43 – Esistono valori evangelici ? (04.12.04)

Il pensiero della  settimana n.43 

I vangeli fondano o riconoscono valori? Per chi ritiene che l’essenza della religione stia nell’etica la risposta non può essere che affermativa, per chi invece privilegia l’obbedienza della fede le cose stanno diversamente. Il contenzioso è troppo grosso per essere sbrogliato con una semplice ricerca linguistica; tuttavia resta ugualmente operazione non banale vedere se in quei testi le parole che indicano i  valori siano rare o frequenti. Cominciamo con il termine «bene», «buono» (agathos).

Ad apertura di pagina si prende atto che la parola torna con molta sobrietà; ciò è  ancor più vero se ci si  riferisce alla sua forma astratta, «bene». Per esempio in Marco, il vangelo più antico, questo termine torna solo in due episodi (Mc 3,4; 10,17-18), mentre vi sono solo tre ricorrenze in Giovanni (Gv 1,46; 5,29; 7,12); poco più numerose sono le volte in cui la parola compare in Matteo e Luca. Il riferimento al bene si presenta poi quasi sempre in contesti operativi, per esempio, dare cose buone (Mt 7,11); dare frutti buoni (Mt 7,17). Oppure nell’uso concreto di persone buone, come  nel caso del Padre che fa sorgere il sole sui cattivi e sui buoni (Mt 5,45). Si aggiunga che nell’episodio del giovane ricco Gesù rifiuta addirittura di essere chiamato maestro buono (almeno in Marco – 10,17 – Matteo è più sfumato 19,16) in quanto sostiene che l’unico a esserlo è Dio (Mc 10,18). I vangeli, quando propongono la prospettiva dell’imitatio Dei, ricorrono ad altre espressioni: siate «perfetti…come il Padre vostro» (Mt 5,48) o «siate misericordiosi…» (Lc 6,26), quasi a voler dire: voi dovete imitare Dio, tuttavia non riuscirete  mai a essere buoni come lui.

Non è quindi errato affermare che i vangeli non pongono nessuna questione astratta volta a definire il bene. Il bene non è un valore che si autofonda; esso non si dà che in rapporto a un Dio che entra in relazione con gli uomini. Si può ben sostenere che nell’orizzonte evangelico il vero tema non è sapere che cosa sia il bene (si pensi per contro all’interrogativo della filosofia greca:  ti esti ton agathon?); tutto l’impegno è rivolto a compiere  opere buone. L’inversione non è di lieve entità; l’argomentazione del pensiero filosofico classico è infatti che si possono compiere opere davvero buone solo se si sa che cos’è il bene. Come trovare altrimenti solide basi al nostro agire? Di contro il messaggio evangelico – ma in ciò esso si pone in continuità con tutta la tradizione biblica ed ebraica – è che si scopre davvero che cos’è il bene solo quando lo si fa. In questo senso la parabola del buon samaritano (Lc 10,9-36) resta paradigmatica. Per amare il prossimo non bisogna preventivamente definire chi sia tale, o individuare con precisione fino a che punto bisogna estendere il cerchio della prossimità, occorre invece diventare prossimo a chi è nella sventura. La definizione nasce dal dare e non viceversa. Tutto ciò potrebbe essere preso per una specie di pragmatismo se non fosse  che quell’agire è compiuto per obbedienza a una voce imperativa che viene dal di fuori e ciò vale tanto nel caso della parola di Dio quanto in quello del volto sofferente che ci chiama a diventare suo  prossimo.

Piero Stefani

43 – Esistono valori evangelici ? (04.12.04)ultima modifica: 2004-12-04T10:00:00+01:00da piero-stefani
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