Privato e pubblico (26.10.02)

il taccuino

 

Luciano Chiappini sulle pagine del suo “Taccuino”  qualche volta si è richiamato, forse a causa di una sotterranea affinità tra appuntamenti che sfidano il trascorrere degli anni, alla rubrica di Francesco Alberoni “Pubblico e privato” che appare ogni lunedì sul Corriere della Sera. Indipendentemente dai suoi contenuti, ci si può però chiedere se quel titolo non sia ormai anacronistico. Ai nostri giorni bisognerebbe infatti scrivere un’inedita parola composta “pubblicoprivato” o viceversa. Occorrerebbe cioè coniare un termine in grado di indicare la perdita di ogni significativa distinzione tra le due sfere.

 

Il declinare dell’onda lunga del Sessantotto portò a parlare di un “ritorno al privato”, coronato, nell’ambito del più lento procedere delle istituzioni,  da una tutela della “privacy” giunta quando essa non aveva più riscontro nella realtà sociale concreta. Le normative, spesso cervellotiche, della difesa del privato servono, per lo più, solo  ad avvolgere in un velo di pseudomistero dati di comune utilità. In ogni caso esse dimostrano di ignorare che, in base a un costume sempre maggiormente diffuso, non è più dato di scorgere alcun consistente confine tra il mondo mass-mediatico e quello del comportamento individuale. Le foto di attori, cantanti, politici, grandi industriali o calciatori  colti con il teleobiettivo ad amoreggiare con qualche  partner  più o meno segreto  erano il terreno di caccia dei rotocalchi di un tempo. Oggi questo trasferimento su carta patinata del pettegolezzo riservato nella vita di tutti i giorni al vicino di casa suona ingenuo. Non è difficile comprendere perché: l’attrazione per questo genere di vicende era il volto nascosto  di un ambiente in cui  la moralità sessuale  faceva ancora parte della rispettabilità pubblica. Non importa che si trattasse di ipocrisia, quanto conta è che nel linguaggio collettivo la si considerasse ancora tale. Le note vicende legate all’ ex-presidente americano Clinton mostrano che negli Stati Uniti  questo stadio non è stato ancora superato. Da questa parte dell’Atlantico – o almeno del Mediterraneo –  il venir meno della frontiera tra privato e pubblico va invece  ormai ricercata  su altri terreni.

 

Molte sono le manifestazioni di tale confusione; quasi tutte però sono riconducibili a un minimo comune denominatore: l’osmosi tra mondo mass-mediatico, virtuale e internetico e vita quotidiana. I più sembrano accorgersi  di questa compenetrazione solo in momenti  estremi, come quando un uomo  videoregistra la strage che sta compiendo contro i propri familiari e contro di sé; o quando  genitori  di giovani accusati di orribili delitti ritengono di doversi giustificare in vista dei  mass-media. Pochi si rendono conto che da tempo, in maniera  assai più blanda e per certuni addirittura meritoria, questa con-fusione è pienamente operante nel mondo del talk-show televisivo. Reti pubbliche e private (ma anche questo “e” è ormai  anacronistico) da anni presentano nuclei familiari e coppie più o meno regolarmente costituite che discutono, litigano, si riconciliano (o piuttosto  fingono di fare tutto ciò) davanti a milioni di spettatori e lo fanno esattamente perché non sono in grado di compierlo  entro le mura domestiche. Quel che sarebbe vergognoso dire all’amico o al parente è divenuto “in televisione” comunicabile a tutti. Questo modo di agire ha una sua controparte: quando ci si confronta entro ambiti reali si agisce come se in mezzo agli interlocutori ci fosse una bionda conduttrice dal roco timbro maschileggiante. Né va sottovalutata  la inarrestabile diffusione del telefonino impiegato come piccolo talk-show portatile in cui occasionali vicini vengono a un tempo ignorati e coinvolti. Anche a prescindere dal voyeurismo di massa del “Grande fratello”,  da tempo ci si sarebbe potuti rendere conto dell’esistenza di un processo che, partendo da una radicale ridefinizione del costume, ha portato con sé esiti politici a loro modo coerenti. Tuttavia le grandi agenzie educative – Chiesa cattolica compresa– sembrano  spesso più propense a civettare con queste modalità che a discernerne in profondità le dinamiche. Ecco perché i loro appelli, quando si arriva a eccessi tragici, hanno sempre qualcosa di patetico, così come lo hanno gli interventi  televisivi di scarmigliati  guru della psiche.

 

Privato e pubblico (26.10.02)ultima modifica: 2002-12-28T06:35:00+01:00da piero-stefani
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