446__A futura memoria (06.10.2013)

Il pensiero della settimana, n. 446

 

     Forse fra qualche decennio si istituirà la giornata della memoria per gli immigranti inghiottiti dal Mediterraneo. La maggior parte di loro non avrà nome. In questo caso è, infatti, all’opera la malavita organizzata, non la burocrazia maniacale dei regimi totalitari novecenteschi. Tra i caduti nella guerra per l’immigrazione prevalgono i militi ignoti e i dispersi di cui non sapremo mai il numero. Allora qualcuno si chiederà: come è stato possibile? Forse allora si organizzeranno per le scolaresche pensose crociere su navi un po’ vecchie e si getteranno fiori sulle acque del mare.

     Tutto avverrà come capita per noi che organizziamo per gli studenti treni per Auschwitz e ripetiamo a mo’ di slogan: mai più! Davanti ai campi di sterminio ci domandiamo: come fu possibile giungere a tanto? Perché tanti sapevano e così pochi hanno parlato? Perché si è fatto così poco? Perché gli alleati non hanno bombardato le linee ferroviarie che portavano ai lager?  Per giungere a quella che per qualcuno suona (il più delle volte retoricamente) la domanda delle domande: dov’era Dio?

     Fra qualche decennio ci si chiederà: perché in un mondo in cui nulla sfugge agli occhi elettronici non si è intervenuti prima? Perché nessuno ha fermato i mercanti di vite umane quando organizzavano e mettevano in pratica il loro traffico? Perché non si volle dare trasparenza e sicurezza al modo in cui si fuggiva da paesi sconvolti da decenni di guerra civile rispetto alla quale molte potenze occidentali e orientali non sono esenti da responsabilità? Perché non si bloccò il traffico, legale e illegale, di armi che alimentavano quelle guerre? Perché si intervenne a bombardare la Libia e non ci si preoccupò di controllare i barconi fatiscenti che partivano dai suoi porti? Perché furono approvate leggi che più di favorire addirittura ostacolavano i soccorsi?  E forse anche allora qualcuno si porrà quella che per lui sarà (spesso retoricamente) la domanda delle domande: perché Dio, che ha dichiarato la propria predilezione per i poveri, non è intervenuto a salvare tanta povera gente? È vero però che nessuno allora si dovrà interrogare sui silenzi papali.

     Gli uomini e le donne degli anni quaranta non differiscono un granché da noi e anche quelli che vivranno fra qualche decennio non saranno presumibilmente diversi. Per tutti è più facile vedere gli orrori passati che i presenti. Eppure noi conosciamo anche quanto avviene ora; ma siamo anche assaliti da una domanda che non si presenta necessariamente solo come facile auto-assoluzione: cosa possiamo fare? In che cosa dobbiamo concretamente mutare il nostro modo di vivere per contrastare simili esiti? Come possiamo effettivamente dar voce e mani a un senso di umanità capace di andare al di là di un pur indispensabile soccorso immediato? Per lungo tempo molti hanno ritenuto possibile mutare le strutture di ingiustizia che dominano questo mondo. Tanti si sono impegnati per questo scopo; molti sono stati costretti a prendere atto che da questa lotta sono nate altre e non meno atroci ingiustizie. Ma l’ esito infausto basta per archiviare per sempre il problema? E come riproporlo in un tempo in cui salvare dalle acque naufraghi disperati rappresenta già il massimo?  Anzi, costituisce addirittura un atto che rischia di entrare in conflitto con le leggi dello Stato.

Piero Stefani

 

446__A futura memoria (06.10.2013)ultima modifica: 2013-10-05T09:02:45+02:00da piero-stefani
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