419 _ L’unità del genere umano (10.02.2013)

Il pensiero della settimana, n. 419

 

     L’unità del genere umano è un punto di riferimento cruciale dell’insegnamento cattolico. Su quali basi si regge quest’affermazione? Una delle espressioni più chiare di tale convincimento la si trova all’inizio della dichiarazione conciliare Nostra aetate. Essa suona in questi termini: «Infatti tutti i popoli costituiscono una sola comunità: hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra (cf. At 17,26); essi hanno anche un fine ultimo, Dio, la cui provvidenza, testimonianza di bontà e disegno di salvezza si estendono a tutti (cf. Sap 8,1; At 14,17; Rm 2,6s; 1Tm 2,4)».

     Quest’affermazione riassuntiva è stata sviluppata nell’insegnamento e nella prassi cattolici lungo quattro assi principali che sono capisaldi irrinunciabili; tuttavia la loro interpretazione dipende, in una certa misura, dai tempi e dalle circostanze storiche in cui queste convinzioni sono state formulate. L’unità del genere umano si realizza come tale:

 

     nell’origine adamitica dell’essere umano creato a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26);

     nell’unità nella colpa che tutti accomuna (dottrina del peccato originale);

     nella necessità della redenzione e nel suo compimento avvenuto grazie all’ universale opera salvifica attuatasi in Gesù Cristo;

    nella Chiesa cattolica presentata come strumento universale di salvezza.

 

     Si tratta di visioni teologiche che raggiungono il loro senso pieno solo nell’ambito della fede. Tuttavia esse dichiarano di riguardare non solo la vita dei credenti ma quella di ogni essere umano vissuto, vivente o che vivrà sulla terra. A questo punto sorge perciò il problema di una loro eventuale trascrizione in termini comuni e generali.

La questione non si presenta, come è ovvio, in modo omogeneo rispetto a tutti i quatto punti. L’unità adamitica è stata più volte interpretata anche alla luce della legge naturale. Vale a dire l’immagine e somiglianza di Dio lascia traccia di sé anche nella ragione e nella coscienza di ogni persona, qualunque sia la sua provenienza e la sua appartenenza. Il peccato originale è stato, a volte, comprovato attraverso il ricorso a un’antropologia pessimistica volta ad additare l’insanabile miseria umana. È chiaro, però, che tra queste due prime convinzioni insorge una dialettica di difficile composizione: l’essere umano può fare il bene seguendo la voce della propria coscienza e della legge naturale o ha bisogno di una coercizione esterna che lo costringa a proseguire su una via da cui è tentato sempre di fuoriuscire?

Il compimento dell’opera di salvezza in Gesù Cristo è una convinzione di fede non trascrivibile in termini né di coscienza, né di legge naturale. Tuttavia si sbaglierebbe a ritenere che essa non abbia inciso sulla civitas; infatti non di rado si è creduto che la redenzione abbia una portata tanto sul mondo interiore quanto su quello esteriore. Occorre quindi operare per una trasformazione cristiana della società; l’impegno storico dei credenti per il bene dell’uomo è, dunque, visto come una conseguenza diretta della loro fede (si tratta peraltro di un convincimento che ha dato luogo a interventi storici di segno diametralmente opposto).

La convinzione che la mediazione della Chiesa cattolica sia necessaria perché l’azione di salvezza ultraterrena compiutasi in Gesù Cristo sia efficace (sacramenti, retta fede e buon comportamento) influisce potentemente sulla richiesta di liberà di azione compiuta dalla Chiesa nei confronti degli stati. Si tratta di un tema di lungo periodo. In epoca più recente si è affiancato ad esso anche il complesso quanto imprescindibile problema del rapporto della Chiesa cattolica con le altre Chiese o comunità ecclesiali cristiane (ecumenismo) o con le altre religioni (dialogo interreligioso). Come valutarle in relazione al piano salvezza universale di Dio?

In breve, tutti questi convincimenti teologici di fondo hanno inciso e incidono sulla storia; anche se, per converso, è ugualmente vero che il modo di interpretarli dipende, a propria volta, dai contesti storici in cui la Chiesa opera (per avanzare l’esempio più scontato, l’atteggiamento nei confronti della altre religioni ha subito, nel corso del tempo, modifiche radicali difficilmente riconducibili a una linea di continuità).

In ogni caso i quattro temi qui esposti costituiscono ambiti decisivi a cui dovrebbe essere dedicata una riflessione costante e corale all’interno delle comunità dei credenti. Se ciò avvenisse, si lascerebbe cadere, una buona volta, nell’insignificanza quanto attualmente riempie l’orizzonte; pensiamo, per esempio, alle prese di posizione e ai  tatticismi della CEI relativi allo stato del paese. Evento che – a causa della pensante eredità lasciataci dal card. Ruini – continua a occupare spazio nei  mass media come se si trattasse di un fronte di qualche peso in relazione alla fede cattolica.

Piero Stefani

 

 

419 _ L’unità del genere umano (10.02.2013)ultima modifica: 2013-02-09T11:22:14+01:00da piero-stefani
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