533 – Espulsioni e accoglienze (13.09.2015)

Il pensiero della settimana, n. 533

Espulsioni e accoglienze

      A Ferrara è scoppiato un caso che, nato davanti a una ottantina di persone (nel corso di una Festa del PD a Pontelagoscuro) è strumentalmente cresciuto al di là delle mura della città estense. Si tratta di un paragone proposto dal sindaco Tiziano Tagliani. Il suo oggetto prende le mosse dall’immigrazione. A detta di un articolo di Gabriele Rasconi apparso sulla Nuova Ferrara del 30 agosto, il sindaco avrebbe detto: «Quando studiamo che per la nostra stazione passavano treni carichi di Ebrei che andavano a morire pensiamo che oggi, con noi presenti, non succederebbe. E invece un giorno i nostri nipoti leggeranno che abbiamo lasciato morire 12 milioni di persone, proprio come noi leggiamo che i nostri nonni lasciarono morire 6 milioni di Ebrei. L’unica differenza è che questi non avevano la pelle scura». L’alternativa al farsi carico degli immigrati «è far finta che non arrivino, dire che non ci interessa, mandarli ad Auschwitz, che oggi significa in fondo all’Adriatico [sic!]. Bisogna decidere se vogliamo chiudere lo sportello del vagone in faccia agli Ebrei del 2015, e questa è una decisione che il popolo italiano deve prendere».

      Il pensiero poteva essere formulato con maggior rigore. Tagliani avrebbe dovuto essere più sorvegliato. A ben vedere anche qui, sia pure prendendola dal lato opposto, si è caduti in una retorica di Auschwitz che occorre sempre evitare. Tuttavia le ragioni di fondo delle parole dette a braccio dal sindaco sono da condividere. Esse si possono riassumere in due punti chiave: è più facile vedere gli orrori di ieri che quelli di oggi, l’indifferenza (più o meno globalizzata) pesa sulla responsabilità di ognuno, singoli o istituzioni che siano.

     Quando proponiamo un paragone non dobbiamo dimenticare la presenza di elementi antitetici. Se una reale, o almeno potenziale, indifferenza costituisce l’elemento accomunante, la dinamica espulsione-accoglienza rappresenta la componente antitetica. Nel caso degli ebrei bisognava opporsi al loro coatto allontanamento dalle società in cui erano inseriti, in  quello degli immigrati/profughi si tratta di accoglierli e di inserirli. La differenza è radicale. Nei paesi occidentali (diverso il caso di nazioni come la Polonia, tre dei sei milioni di ebrei sterminati venivamo da là) le deportazioni di piccole minoranze ebraiche non modificarono in profondità il tessuto sociale; diverso in  prospettiva il caso dell’accoglienza degli immigrati/profughi. Ciò vale non tanto e non solo per i numeri attuali quanto per quelli potenziali di un non lontano futuro. Si percepisce che nel giro di uno o due decenni le società europee saranno radicalmente diverse da quelle attuali ed è appunto questa prospettiva a fomentare oscure paure.

       Lo schiavismo e le immigrazioni ottocentesche sono state tra le basi su cui si è costruita una società americana largamente differente dalla precedente. Perché ciò avvenisse si è dovuto  passare anche attraverso il dramma epocale della Guerra di secessione. La sfida per l’Europa, mutatis mutandis, non è di minor portata anche se ci auguriamo di non dover pagare prezzi così cruenti.

       Per quanto sia un riferimento marginale, non è trascurabile potersi riferire a luoghi simbolo che inducano a pensare e a operare. Uno di questi non è troppo lontano da Ferrare ed è l’ex campo di Fossoli. Nonostante sia visitato da 30.000 studenti l’anno è un luogo difficile da decifrare.  È noto soprattutto per essere stato campo di transito per ebrei deportati verso Auschwitz (ne passarono 5000 mila). Non fu solo questo. Nacque per iniziativa dello Stato Italiano nel 1942 come campo di prigionia per militari, poi fu utilizzato dalla Repubblica Sociale e in seguito direttamente dalla SS per la deportazione di ebrei e oppositori politici, nell’immediato dopoguerra vi furono internati prigionieri dello sconfitto regime, in quelle baracche prese avvio l’esperienza di Nomadelfia di don Zeno Saltini, nel 1952 divenne il Villaggio S. Marco per gli esuli giuliani, fu chiuso nel 1970, abbandonato e successivamente molto parzialmente ripristinato (a breve sono previsti altri interventi peraltro limitati).

     Forse nessun luogo come Fossoli, nella sua articolata stratificazione storica, è nelle condizioni di simboleggiare contemporaneamente dinamiche legate all’espulsione e  all’accoglienza e a favorire una riflessione sulle responsabilità storiche dell’Italia. Tutto ciò rende complessa la sua fruizione storico-simbolica che si distacca ampiamente dai canoni della consueta struttura memoriale. Tuttavia è proprio questa aspetto a rendere Fossoli potenzialmente un luogo educativo per l’intera società civile (di passaggio, ma non troppo, sarebbe bene che l’erigendo Meis sito a Ferrara si impegnasse a cercare forme di collaborazione stabili e organiche con la Fondazione Fossoli).

Piero Stefani

533 – Espulsioni e accoglienze (13.09.2015)ultima modifica: 2015-09-12T09:00:21+02:00da piero-stefani
Reposta per primo quest’articolo