10 – Schegge (01.02.04)

Il pensiero della settimana n. 10

 

In nessuna opera umana si raggiunge la completezza, ma  ci si accorge davvero di ciò solo se si fa di tutto per conseguirla, non quando la si mette in conto a priori.

 

Il disagio più invincibile: quando da entrambe le parti si finge che tutto sia ancora normale.

 

Spesso il telefonino è usato come una specie di talk show portatile in cui i vicini sono a un tempo coinvolti e ignorati.

 

Quando si ha sete e si sta bevendo da una sorgente non ci si chiede per quali vie sotterranee provenga l’acqua: si beve e basta. È una figura del rapporto più diretto e immediato con la realtà. Ma proprio lì, quando manca il distacco e il controllo,  si annida  il rischio massimo di venir ingannati.  Sottile è il crinale posto tra felicità  e disillusione.

 

L’accorgersi di aver dimenticato è l’ultimo guizzo della memoria.

 

In senso proprio l’impegno etico non è altro che questo: vedere sotto l’insegna della responsabilità quello che ad altri appare un semplice, ineluttabile destino.

 

L’impegno è un rispondere, l’ambizione  un tentativo di espandersi.

 

Sensazione non rara: nulla va esattamente come la profondità del cuore desidera, ma tutto si mantiene al di là di quanto il cuore teme.

 

Banalità del male;  vale anche per la sventura: al giorno d’oggi sempre più gente vive le proprie disgrazie e le proprie tragedie come fossero spettacoli da esibire.

 

Una frase americana ormai stupidamente ripetuta nell’universo mondo: «lo spettacolo deve continuare». Non vi è nulla di meno motivato di quel deve. Per la massima parte delle volte quell’ipotetico imperativo si svela solo superficiale rassicurazione psicologica.

 

Da molto tempo nella storia del mondo, la grammatica della discriminazione è fatalmente monotona: coloro che sono segregati meritano tale sorte, perché, qualunque sia il riscontro oggettivo, sono presentati nemici insidiosi e potenti.

 

«A chi la tocca, la tocca»: anche a livello popolare, la necessità, il destino, la fatalità parlano il linguaggio della tautologia.

 

Il linguaggio figurale nella sua massima potenzialità coniuga assieme due qualità di solito disgiunte: precisione e allusività.

 

Il Qohelet dell’intellettuale: credere di essere il primo a pensare e dire determinate asserzioni che sono già state pensate e dette da gran tempo.

 

Il dolore è una sfida, non una scuola; come in tutti i corpo a corpo se ne può uscire sconfitti o vincitori.

 

Piero Stefani

10 – Schegge (01.02.04)ultima modifica: 2004-02-01T13:25:00+01:00da piero-stefani
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