445__Corruptio optimi pessima (29.09.2013)

Il pensiero della settimana n. 445

 

     Un detto caro a Lutero e, in epoca a noi più prossima, a Ivan Illich afferma che dall’ottimo deriva il pessimo. In questo caso i capovolgimenti sono traumatici. La corruzione dell’ottimo è peggiore dello sviamento del bene.

     Tra le realtà eccelse della fede nel Dio unico propria di ebrei, cristiani e musulmani è la certa promessa di una vita personale dopo questa vita. Dio e Dio solo è in grado di restituire la vita ai morti; quindi solo lui sa quale sarà la loro vita. Immaginarla è una forma di sottile idolatria, credervi sta invece al cuore della fede.

     Questo ottimo si capovolge in pessimo quando la credenza nell’aldilà è chiamata in causa per disprezzare in se stessi o negli altri l’esistenza terrena. In secoli ormai lontani ciò ha portato a esasperazioni ascetiche non estranee a componenti che oggi sarebbero giudicate di natura sado-masochista. Ancora più grave di ciò è stato però l’utilizzo della dimensione ultraterrena per giustificare ideologicamente l’esercizio del potere sulle coscienze e quindi, di riflesso, anche sulla società. La minaccia dell’inferno ha funzionato, oltre che come deterrente contro i vizi personali, anche come modalità di dominio. Una delle ragioni addotte da Thomas Hobbes per giustificare la subordinazione dell’organizzazione ecclesiastica allo Stato è che quest’ultimo può solo comminare pene in questa vita (compresa quella di morte), mentre la Chiesa può minacciare la morte eterna. Finché si crede nell’inferno è fuor di dubbio che, nel caso di conflitto fra due i poteri, a prevalere sia quello spirituale.

      Il nodo tra credenza nell’aldilà e violenza nell’aldiquà meriterebbe di essere scandagliato a fondo. Nei nostri anni esso ha conosciuto una variante estrema nell’attentato suicida di matrice islamista. Fenomeno messo in grande rilievo e oggetto di innumerevoli pubblicazioni fino a quando colpiva in modo diretto l’Occidente (di cui lo Stato d’Israele fa integralmente parte), ma sempre meno valutato da quando avviene in massima parte entro il mondo musulmano. Gli studiosi si sono stancati prima degli attentatori, mentre i politici si sono limitati a essere soddisfatti della dislocazione interna degli attentati.

     Domenica 23 settembre a Peshaswar durante un culto anglicano c’è stato un attentato suicida. A quanto è dato di sapere, nella chiesa c’erano un centinaio di persone: si sono contati 81 morti. Se l’attentato fosse avvenuto in un qualsiasi angolo dell’Occidente l’eco sarebbe stata enorme; ha avuto però luogo in Pakistan e questi martiri della fede sono passati quasi inosservati. Al più qualche generica parola di condanna. A quanto ci risulta, anche papa Francesco non è andato al di là di alcune frasi improvvisate pronunciate a Cagliari: «In Pakistan, per una scelta sbagliata, di odio, di guerra, è stato fatto un attentato e sono morte 70 persone. Questa strada non va, non serve. Soltanto la strada della pace, che costruisce un mondo migliore. Ma se non lo fate voi, se non lo fate voi, non lo farà un altro, eh? Questo è il problema, e questa è la domanda che io vi lascio: “Sono disposto, sono disposta a prendere una strada per costruire un mondo migliore?”. Soltanto quello. E preghiamo il Padre nostro per tutte queste persone che sono morte in questo attentato in Pakistan». Tono e contenuti non sono all’altezza della dimensione estrema di un avvenimento che, ancora una volta, mette in rilievo il baratro di orrore senza fondo proprio di una fede religiosa trasformatasi in ideologia.

     «Le sue permutazion non hanno tregue: / necessità la fa esser veloce» (Inferno VII, 88-89). I versi riservati da Dante alla Fortuna calzano a pennello per il comportamento di papa Francesco. Si è di fronte a un incessante susseguirsi di parole, fatti, gesti. Quasi quotidianamente c’è qualcosa di nuovo: encicliche pubblicate e annunciate, digiuni, preghiere, interviste, lettere, discorsi, nomine, udienze, viaggi, telefonate, twitter. Figura straordinaria, Francesco apre prospettive inedite in cui la voce del vangelo a volte è forte e da tutti riconoscibile. Le «permutazion» però non cessano ed è questa «bufera» a far passare in secondo piano quanto poche ore prima riempiva i titoli di testa. Non si riesce a fissare un punto, non dico di sosta, ma neppure di svolta. A partire da tutto ciò, palesemente contro l’intenzione profonda del papa stesso, quanto resta al centro è la persona  stessa di Francesco e non già il suo messaggio. Lo stile umile, semplice e comunicativo accentra l’attenzione sul papa più di ogni incedere solenne e di ogni discorso autorevole. In virtù di una vera e propria eterogenesi dei fini di Francesco rischia di identificare il messaggio evangelico con se stesso. Nel mondo mass-mediatico è raro che ci sia l’ottimo, tuttavia quando c’è non vi è nulla di più facile che si trasformi in pessimo.

Piero Stefani

 

 

 

445__Corruptio optimi pessima (29.09.2013)ultima modifica: 2013-09-28T08:47:13+02:00da piero-stefani
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Un pensiero su “445__Corruptio optimi pessima (29.09.2013)

  1. 1) ti stanno usando x attaccare il Papa. Lo sai?2) la ‘lettera’ é MORTA. Solo la Persona é viva.Tu pensala come vuoi ma x me la teologia ad.es. di B16 NON parla al Popolo di Dio. La Persona di Francesco invece parla!!3) la trasformazione NECESSARIA x la CC é enorme. Francesco ne sta delineando il percorso, lungo ed accedentato e pieno di pericoli, ad es. il tuo scritto. Sovrapposizione? No. Solo un voler definire il quadro. Se avesse puntato tutto su un punto sarebbe stato confuso con un intellettuale (tu??) invece che con un fratello, un compagno di viaggio.Pietro

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