80 – Il magistero morale (02.10.05)

Il pensiero della settimana n. 80

 

«Se si regala la chiesa al polo». È il titolo di un articolo apparso sulla Repubblica del 24 settembre u.s.  a  firma Edmondo Berselli. Alcuni passaggi sia per stile sia per densità di argomentazione politico-ecclesiale fanno però sospettare che il politologo bolognese abbia  goduto, nella stesura del pezzo, dell’apporto di qualche consigliere molto esperto del mondo cattolico. Si tratta di un sospetto trascurabile. Quanto conta è la tesi di fondo. Essa è condivisibile: la contestazione nei confronti del card. Ruini, sia fatta o meno a suon di fischi, quando è mossa dalla convinzione che la chiesa italiana abbia unicamente compiuto la scelta della destra, innesca dinamiche che favoriscono l’esito che ci si prefigge di scongiurare. Altrettanto persuasiva è la ricostruzione delle ripercussioni che questa troppo frettolosa convinzione comporta all’interno dei due schieramenti politici. Con tutto ciò l’articolo di Berselli, collocato sul piano della riflessione, non sembra cogliere il vero nodo della questione. Altro è il discorso se il pezzo è inteso – secondo la probabile intenzione del suo autore o ispiratore – come pura mossa politica.

I moniti di Ruini non devono essere interpretati, ci dice il politologo, come un’indicazione di schieramento. Anche la presa di posizione sui Pacs «non rappresenta un diktat politico, quanto la sottolineatura di un magistero morale». Questo è il punto. Quasi a tutti in Italia appare incontestabile il fatto che il magistero cattolico non debba dare indicazione di schieramento politico ma sia tenuto a fornire chiari insegnamenti morali. L’errore sta proprio nell’accreditargli quest’ultima funzione senza chiedersi e chiedergli su quali basi essa possa avvenire all’interno delle regole proprie di una società democratica e pluralista. Per scongiurare lo schierarsi politico della chiesa italiana non basta evocare la legittimità di un magistero morale, occorre  esigere che esso avvenga rinunciando ad alcuni presupposti.

L’insegnamento e il ragionamento morali del magistero cattolico avvengono pressappoco lungo questa linea: esistono dei valori immutabili e universali; essi non sono negoziabili perché fondati su quanto non conosce tramonto; perciò valgono per tutti; tuttavia è solo la chiesa cattolica l’istituzione che ha i titoli autentici per individuarli e  per presentarsi come custode della loro intangibilità. I valori sono per tutti, ma è soltanto il magistero a sapere davvero quali sono e in che modo li si debba mettere in pratica. In virtù di questi convincimenti il magistero è persuaso che il suo insegnamento esprima il bene comune. All’interno di quest’ottica la Parola di Dio specifica della chiesa  diviene fattore discriminante tra credenti e non credenti, mentre i valori proposti dal magistero dovrebbero essere accomunanti. Tuttavia per essere davvero tali questi ultimi dovrebbero essere condivisi. Quest’affermazione comporta  che la ricerca di un consenso comune divenga momento costitutivo della tenuta dei valori di fondo di una società. Si tratta della regola base di quanto si proclama di accettare: la democrazia.

All’inizio della Dichiarazione di indipendenza degli Stati Unti i delegati delle tredici ex colonie affermano: «noi riteniamo che sono per se stessi evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati uguali…». Il linguaggio comune deve esprimersi così: si deve poggiare su un’autoevidenza che, pur non essendo tale per qualche ragione oggettiva (per la massima parte della propria storia gli uomini  hanno pensato in modo opposto a questi principi) è come se lo fosse nel momento in cui diviene convinzione condivisa. Il rischio che la maggioranza si trovi concorde su quanto in seguito apparirà ad altre maggioranze un disvalore è più reale; ma finché si accolgono le regole della democrazia si deve accettare questo pericolo. Si tratta peraltro di un gioco che consente di impegnarsi liberamente per far crescere i valori che si ritengono più autentici. Essi poi diverranno norma pubblica nel momento in cui saranno accettati come tali.

Un valore universale garantito da un magistero di parte è contraddizione logica e civile. Carl Schmitt ha affermato che  all’interno di una società pluralista il ricorso al diritto naturale è un fattore di spaccatura. È così. L’attuale magistero continua a parlare questo linguaggio: «il codice morale proveniente da Dio, codice sanzionato dall’Antica e dalla Nuova alleanza, è anche l’intangibile base di ogni legislazione umana, in qualunque sistema e, in particolare, in quello democratico» perché la legge stabilita dall’uomo «non può essere in contraddizione con la legge di natura cioè, in definitiva, con l’eterna Legge di Dio» (Giovanni Paolo II). Scrivere oggi queste parole significa far politica. Delle due una: o si è consapevoli di ciò o se ne è all’oscuro. Se si è consci, il sedicente insegnamento morale diventa di fatto un’opzione di parte e quindi merita di essere trattato come tale. Se, come sembra più probabile, se ne è inconsapevoli  è obbligo concludere che la chiesa cattolica non ha ancora fatto i conti in modo decisivo con la modernità. È quasi certo che ci siano ben poche cose che infiacchiscono la sua testimonianza quanto questa inadeguatezza culturale che, tra l’altro,  apre il fianco a una serie ben individuabile di strumentalizzazioni politiche.

Vi è un ulteriore cruccio, il più autentico per le persone di fede. Pretendendo di esporre valori comuni la chiesa cattolica non mostra ai laici quanto è proprio e specifico del Vangelo. Al contrario, seguendo questa linea di condotta essa diffonde il convincimento che, alla fin fine, la fede stia nell’accettazione di quei valori che, presentati come comuni, sono in realtà accettati solo da una parte. I laici sinceri e attenti esigono tutt’altro. Essi vorrebbero che i credenti presentino e testimonino la fede. Si tratta di un bisogno che trova scarso soddisfacimento nell’attuale magistero cattolico, preoccupato non tanto di annunciare la buona novella del regno e  di proclamare le Scritture (realtà entrambe chiuse entro un angusto bozzolo) quanto di esprimere, come fossero comuni, convincimenti di parte.

Piero Stefani

80 – Il magistero morale (02.10.05)ultima modifica: 2005-10-01T09:05:00+02:00da piero-stefani
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