48 – La via dei calendari (09.01.05)

Il pensiero della settimana n. 48

 

La liturgia cattolica prevede che nel giorno dell’Epifania si annuncino le date delle solennità dell’anno già in corso. Questa «buona notizia» viene data non nella prima domenica di avvento, bensì quando si celebra la manifestazione di Gesù, scelta che sottolinea, di per sé, il carattere cristologico dell’anno liturgico. Vi è però anche una ragione più umile legata al carattere mobile della Pasqua, solennità da cui tutto il resto dipende. Dopo antiche, celebri  dispute la grande Chiesa ne fissò la celebrazione la domenica immediatamente successiva al primo plenilunio di primavera. Sole e  luna sono così chiamati entrambi in causa. Da qui la parentela perenne nel modo di contare la Pasqua tra tradizioni cristiane e calendario ebraico definito, non a caso, lunisolare.

Da quando l’ecumenismo è diventato istanza avvertita da un certo numero di Chiese, si è più volte riproposto che tutti i cristiani celebrino la pasqua nello stesso giorno e ci si rallegra quando ciò ha effettivamente luogo (avvenne l’anno scorso). Tuttavia se si deve essere lieti di queste coincidenze, occorrerebbe, per simmetria,  essere rammaricati quando, ed è il più delle volte, ciò non avviene. 

In anni ancor più recenti ci si è chiesti perché limitare i riferimenti festivi all’ambito cristiano. Si moltiplicano così calendari ecumenici e interreligiosi che indicano le feste di tradizioni religiose sempre più numerose. Anche senza spiccare il balzo verso l’Oriente, basti  dire che parecchi centri stampano ormai nelle loro agende, accanto alle feste cristiane, le date di quelle ebraiche e musulmane. Il lodevole intento è di favorire la conoscenza dell’«altro» ormai fattosi «prossimo» e, nei casi più ambiziosi, quello di  estendere sul  piano interreligioso l’indicazione di Paolo che invita a gioire con chi gioisce e a piangere con chi piange (cfr. Rm  12,15).

A motivo della radicalità che gli era propria Sergio Quinzio amava ripetere il detto che non c’è vita vera nella falsa. Qualcosa del genere  vale anche nel nostro caso. La via dei calendari è un’arma a doppio taglio: può indicare istanze di vicinanza ma, più volte, attesta anche distanze incolmabili. Il 2005 in questo senso rappresenta un monito. La paradossalità di alcuni incroci da esso proposti indica che la convenzionalità dei calendari da sola non ha la forza di portare ad alcuna comprensione reciproca. L’anno ebraico è costituito da dodici mesi lunari. Così esso è sempre più corto di quello solare. L’eventualità non turba i musulmani, il  cui anno è effettivamente più breve cosicché le loro feste, prive di riferimenti stagionali, slittano, a poco a poco, lungo l’intero arco dell’anno solare. Per gli ebrei non può essere così, antichi riferimenti agricoli legati alla terra d’Israele (nell’altro emisfero le cose stanno all’opposto) esigono che Pasqua cada in primavera, la feste delle Settimane (Pentecoste) all’inizio dell’estate e quella delle Capanne in autunno. Il problema si risolve aggiungendo periodicamente un tredicesimo mese (è quello che avviene quest’anno, 5765  secondo il calendario ebraico). Perciò in questi casi tutto è spostato in avanti. Il primo giorno della Pasqua ebraica sarà solo il 24 aprile. Da qui la paradossalità di alcuni incroci.

Diamone tre esempi: Il prossimo 25 marzo, mentre gli ortodossi neocalendaristi celebrano l’Annunciazione, per  la Chiesa cattolica e quelle protestanti  è il venerdì santo, il giorno più drammatico dell’intero anno. Gli ebrei invece festeggiano allegramente Purim, il giorno dello scampato pericolo raccontato nel libro di Ester che (anche per influssi cristiani) è diventato il carnevale ebraico. Qui da noi la cosa non si noterà molto, ma  lungo le vie di Gerusalemme lo stridore sarà forte. In virtù del fatto che la figura non può essere mai successiva alla realizzazione (nei calendari liturgici  vi è sempre espressa una teologia), la Pasqua ortodossa e copta  deve cadere sempre dopo quella ebraica. Il primo maggio, quando la maggior parte del mondo festeggia la più diffusa festa laica, ortodossi e copti celebreranno così la loro Pasqua, il  vertice delle solennità cristiane. Pure in questo caso da noi la concomitanza non sarà molto avvertita; ben diversa si presenterà la tensione nei paesi dell’ex blocco sovietico dove la tradizione più antica e il passato più recente si confronteranno in modo diretto.  Infine il 4 ottobre, quando i cattolici pensano a San Francesco, gli ebrei celebreranno il loro capodanno e i musulmani entreranno invece nel mese di ramadan. Gli uni, mangiando fettine di mele cosparse di miele, si augureranno un anno dolce e sereno, gli altri cominceranno a digiunare. Qui da noi non lo si noterà, ma in Israele e nei territori palestinesi, dove la religione gioca ormai un ruolo fortemente identitario, la circostanza sarà ben avvertita.

La via dei calendari non conduce a un’immediata comprensione, né, a motivo di incroci e dipendenze troppo stretti, si può ritenere che tutto sia indipendente e parallelo. La verità di queste date sta nel misurare nel contempo prossimità e distanza. In ciò esse si apparentano  alla vita di tutti i giorni in cui si danno sempre contemporaneamente case di gioia e case di lutto, ma come direbbe Qohelet anche questo è  vanitas (cfr. Qo  7,2.6).

Piero Stefani.

 

 

48 – La via dei calendari (09.01.05)ultima modifica: 2005-01-08T11:45:00+01:00da piero-stefani
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