per le considerazioni che seguono, il punto non è discriminante. Forse la distanza culturale maggiore tra noi e questi passi si trova altrove: nell’esortazione a dimenticare il passato. In anni in cui si guardava con ottimismo al futuro (cfr. soprattutto la costituzione conciliare Gaudium et spes), i conti con il passato sembravano potersi fare agevolmente mettendovi una pietra sopra. Nessuno allora parlava di purificazione o riconciliazione delle memorie. Il passato sembrava essere solo una palla al piede e il futuro pareva potersi costruire sulle basi di un impegno comune non condizionato da quanto era stato. Oggi non è più così.

La volontà di fare i conti con il passato è divenuta tratto generale: solo non  dimenticandolo se ne può uscire o  non ripeterne gli orrori. La stessa retorica pubblica si è spostata dal «sol dell’avvenire» alle giornate della memoria. Tuttavia forse non si è indagato a sufficienza sulla genealogia di queste celebrazioni memoriali. Quanto in esse è tributario al fallimento della speranza di futuro proclamata da chi esortava a dimenticare il passato? Quanto manifesta un ultimo tentativo di rilanciare su basi più consapevoli giustizia, pace e libertà come unici valori che consentono all’umanità di avere un domani? Quanto testimonia la presenza di un nodo non ancora sciolto tra bisogno di riaffermazione della propria identità basata sulla memoria storica e consapevolezza dei  disastri nati dal battere fatidicamente solo su questo unico punto? Quanto in quelli appelli è espressione semplicemente retorica, involucro esterno che si sovrappone a esistenze immemori e appiattite sul puro presente?

Se è arduo pensare di poter costruire un futuro roseo sul semplice oblio di quanto è stato e sulla piana condivisione di valori finalmente comuni, altrettanto problematico è ritenere che nel tempo e nella storia si possa ottenere un pieno riscatto del passato. Le ferite della storia possono guarire; ma, come avviene nel corpo, resteranno sempre le cicatrici. Vi sono ambiti in cui non c’è spazio per chirurgie plastiche. Solo sapendo di non poter eliminare  e neppure occultare le rughe del tempo si possono conseguire parziali purificazioni e riconciliazioni di memorie capaci di affrontare con sguardi non ostili la sfida problematica del futuro.

Piero Stefani

15 – Le rughe del passato (07.03.04)ultima modifica: 2004-03-06T13:00:00+01:00da piero-stefani
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