111 – Dalla bioetica alla giustizia (07.05.06)

Il pensiero della settimana. n. 111.

 

Un detto arguto afferma che se io ho una mela e tu pure nel caso in cui ce le scambiassimo ognuno di noi continuerà ad avere una mela, mentre se compiamo la stessa operazione con le idee alla fine entrambi ne avremo due. Vi è però un risvolto meno esaltante: se ti sottraggo la mela io ne avrò due e tu nessuna; ma posso anche rubarti l’idea senza darti nulla in contraccambio; allora lo svantaggio diventa ancora più netto. In tali circostanze ci si sente depredati di quanto abbiamo di più intimo. Non si deruba un oggetto, si umilia una persona. I più grandi beni e i più grandi mali risiedono nella dimensione spirituale.

Lo scambio o la sottrazione avvengono solo a fronte di realtà limitate. Sono, rispettivamente, il risvolto positivo e quello negativo della penuria. Là dove ce n’è per tutti non entra in gioco né l’uno, né l’altro fattore. Posso scambiare con te il mio cibo o addirittura non consumarlo per offrirtelo, ma non sono in grado di fare altrettanto per l’aria che respiro. La mia rinuncia non andrebbe a vantaggio di nessuno. Nel caso dell’aria si è immersi in un bene illimitato e a motivo di questa sovrabbondanza – affermava l’acuto ingegno di Hume – lì non entrano in gioco né la giustizia né  l’ingiustizia. Neppure il mondo sviluppato, che sottrae  quasi tutto alle aree misere del pianeta, è ancora riuscito a rubare l’aria ai poveri; al massimo la inquina così come fa con la propria.

L’aria è l’eccezione non la regola. Scambio iniquo e sottrazione di beni (e a volte anche di idee, se si tratta di grandi culture) sono all’ordine del giorno sulla faccia della terra. Tutti sanno dell’esistenza di questa sperequazione; eppure spesso il discorso è lasciato alla gestione, non di rado dissennata, di frange estreme. Solo loro ormai lo pongono al centro; gli altri lo  considerano  per lo più un capitolo non la trama del libro. Quando si affrontano altri temi, ci si dimentica di questa ingiustizia. Lo confermano, per esempio, le questioni bioetiche. Anche quando le si affronta in modo maturo e problematico (cfr. il recente dialogo tra il card. Martini e Ignazio Marino), quasi mai si pone in debita evidenza l’ingiustizia planetaria connessa alla distribuzione delle risorse. Fecondazione artificiale, testamenti biologici, accanimenti terapeutici sono problemi realissimi; ma lo sono in una sola parte del mondo, esattamente quella capace in pochi anni di ridurre quasi a zero per se stessa (e solo per se stessa) il flagello dell’AIDS. Paventato come peste che tutto avrebbe travolto, il terribile morbo, in realtà, non ha portato danni epocali nella parte ricca del mondo. Non così altrove. In Africa l’epidemia non dà requie. Quando si parla di bioetica bisognerebbe, preventivamente, coprirsi il capo di cenere e tener sempre presente che si discute di questioni attuali solo per esigue minoranze della popolazione mondiale. Un giudizio morale che non tenga ferma la presenza di questo cupo risuonare di ingiustizia condanna se stesso alla insignificanza, se  non all’ipocrisia.

Contraccezione e aborto riguardano anche la parte misera del mondo. Davanti a questo dramma immenso disquisire se sia più o meno lecito ricorrere ai preservativi è peggio che discutere sul sesso degli angeli nella Costantinopoli assediata: non è solo inutile, è immorale. Si potrebbe proseguire. Connesso ai trapianti  vi è, per esempio, l’orrore del commercio degli organi. Per campare c’è chi vende pezzi di sé o, peggio, dei propri figli. La colpa maggiore sta però dalla parte di chi acquista e usa,  non di chi vende. Nessun bene è così limitato come le risorse del proprio corpo. Qui la giustizia e l’ingiustizia sono di casa.  

Prolungare vite stremate è un lusso ignoto a gran parte del mondo. È responsabilità assai più grave far morire di fame, stenti e malattie curabili un numero immenso di abitanti della terra che staccare la spina ponendo così fine al  prolungamento artificiale di una vita umana. Se l’imperativo più cogente è il rispetto della vita, il nostro mondo è tragicamente inadeguato a far proprio questo comando e per dimostrarlo ci sono prove più convincenti dell’eutanasia.

Piero Stefani

111 – Dalla bioetica alla giustizia (07.05.06)ultima modifica: 2006-05-06T15:25:00+02:00da piero-stefani
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