527 – A proposito di un titolo (21.06.2015)

Il pensiero della settimana n. 527

 A proposito di un titolo

 Vi sono titoli che in se stessi dicono poco, altri esprimono molto e meritano di per sé varie considerazioni. Nel primo caso si ricava ben poco sul significato dell’opera (ciò vale anche per alcuni capolavori, I promessi sposi non è un gran titolo); nel secondo caso si apprendono varie cose già dal titolo. Così sembra che sia per la seconda enciclica di papa Francesco.

«Laudato si‘». Sulla cura della casa comune. Che l’enciclica abbia una esplicita matrice francescana risulta palese fin dalla titolazione. Né forse è superfluo sottolineare che l’italiano insolito come titolo di un’enciclica era inedito anche per il Cantico di Francesco, il santo era infatti giunto al volgare solo alla fine della propria vita, dopo aver composto vari inni in latino. Anche in questo caso va comunque tenuta presente la triplice motivazione fornita da Bergoglio per la scelta da lui compiuta dell’inedito nome di Francesco. Essa fu giustificata lungo tre assi portanti: povertà, pace, creato. Sui primi due temi il papa è tornato più e più volte, rimaneva da approfondire il terzo. Tuttavia sarebbe riduttivo non prendere in considerazione la titolazione integrale.

Il titolo completo della enciclica contiene in sé una forte polarità. La prima parte, rifacendosi al Cantico di frate Sole, pone l’accento sulla gratuità della lode rivolta dalle creature al loro Creatore, la seconda è invece tutta incentrata sull’impegno che gli esseri umani devono assumere nei confronti di quanto è stato loro affidato. Contemplazione e azione, si potrebbe dire. Tuttavia concludere in questa direzione non coglierebbe l’aspetto drammatico di una lode che si innalza nonostante la consapevolezza che la cura della casa comune sia in larga misura più un dover essere che un essere. Le creature umane hanno ampiamente compromesso il “giardino” affidato da Dio alle loro cure. Il clima dell’enciclica è ovviamente assai lontano da quello dell’Emilio di Rousseau (mai citato), ciononostante si sarebbe tentati di evocarne il celebre incipit: «Tutto è buono quando esce dalle mani dell’Autore delle cose; tutto degenera tra le mani dell’uomo». O, per meglio dire, molto è degenerato; con tutto ciò la catastrofe non è inscritta in modo fatale nel destino dell’umanità. Il “dover essere” può ancora trasformarsi in essere.

Quando ci si rifà alla Bibbia per parlare di cura del creato è consueto parlare di “giardino”. L’uomo è posto nel giardino perché lo lavori e lo custodisca (Gen 2,12). In ebraico entrambi i verbi (‛avad e shamar) hanno risonanze che rimandano al rapporto con Dio, rispettivamente nel culto e nell’osservanza della sua volontà e della sua alleanza. Il dramma della prima coppia è di non aver rispettato il significato profondo contenuto in quei due verbi. Papa Francesco opta però per un’altra immagine. Si tratta non di piante, ma di dimora. «Casa comune» in Laudato si’ non allude affatto a sensi politici (come avvenne per esempio all’epoca di Gorbaciov); l’espressione piuttosto richiama la parola greca oikos che è etimo comune di due termini chiave per comprendere l’intera enciclica: «ecologia» ed «economia». La scelta della casa in luogo del giardino si comprende su questo sfondo.

Il perno attorno al quale ruota l’intera enciclica sta nel fatto che la cura della casa comune implica in maniera inscindibile sia l’aspetto relativo al creato sia quello connesso alla società vista soprattutto in relazione alle sue componenti più deboli. Non è certo un caso, come ribadisce più volte papa Francesco, che siano i poveri i primi a patire le conseguenze più devastanti dei disastri ambientali. Alberi e dimore sono legati inscindibilmente tra loro.

Rimane però da sondare l’aggettivo che contraddistingue il titolo. “Casa comune” comporta interdipendenza reciproca, dunque esistenza di relazioni intese come componenti costitutive della realtà. Ciò spiega il primato attribuito alla fratellanza sia rispetto al creato sia rispetto alla società. Ritornando ai primi capitoli della Genesi, è opportuno notare che la negazione di esserne il custode (shamor) contraddistingue il maldestro tentativo da parte di Caino di tener celato quanto da lui compiuto nei confronti del proprio fratello (cf. par. 90). La «conversione ecologica» implica la presenza di una triplice relazione rispetto a Dio, al prossimo e alla terra (cf. parr. 66, 221).Particolarmente significativa al riguardo è una citazione del Patriarca Ecumenico Bartolomeo («con il quale condividiamo la speranza della piena comunione ecclesiale» par. 8), al quale ci si riferisce assumendolo sia come “autorità” sia come “precursore”. Tra le varie frasi patriarcali riportate vi è anche quella secondo la quale occorre: «accettare il mondo come sacramento di comunione, come modo per condividere con Dio e con il prossimo in scala globale» (cit. nel par. 9).

«Comune» significa tanto il fatto incontrovertibile di essere di fronte a una realtà che riguarda tutti, quanto la constatazione che attorno a questo tema sono coinvolte molte competenze di scienziati e teologici, filosofi, organizzatori sociali, economisti ecc. (cf. par. 7). Si apre quindi la domanda a che titolo il vescovo di Roma sia nelle condizioni di farsi carico di questo problema comune in una lettera enciclica contraddistinta dalla mancanza di destinatari specifici [1]. La casa è davvero comune, ma in base a quale autorità il papa è nelle condizioni di parlare a tutti? È un dato di fatto che egli si presenti come la più riconosciuta autorità morale a livello planetario, ciò però non esclude la presenza di altre considerazioni legate al suo doversi presentare come rappresentante di una determinata tradizione religiosa le cui visioni di fondo non sono condivise da tutti. La casa comune è, per così dire, fornita di molte ed eterogenee cappelle e anche di sale contraddistinte da simboli non religiosi.

Piero Stefani

[1] La prima enciclica di Francesco Lumen fidei (29 giugno 2013) era per esempio rivolta “ai vescovi ai presbiteri ai diaconi alle persone consacrate e a tutti i fedeli laici”

 

 

527 – A proposito di un titolo (21.06.2015)ultima modifica: 2015-06-19T22:31:33+02:00da piero-stefani
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