Le due gioie del digiuno (23.11.02)

Da quasi tre settimane è iniziato il mese di Ramadan. Fino a non molti anni fa questa notizia avrebbe riguardato paesi lontani senza alcuna ricaduta sul vissuto quotidiano della nostre società. Oggi è sempre meno così. Il mese sacro in cui i musulmani si astengono dal mangiare e dal bere durante le ore di luce riguarda ormai  non di rado il proprio vicino di casa e il proprio compagno di scuola. Come è avvenuto anche nella nostra città, le autorità civili si danno da fare perché i musulmani trovino, almeno in questo mese, una sistemazione decorosa per la loro sala di preghiera. La festa finale di rottura del digiuno diviene occasione di grandi raduni nei palazzetti dello sport e occasione di incontri con seguaci di altre religioni. Autorità cattoliche rivolgono messaggi di auguri ai musulmani all’inizio del mese di Ramadan affermando che quando un credente si rivolge a Dio gli altri credenti non possono che rallegrarsi. Un’iniziativa nata dal basso propone con meritoria insistenza e qualche ambiguità che il prossimo 29 novembre, ultimo venerdì del mese sacro, le chiese cristiane in Italia prendano iniziative di solidarietà nei confronti dei musulmani, ponendosi in tal modo in continuità con la  giornata di digiuno proclamata da Giovanni Paolo II nello scorso anno.

La situazione inedita e il fervore di iniziative invitano a riflettere un poco su questa pratica in cui le ore della luce sono contrassegnate dalla privazione e le ore di tenebre dal gioioso e comune soddisfacimento del bisogno alimentare. Nella tradizione islamica il digiuno di Ramadan non è compiuto in «spirito di penitenza», ma è incentrato sul controllo delle passioni, sulla solidarietà e soprattutto sull’obbedienza a Dio. Pur presentandosi come un mese di ascesi, nella pratica non di rado esso  è pervaso, dopo il tramonto, da un clima di gioia festiva a cui non sono ignoti gli eccessi; ed è forse anche per questo che, più di ogni altra pratica, questo digiuno si è radicato a tal punto nel costume musulmano da essere osservato anche dai meno solerti e devoti. A sconcertare e inquietare  molti occidentali, la cui vita è ormai sempre più frammentata e isolata, è forse proprio la evidente forza aggregativa espressa da queste riunioni che non sono né semplici incontri amicali, né manifestazioni di massa. Nella cultura cristiana un gruppo di uomini che si radunano per pregare e per  mangiare assieme lo si può trovare solo nei monasteri e non certo nei garage. Nel cattolicesimo il sacerdozio resta rigorosamente di spettanza maschile, ma le chiese sono riempite più da donne che da uomini; nell’islam, dove non c’è sacerdozio e dove la donna può rivolgersi direttamente a Dio senza mediazione alcuna, la preghiera pubblica è visibilmente maschile. È innegabile che alcuni di questi aspetti facciano sorgere un comprensibile disagio.

In tutti i fenomeni in cui prevale l’aspetto sociale, la «spiritualità» – per usare un’espressione cara al cattolicesimo – appare sempre difficile da cogliere: quale immagine spirituale dà il Natale delle nostre città?  Eppure essa ci può essere. Ne fa fede, ad esempio, il detto del Profeta trasmesso dal grande teologo e mistico al-Ghazali: «Chi fa il digiuno ha due gioie. L’una al momento in cui lo interrompe, l’altra quando incontra il suo Signore». Tale accostamento può suscitare sconcerto: quanto vi è di più materiale – il riempire la pancia – è accostato a quanto vi è di più alto – l’incontro con Dio. Questa frase però, oltre a mettere in discussione troppo astratte  dicotomie che dividono lo spirituale dal corporeo, invita a chiedersi quando si incontra Dio nel digiuno. La risposta la dà lo stesso al-Ghazali allorché afferma: «il digiuno, essendo astensione e rinuncia, è in se stesso un segreto, mancandovi azione che si possa vedere […] Non vedendolo se non Iddio grande e potente, il digiuno è opera del tutto interiore attuatosi per  mera pazienza». In altre parole, si incontra il Signore, quando Dio, che vede nel  segreto (cfr. Mt 6,16-18), incontra noi. Non c’è formulazione più efficace per dire  la verità più profonda di ogni spiritualità sia essa cristiana, ebraica o musulmana. Avvolta nel velo sociale dentro il cuore dei credenti si trova custodita la possibilità di questo incontro.

Le due gioie del digiuno (23.11.02)ultima modifica: 2002-12-28T06:15:00+01:00da piero-stefani
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