41 – L’uomo lascerà suo padre e sua madre (21.11.04)

Il pensiero della settimana n. 41 

Passi notissimi e primordiali affermano che l’uomo abbandonerà suo padre e suo madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola (Gen 2,24). Molto è stato ricavato da così poche parole. La tradizione ebraica, per esempio, deduce che esse impongono al maschio di prendere l’iniziativa di contrarre matrimonio, la femmina invece deve limitarsi ad attendere che qualcuno la chieda in sposa. Mentre il grande commentatore medievale Rashi le interpreta guardando subito in direzione della generazione: «il bambino è formato per mezzo di entrambi i genitori, ed è in lui che essi diventano una carne sola». Spiegazione troppo biologistica per essere vera, eppure non del tutto aliena dallo spirito iniziale del testo il quale è orientato ad affermare che la fuoriuscita del figlio dalla famiglia di origine al fine di formarne un’altra è legge originaria dell’esistenza umana.

Viene in mente una cruda storia raccontata da Glückel Hameln, mercantessa ebrea vissuta in Germania tra fine Seicento e i primi del Settecento. Il racconto ha come protagonista  un passero che doveva mettere in salvo i suoi tre piccoli trasportandoli con fatica  al di sopra un braccio di mare tempestoso. Li portò in volo uno per volta. A tutti e tre pose la stessa domanda: vedi quanto penare faccio per te, cosa mi dai in cambio? I primi due dissero che sicuramente quando sarebbe stato vecchio essi si sarebbero presi cura di lui. A queste parole il passero rispose con durezza, li tacciò di essere bugiardi e li fece cadere in acqua. Il terzo rispose diversamente, affermò che non sapeva se sarebbe stato in grado di prestare tutto la necessaria assistenza al suo vecchio padre, di una cosa però era sicuro: se si fosse trovato in circostanze analoghe a quelle avrebbe fatto per i propri figli quello che suo padre stava ora facendo per lui. Il passero approvò la risposta e portò in salvo il piccolo. Abbandonare il proprio padre e la propria madre significa riconoscere esattamente questa priorità.

Con un linguaggio ben più faticoso il pensiero torna in un paragrafo degli hegeliani Lineamenti della filosofia del diritto: «Lo scioglimento etico della famiglia consiste in ciò: che i figli, educati a personalità libere, sono riconosciuti nell’età maggiore, come persone di diritto e capaci, in parte, di avere una particolare proprietà libera, di fondare famiglie proprie, – i figli come capi e le figlie come mogli -; una famiglia, in cui essi ormai, hanno la loro destinazione sostanziale, di fronte alla quale, la loro famiglia originaria è  retrocessa come soltanto base prima e come punto di partenza»  ( § 177). Una nuova famiglia nasce da questa insaziabile spinta ad andare in avanti. Come è proprio della legge del vivere in ciò vi è anche qualcosa di crudele. Qui Kierkegaard ha ragione,  in questa freccia proiettata in avanti verso il generale vi è una dimensione etica che ha ben poco a che fare con lo specifico dell’evangelo. Per fondare l’eticità della famiglia non c’era affatto bisogno della predicazione di Gesù. Anzi essa indica, si sia o non si sia sposati poco importa, una fuoriuscita di altro tipo verso il Regno di Dio. Le storie di chiamata dei vangeli richiedono anch’esse di lasciare la famiglia, il loro scopo però non è di fondarne altre.

La singolarità della nostra epoca sta nel fatto che vari non credenti ritengono la famiglia massimo valore cristiano e altrettanto fanno molti credenti compresi quelli che praticano la castità in vista del Regno. Sembrerebbe ovvio affermare che la difesa del celibato ecclesiastico (più propriamente monastico) ha senso solo se il mettere in piedi una famiglia non rappresenta il massimo valore cristiano; eppure non è così. Affascinati dalla eticità e  dal suo senso di continuità,  almeno nel mondo cattolico la difesa della famiglia sembra il punto su cui tutto si regge o tutto cade. Rimessi in un angolo le idee postconciliari del primato dell’amore, il matrimonio sembra di nuovo misurarsi in termine di prole. La denatalità è vista come il male oscuro della nostra epoca e una sessualità non finalizzata alla procreazione (pratica, peraltro, assai diffusa pure in passato; anche la Bibbia conosce le prostitute) è considerata stravolgimento antropologico senza precedenti (si veda in tal senso alcune parole pronunciate dal card. Ratzinger nell’intervista da lui concessa al quotidiano La Repubblica del 19 novembre u.s.). Nel mondo contemporaneo, anche in relazione alla sessualità,  non mancano  effettivi motivi di autentica preoccupazione. Dubito però che la risposta a ciò possa essere l’improbabile ambizione cattolica di ripresentarsi come collante etico delle società. Alla Chiesa è chiesto di testimoniare l’evangelo che è altro da ciò. Per difendere il senso della famiglia come momento etico della società, le complesse parole di Hegel sono più coerenti degli appelli pronunciati da coloro che si sono fatti eunuchi per il Regno dei cieli.

Piero Stefani

41 – L’uomo lascerà suo padre e sua madre (21.11.04)ultima modifica: 2004-11-20T10:10:00+01:00da piero-stefani
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