443__In breve (15. 9.2013)

Il pensiero della settimana, n, 443

 

In breve

 

«Ha da passà la nuttata».  L’unica certezza: a forza di notti passate, alla fine passiamo noi.

 

Nessuno dirà mai «mi ricordo di quando ero vecchio». Nessuna età come la vecchiaia è legata al presente e sommersa dal passato.

 

Il vivo allo specchio. Meglio non scriverlo in inglese; letto in the mirror, live diviene evil (l’osservazione è debitrice a Lewis Carroll).

 

La natura rimanda implacabilmente a se stessa: si può risalire indietro, indietro ma sempre e solo ripercorrendo lo stesso alveo. Rimontando il corso di un fiume è dato di giungere alla sorgente, ma non è concesso di salire alle nubi da cui scendono pioggia e neve. Le «cinque vie» sono diventate da tempo a fondo chiuso.

 

«Solo l’eterno conosce il divario

che passa tra me e l’ameba

tra la mia e la traccia del verme

che la sabbia ferma

e il sole uccide sul lido

dopo breve rigiro»

(Agostino Venanzio Reali)

Al naturalismo si risponde non con l’ontologia, ma con la fede e la poesia.

 

Molti, in modi più o meno convincenti, hanno parlato della necessità che esistano gli angeli. Forse un motivo per la loro esistenza (o almeno per auspicare che ci siano) lo si trova in un passo di Anatole France: «No, – dice proprio il mite signore Bergarat – preferisco credere che la vita organica sia una malattia speciale del nostro brutto pianeta. Sarebbe intollerabile pensare che nell’universo infinito non si facesse altro che mangiare ed essere mangiati».

 

Distinguere tra bene e male è, secondo la Genesi, la capacità che abbiamo avuto in sorte dai nostri più antichi progenitori. Essa comporta sapere che non siamo mai all’altezza di quanto dobbiamo essere. Mostrarsi consapevoli che la nostra esistenza si colloca al di qua di quel che dobbiamo essere è una componente che fa parte integrale della fatica e della dignità del vivere.

 

La radicale differenza che sussiste tra una comprensione autentica e una morbida indulgenza propensa ad autoassolversi è ben espressa da un detto di Adorno tratto dai Minima moralia (cfr.n. 4): «il borghese (…) è tollerante. Il suo amore per la gente com’è nasce dall’odio per l’uomo come dovrebbe essere».

 

È fiducia nell’animo umano o illusione? L’alternativa non è teorica, è pratica. Ha scritto il musulmano Halil ibn Ahrad (m. 175/870): «Se qualcuno fa del male e in cambio riceve il bene, nel cuore di costui si forma una barriera che lo trattiene dal fare altro male simile»

 

Custodire le ferite, non è dialettica, non è superamento (Aufhebung), è qualcosa di più grande di ogni evoluzione: «Quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, valorizzano la crepa riempiendo la spaccatura con dell’oro. Essi credono che quando qualcosa ha subito una ferita ed ha una storia diventa più bello. Questa tecnica è chiamata kintsugi» (Jim Butcher).

 

Piero Stefani

 

443__In breve (15. 9.2013)ultima modifica: 2013-09-14T07:51:59+02:00da piero-stefani
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