429_Frammenti recuperati (21.04.2013)

Il pensiero della settimana, n. 429

 

Frammenti recuperati

 

T. S. Eliot definì l’aprile il più crudele dei mesi, per estensione si potrebbe chiamare la primavera la stagione più ingannevole. Ai profumati, coloriti tepori seguono repentini colpi di coda del freddo e dell’umido con temperature in picchiata. Tutti gli anni è così; ma siccome non è facile abituarsi agli inganni, tutte le volte ci si meraviglia di quanto in realtà è normale.

 

Il metallo: il clavicembalo e l’acquaforte. Entrambi amano l’astrazione. L’uno del suono che non conosce il piano e il forte, l’altra del segno che ignora i colori. Per essere presi da quella musica (che non a caso raggiunse il suo vertice nel XVIII sec.) e da quei tratti bisogna avere una propensione intellettuale (o forse un poco anche intellettualistica).

 

La filosofia del proto: correggere bozze è una metafora della vita, è più facile vedere gli errori altrui che i propri.

 

Nella nostra esperienza le realtà nuove ci sorprendono, quelle consolidate negli anni ci costituiscono (ci se ne accorge se per caso le si  perde), le tante che si trovano fra i due estremi ci annoiano.

 

 

Ci sono persone miti che riescono attraverso il loro incontro a far emergere quanto di meglio c’è in te; ma ci sono anche individui di segno opposto che fanno venire alla superficie la tua parte peggiore; tu cerchi di resistere  per un po’, ma alla fine vincono quasi sempre loro.

 

Se non ci fossero fraintendimenti la quantità di carta scritta o di file presente nel mondo sarebbero radicalmente minore. Cercare di chiarire quanto si è detto è un’attività senza fine perché, di norma, ogni spiegazione è a sua volta fraintesa. Conclusione scontata è  giungere a un «non ne vale più la pena, smetto». Per questo ogni passo in più nel tentativo di spiegarsi, se non mosso da un senso di ripicca, è un ostinato gesto di fiducia nella comunicazione.

 

«Ma loro sono peggio di noi», «ma guardate in casa vostra», «anche voi avete le vostre colpe». Tentare di giustificare le proprie magagne additando quelle altrui è operazione anti-etica per eccellenza: è un’autoassoluzione giustificata non in base a un bene, ma a un comportamento negativo, è un ostacolo insuperabile a ogni forma di pentimento e di risarcimento, è un’omissione estroversa. Finché avrà corso nei comportamenti e nei pensieri quotidiani non vi è speranza in un risanamento della vita civile, per non parlare di quella politica.

 

Per lamentarsi a volte si usa l’immagine del limone destinato alla pattumiera dopo essere stato strizzato. Si potrebbe estendere il discorso a ogni tipo di involucro. Quale destino è più ingrato? La sua esistenza è tutta posta al servizio degli altri. Vive per proteggerli; tuttavia la sua fine è segnata, dopo aver tanto custodito viene eliminato non appena esaurito il suo compito.

 

 

Milano città invivibile? Sì, se non si mettono in campo difese sufficienti ai sensi di colpa. La mendicità è ormai giunta a livelli para-industriali; anche la persona più sprovveduta coglie che dietro c’è un’organizzazione; ovunque gli stessi richiami orali e scritti e dappertutto gli stessi atteggiamenti. Nessuno è però certo che non ci siano «infiltrati» e che qua e là non vi siano «cani sciolti» ricoperti di sporcizia e circondati dai loro cartoni. Accanto a ciò vi è lo sfoggio di vetrine piene di prodotti costosissimi: ci si stupisce che non ti facciano pagare il biglietto per guardarle. Dentro di te cresce, allora, un interrogativo martellante: quale società è mai questa?

 

La cordialità è il volto lieto della misericordia.

Piero Stefani

429_Frammenti recuperati (21.04.2013)ultima modifica: 2013-04-20T08:01:00+02:00da piero-stefani
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