50 – Il miracolo della fede (23.01.05)

Il pensiero della settimana n.50 

«Chi non crede non vedrà mai un  miracolo». Frase incisiva che da sola destituisce di fondamento  pensosi procedimenti di canonizzazione affidati a commissioni mediche giudicate in grado di stabilire il carattere sovrannaturale di una guarigione e del tutto incompetenti a giudicare i risanamenti spirituali che sono i frutti più propri del credere. Tuttavia questo detto avrebbe potuto essere pensato da molti; non così l’aforisma proposto nella sua interezza: «Chi non crede non vedrà mai un miracolo. Di giorno non si vedono le stelle». Scrivendo queste parole Kafka si è posto su un altipiano che pochissimi avrebbero potuto raggiungere con le loro gambe. Racchiudere un intero mondo in una quindicina di parole è impresa riservata a un manipolo di eletti.

Qualche giorno fa nel corso della presentazione di un suo romanzo (Goldberg, Moby Dick, Faenza 2004, pp.159, € 11), Marco Felici ha alluso, di passaggio, a questo detto. Le sue parole hanno messo giustamente in rilievo la dimensione del buio: per osservare le stelle lo sfondo deve essere oscuro. In effetti un modesto difensore della fede sarebbe stato tentato di proporre una più sfolgorante analogia. Egli avrebbe scritto: «Chi non crede non vedrà mai un miracolo. Di notte non splende il sole». L’apologetica  è sempre tentata di solcare le vie della luminosità e di proporre la fede come un chiarore  capace di rivestire l’esistenza  di un  manto di luce. Questa seconda parte solatia avrebbe però prevalso irrimediabilmente sulla prima. Essa non avrebbe fatto comprendere il senso più profondo dell’aforisma secondo cui l’unico vero miracolo è la fede stessa. Il credere è come una coltre oscura che avvolge le nostre vite. Quanto la distingue dal suo opposto non è la mancanza del buio. La discriminante sta nel fatto che si tratta di tenebre capaci di far vedere le stelle. È un’oscurità che vibra di presenza. Fede e non fede possono essere ben indicate dall’immagine dell’Esodo: «Ora la nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte» (Es 14,20). La grande mistica non si è espressa in modo diverso: «Non voler essere come molti insipienti i quali, avendo un concetto volgare di Dio, allorché non lo intendono, non lo gustano e non lo sentono, credono che egli sia lontano e nascosto, mentre è piuttosto vero il contrario e cioè che quanto meno distintamente lo intendono, più si accostano a lui, poiché, come dice il Profeta David: “Pose il suo nascondiglio nelle tenebre” (Sal 18,12)»  (Giovanni della Croce, Cantico Spirituale B,I.12).

Eppure non è solo così. La fede è un vedere nelle tenebre e a motivo di esse,  ma è anche un attendere. Certo, né il credere né lo sperare sono compatibili con la chiarezza della visione (cf.  Rm 8,24-25). Sono animali notturni che vedono le stelle, ma aspettano anche  l’alba. Gli occhi della fede guardano verso oriente. Non è solo devozionale evocare in proposito la stella mattutina. Solo essa è in grado di congiungere in un sol nodo fede e speranza. La luce delle stelle non è mai così brillante  come quando  si  può affermare con Paolo: «la notte è avanzata e il giorno è vicino» (Rm 13,12).

Piero Stefani

50 – Il miracolo della fede (23.01.05)ultima modifica: 2005-01-22T11:35:00+01:00da piero-stefani
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