124 – Da Ur a Vogogna (17.09.06)

Il pensiero della settimana, n. 124

 

Che ai nostri giorni nel mondo risuoni ancora il nome di un pastore nomade vissuto nell’antico Medioriente è  realtà che suscita stupore. Tra le centinaia di migliaia di allevatori di greggi che hanno vissuto lasciando breve traccia del loro passaggio solo nel limitato cerchio del loro parentado, ve n’è uno che gode ancora di risonanze universali. Si tratta di Abramo. Miliardi di persone lo hanno riconosciuto e lo riconoscono come padre nella fede. La Bibbia e il Corano lo qualificano concordemente ‘amico di Dio’. La constatazione dovrebbe suscitare una qualche meraviglia: molto labili, per dire nulle, sono infatti le somiglianze tra il suo e il nostro modo di vivere.

Se Abramo è ancora un riferimento per moltitudini di credenti ciò avviene non perché egli sia vissuto ma perché di lui si è continuato a raccontare. Quelle narrazioni sono poi confluite in Libri che, a loro volta, sono stati sorgente di infinite riproposizioni. Sappiamo di Abramo perché di lui si è sempre parlato. In questo senso il patriarca è figlio di chi lo ha raccontato. Ebrei, cristiani e musulmani affermano tutti, sia pure in modi molto diversi, la loro dipendenza da quell’antico pastore uscito da Ur; eppure quell’allevatore di pecore e capre è diventato paradigma della fede solo in virtù di quanto, nelle singole tradizioni, si continua a leggere e a dire di lui. Egli non è in se stesso padre comune. Per questo non basta riferirsi a lui per trovare una base condivisa da tutti coloro che si dichiarano più suoi figli che reciproci fratelli. Il suo nome sussiste solo nelle diversità dei racconti. Tuttavia, entro quella nicchia particolare, il nome di Abramo attesta, a suo modo, un tipo di universalità non  completamente rinserrabile nel contenitore a cui pur deve l’esistenza.

Il Corano (III, 67), al solito più lineare nell’affermare l’universale, dichiara che Abramo non era né un ebreo, né un cristiano; era un hanif, vale a dire un monoteista puro. Egli è il simbolo della possibilità, data a ogni creatura umana, di riconoscere il Dio unico a prescindere dalla propria appartenenza a una specifica comunità di fede. La Bibbia, come suo costume più articolata, dichiara invece che in Abramo saranno benedette  tutte le famiglie del suolo (’adamà, da cui ’adam, uomo) (Gen 12,3). Il passivo può intendersi, però,  anche come riflessivo: si benediranno l’un l’altro, vale a dire diranno reciprocamente  bene gli uni degli altri. Fatto che  rappresenterebbe sia il sigillo di una pace universale, sia l’affermazione di un ruolo particolare presente nel richiamo all’antico pastore uscito da Ur. Le famiglie del suolo non si richiameranno ognuno al proprio capostipite; al contrario dovranno riferirsi tutte a quel patriarca. Questa pretesa di assolutezza ha contribuito a far sì che il nome di Abramo risuonasse per il mondo intero.

Vogogna, paese nei pressi di Domodossola (diocesi di Novara, provincia di Verbania), ha un borgo trecentesco quasi intatto. Il restaurato castello visconteo domina sulle case dai tetti di pietra. Più in alto, tra un bosco di castagni, sorge una più antica rocca. Sulla piana vi è la stanzioncina che un tempo ebbe l’onore di vedere fermare l’Orient Express: i ricchi turisti vi scendevano per imboccare la valle che li avrebbe portati a Macugnaga, là giunti avrebbero ammirato il Monte Rosa. La zona, dopo la chiusura di grandi industrie chimiche e siderurgiche e la contrazione del piccolo commercio frontaliero (con l’introduzione dell’euro i prezzi di molti prodotti non sono più convenienti per gli svizzeri) cerca nuovi sbocchi economici. Tra essi vi è il turismo. In particolare Vogogna scommette sul suo borgo medievale. Feste e gastronomia cercano di prendere il posto lasciato libero dalla grande industria. Come si vede, si è di fronte a dinamiche economiche e culturali tipiche dei nostri anni.

In tutto ciò Abramo non c’entra nulla. Eppure anche lì il patriarca dice la sua. Infatti il parroco del paese, don Paolo Pessina, si è fatto promotore di una petizione rivolta alla CEI perché istituisca nella Chiesa italiana la festa di S. Abramo. Un richiamo dalla base per ricordare  che la fede – come la salvezza (cfr. Gv 4,22) – viene dagli ebrei o dal loro capostipite.

«I cristiani della Parrocchia di Vogogna (Novara) e di altre Parrocchie dell’Ossola territorio della medesima Diocesi,

* tenuto conto dell’importanza della figura di Abramo, Padre della fede per gli Ebrei, i Cristiani e i Musulmani

* considerato che, a seguito del Concilio Vaticano II, lo Spirito Santo ha suscitato, in tutta la Chiesa Cattolica, un rinnovato interesse per la lettura, lo studio e la meditazione della Bibbia, la qual cosa ha portato la stessa catechesi a una riscoperta della figura dei patriarchi dell’Antico Testamento

* notato che, però, questa riscoperta della storia del popolo di Israele come parte della nostra stessa storia di Cristiani non ha ancora trovato un’adeguata risposta a livello liturgico

* assodato che la liturgia ha, per contro, una fondamentale importanza nella formazione dei Cristiani […]

si fanno promotori dell’iniziativa di richiedere la celebrazione della festa di S. Abramo, Padre della fede…».

Le vie del Signore sono infinite, diceva un vecchio proverbio; ma, come avvenne davanti a Sodoma (cfr. Gen 18, 16-33), quelle di Abramo rivaleggiano, ancora una volta, con le strade di Dio.

 Piero Stefani

124 – Da Ur a Vogogna (17.09.06)ultima modifica: 2006-09-16T14:20:00+02:00da piero-stefani
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