137 – Le bandiere di Natale (17.12.06)

Il pensiero della settimana, n. 137

 

All’epoca conciliare assunse molta rilevanza la teologia dei «segni dei tempi». La rivelazione, allora, appariva leggibile non solo tra le pieghe del Libro ma anche tra quelle della storia. L’impresa può essere giudicata in vari modi, a tutti però appare chiaro che si poneva su un altro piano rispetto al lavoro degli storici, dei sociologi e degli analisti politici. Nessuno ha invece mai proposto di attuare una speculazione teologica incentrata sui «segni del costume». È giusto che sia così: la pretesa  sarebbe davvero eccessiva. Tuttavia, se non la teologia, almeno la pastorale trarrebbe non poco giovamento dalla capacità di scrutare i comportamenti collettivi con occhiali diversi da quelli degli antropologi o di altri scienziati sociali. In tal maniera, essa  almeno non si sottrarrebbe al compito di cercare di capire.

Tra i segni del Natale che si incrementano anno dopo anno vi sono i babbi Natale che si arrampicano alle finestre e ai balconi delle case. A volte sono piccoli e molteplici, legati assieme per formare una piccola cordata. Altre volte percorrono cammini attrezzati con apposite scale. Ve ne sono di enormi con sacchi sulle spalle, né mancano i meccanici. L’impegno, un tempo destinato a far scorrere ruscelletti, a  far filare donne e spaccar la legna agli uomini, a far sorgere e tramontare stelle e luna sembra ora diretto a far pedalare babbi Natale.

Questa recente simbologia non è né privata, né pubblica. Non è domestica, non sono gli addobbi alle finestre che servono a quanti stanno dentro e non sono i grandi alberi illuminati delle piazze. Sono sul crinale tra il pubblico e il privato. Vogliono essere il segno di una casa che partecipa  a quanto è collettivo. In questo senso si apparentano alle  bandiere esposte alle finestre. In effetti, in qualche caso, è dato scorgere un babbo Natale vicino a una bandiera italiana. Forse da qualche parte ci potrebbe essere vicino pure a quella della pace, anche se va detto che è l’evocazione dei mondiali di calcio a  sembrare più pertinente.

La spinta imitativa e commerciale  (i babbi sono molto più costosi delle bandiere) svolge indubbiamente la sua parte, con ogni probabilità la più rilevante. Tentare di coglierne la simbologia dell’arrampicata dei babbi Natali, al di là della consapevolezza soggettiva di chi la inscena, non è però sforzo inutile. Le bandiere alle finestre indicano che il nucleo familiare partecipa a un evento che coinvolge tutti o almeno molti. In questo caso la direttrice va dall’interno all’esterno. Vi sono segni di direzione inversa, per esempio i fiocchi, divenuti segni anch’essi di dimensioni sempre più grandi o addirittura abnormi, che indicano ai passanti che in quella casa è nato un maschio o una femmina. Lo sguardo, qui, dall’esterno si rivolge verso l’interno: un evento legato a una famiglia ha rilevanza anche per altri. Non è un caso che i fiocchi enormi e multipli si vedano più nei paesi che in città. In modo più gentile e meno inquisitoriale, la dinamica che alle loro spalle ha qualche parentela con la consuetudine arcaica di esporre il lenzuolo macchiato di sangue dopo la prima notte di nozze.

I babbi Natale alle finestre sono segni soprattutto urbani, come le luci per le strade e i negozi con orario continuato. Come guardarli? La loro direzione è dall’interno verso l’esterno, come per le bandiere, o la contraria, come per i fiocchi? Né l’una, né l’altra. Sono posti ibridamente sulla linea di confine. Si mette fuori dall’interno quanto, simbolicamente, dovrebbe giungere dentro provenendo da fuori. In termini psico-antropologici si potrebbe parlare di proiezione. Un tempo lo spazio simbolico era connesso a una dimensione vuota. Il camino era la via per la quale chi è fuori può giungere dentro. Per accogliere un dono occorre lasciare uno spazio vuoto, essere predisposti a  ricevere perché non si è nelle condizioni di dare.

Babbo Natale dovrebbe portare i doni,  ma ormai siamo noi ad appenderlo fuori. Gli attribuiamo però ancora  la simbologia di colui che porta. Il sacco e la sua volontà di scalare le pareti lo apparentano non al ladro, ma al benefattore. Tuttavia questo senso è negato dalla constatazione che l’iniziativa parte dall’interno. Questo atto svela la prevalenza assunta dalla propensione narcisistica a compiere autoregali. Un tempo la preparazione era contrassegnata dalla custodia di uno spazio vuoto, il camino, il rettangolo di pavimento  sotto l’albero, la culla che accoglierà il bambinello solo nella notte di Natale, oggi invece rendiamo piena (e perciò paradossalmente svuotiamo) anche i segni del dono.

Nella più ampia simbologia identitaria imperante in questi nostri tristi anni i babbi Natale alle finestre hanno qualcosa da spartire con tendenze religiose avanzate anche in altissimo loco: si attende la salvezza a opera di simboli che noi stessi abbiamo posto, li chiamiamo radici e valori ma essi, in realtà, appaiono sempre più simili a  pupazzi. Nel contempo, di anno in anno, diviene più tenue la premurosa preparazione di spazi vuoti capaci di accogliere Qualcuno che giunga davvero dal di fuori per portarci il più prezioso fra tutti i doni.

Piero Stefani

137 – Le bandiere di Natale (17.12.06)ultima modifica: 2006-12-16T13:10:00+01:00da piero-stefani
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