34 – Passeggiando per Ferrara, beni e competenze dello Stato (05.09.04)

Il pensiero della settimana n. 34

 

In epoca moderna lo Stato ha avocato a sé sempre maggiori funzioni. Burocrazia e centralizzazione  sono state due assi portanti di questo sviluppo. Dopo la Rivoluzione francese per tutti è diventata poco a poco evidente l’anomalia istituzionale  dell’esistenza di eserciti  mercenari che si offrivano al miglior cliente. Non che questa prassi sia scomparsa, essa però non è più considerata la norma. La legge prevede che l’esercito dipenda direttamente dalle autorità statali e che caserme e reclutamenti siano competenze eminentemente pubbliche e ciò vale non solo dove vige la coscrizione obbligatoria. La difesa verso i pericoli esterni  non è appaltabile ad altri.

Anche la sicurezza interna diventa sempre più un compito dello Stato. Pure quando un cittadino  si presenta come minaccia per un suo concittadino a  intervenire deve essere l’autorità pubblica. Vendette e faide non hanno più legittimità. Polizia e prigioni sono di competenza statale.

Con l’andar del tempo in molti paesi si è asserito che anche l’istruzione dei cittadini doveva essere pubblica e statale. Questo compito  non poteva più essere lasciato a gruppi o associazioni private o alla competenza amministrativa locale dei comuni. Invero in questo ambito il discorso si fa più sfumato. Qui le resistenze della società sono state più forti. È difficile pensare che qualcuno possa chiedere di aprire legalmente prigioni private, ciò però non vale per le scuole. Nessuno contesta questa eventualità, la contesa è caso mai se l’istruzione privata debba o no essere in parte a carico dello Stato.

Da tempo questi tre modelli sono in affanno. La coscrizione obbligatoria sta tramontando perché non più funzionale alla logica stessa della difesa. Le prigioni sono sempre più ingestibili. Il motivo lo si trova in gran parte  in un sovraffollamento dovuto tanto a lentezze giudiziarie quanto alla crescente presenza di persone straniere (la galera non è più solo il luogo che punisce il cittadino che ha arrecato danno a un altro). Per tamponare le falle si chiede perciò la collaborazione di altri: volontari, associazioni, alternanza tra prigione e lavoro esterno ecc. Potenti orientamenti di pensiero sostenuti da vaste organizzazioni contestano sempre più il monopolio della scuola pubblica, la quale, a sua volta, è invitata (od obbligata) a cercare  sponsorizzazioni private di vario genere. È del resto sotto gli occhi di tutti che ormai la formazione dei giovani, sia sul piano lavorativo sia su quello più generalmente culturale, dipende sempre meno dalla scuola pubblica.

Inoltre lo Stato stesso sembra aver trovato una pretesa panacea al buco endemico del debito pubblico nelle privatizzazioni. Vendere o svendere i gioielli di famiglia è la via per salvare chi un tempo fu ricco e oggi ha l’acqua alla gola. Ma per vendere occorre che qualcuno compri. Qui la legge del mercato è ferrea. Non sempre però si trovano acquirenti e allora i segni della decadenza sono inoccultabili.

Le pietre di Ferrara in questi ultimi anni raccontano anche questa storia. Dentro le cerchia delle antiche mura nessun edificio tocca la desolazione delle vecchie e abbandonate prigioni di via Piangipane. Una vegetazione selvaggia stringe un edificio che appare in rovina e il cui tetto sembra in procinto di crollare. Si immagina con  raccapriccio chi possano essere i suoi attuali abitatori: animali che nessuno vorrebbe avere nelle proprie dimore. Discorso non dissimile vale per l’ex Provveditorato agli Studi di via Carlo Mayr: se ci si affaccia sul retro di via Cammello si vedono ruderi transennati da decenni. L’enorme caserma estesa tra via Cisterna del Follo e via Scandiana ha un aspetto meno squallido unicamente perché abbandonata da un minor numero di anni. Del resto solo reiterate proteste hanno indotto a «disboscare» qualche tempo addietro l’edificio (credo ex stalle) di via Scandiana sito dietro l’attuale sede del museo lapidario.

Basta passeggiare per Ferrara per rendersi conto della incapacità statale di programmare e di gestire. Si pensa a costruire sedi nuove senza occuparci minimamente di cosa fare delle vecchie: ci si limita ad aspettare che prima o poi salti fuori, forse dopo decenni,  qualche compratore. Si abbandonano spazi immensi senza aver concluso trattative per il loro riutilizzo (più cittadini, non so se a torto o a ragione, ritengono che l’ex caserma avrebbe potuto consentire una ristrutturazione dell’ospedale S. Anna  che escludesse la soluzione Cona). Sarebbe eccessivo rendere le tre grandi costruzioni fatiscenti simbolo dell’incapacità dello Stato di garantire sicurezza e cultura; forse però è adeguato assumerli come segni della incapacità di programmare, gestire e amministrare. A dirlo non sono solo le pietre e la vegetazione; tuttavia sarebbe buona cosa prestare ascolto anche a questo grido silente.

Piero Stefani

 

34 – Passeggiando per Ferrara, beni e competenze dello Stato (05.09.04)ultima modifica: 2004-09-05T10:55:00+02:00da piero-stefani
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