49 – La giornata cristiano-ebraica (16.01.05)

Il pensiero della settimana, n. 49 

Il 17 gennaio 1990, per volontà della CEI, fu celebrata la prima giornata dedicata «all’approfondimento delle relazioni della Chiesa cattolica in Italia con il popolo ebraico e allo sviluppo del dialogo ebraico-cristiano». Nel presentarla per la prima volta Mons. Alberto Ablondi (allora presidente del Segretariato CEI per l’ecumenismo e il dialogo) scriveva che la giornata  doveva portare «a migliorare “la conoscenza della realtà religiosa ebraica” (Nostra aetate, n. 4); all’eliminazione dei pregiudizi religiosi; a un atteggiamento fra ebrei e cristiani di fiducia reciproca, in cui gli ebrei “siano veramente degni della nostra reverenza e del nostro amore” (Paolo VI); a un dialogo in cui saranno importanti gli approfondimenti biblico-teologici, incontri di comunità, visite reciproche; alla cooperazione nella difesa dei diritti umani, nell’impegno contro la discriminazione, il razzismo e l’antisemitismo; a iniziative per la pace e la salvaguardia del creato…Con tale iniziativa… la Chiesa ha voluto rispondere a un’esigenza di maggiore comprensione di sé attraverso una componente delle sue origini; nello stesso tempo ha inteso esprimere un gesto di dialogo e di fraternità verso il popolo ebraico» (Il Regno-attualità, 22,1989,634).

Da allora la giornata si è radicata, non in modo omogeneo, nel tessuto ecclesiale. Tuttavia negli ultimi anni più che ad una espansione è sembrato assistere a un certo riflusso. Si ha inoltre l’impressione che la giornata non sia sostenuta con sufficiente determinazione; non a caso il tema – che varia di anno in anno (per il 2005 si tratta del doppio comando dell’amore di Dio e del prossimo) – viene comunicato sempre più in ritardo e lungo canali non facilmente accessibili.

I motivi di questa situazione sono molteplici, ivi compresa la vicinanza con la successiva giornata civile della memoria fissata per il 27 gennaio, anch’essa sempre più aperta al rischio di diventare una pura celebrazione. La ragione di fondo di questa incertezza si trova però nella irrisolta dualità già espressa nell’antica presentazione di Mons. Ablondi, in cui, da un lato, si invitava a un discorso ad intra volto a un approfondimento di natura ecclesiale, mentre dall’altro si auspicava un dialogo ad extra. Negli ultimi tempi quest’ultimo aspetto si è fatto meno sciolto specie  a motivo di una tutela dell’identità divenuta, da ambo le parti, più marcata e del faticoso intreccio instauratosi tra accuse di antisemitismo e riserve mosse nei confronti della politica israeliana. Quanto al  primo aspetto solo in pochi luoghi (ad esempio a Milano o all’ISSR di Bologna) se ne è colta la decisiva rilevanza ecclesiale. Altrove la giornata è vista come una tra le tante attività dialogiche da intraprendere, spesso considerata meno importante di quella, più pressante, da attuare con i musulmani. Osservata in chiave quantitativa e rispetto a una presenza territoriale, non vi è dubbio alcuno che alle relazioni con i musulmani spetti un ruolo maggiore e che, anzi,  esse siano diventate una cartina di tornasole che discrimina tra aperture e chiusure ecclesiali o civili.

I rapporti con i musulmani che abitano nel nostro paese è tema decisivo, destinato ad accompagnarci ancora per molti anni. Tuttavia solo il nesso con il popolo d’Israele attiene alle fibre più intime, originarie e costitutive della Chiesa. Soltanto assumendo questo sguardo profondo ci si potrà  collocare in spazi diversi da quelli angusti e tendenziosi (qualunque sia la posizione assunta) legati alla figura di Pio XII (in queste settimane riportata alla ribalta dall’interminabile campagna di stampa che ha accompagnato il ritorno di Paolo Mieli alla guida del Corriere della Sera). Argomento storico non banale, ma problema di basso profilo in relazione all’autocoscienza ecclesiale, a meno di non essere colto per quello che è: espressione di una Chiesa che da troppo tempo non aveva più posto le proprie origini al centro del proprio credere. L’essere fedeli all’affermazione, teologicamente alta, con cui inizia il n. 4 della dichiarazione  conciliare Nostra aetate, oltre che a  dar anima al sensus fidei, è atto ricco di ripercussioni: storiche e civili: «Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato alla stirpe di Abramo».

Piero Stefani

 

49 – La giornata cristiano-ebraica (16.01.05)ultima modifica: 2005-01-15T11:40:00+01:00da piero-stefani
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