338. Ricordati che … (01.05.2011)

Il pensiero della settimana, 338

Erano passati almeno tre decenni, ma a ogni Pasqua il pensiero tornava, fosse solo per qualche istante, a quel lontano episodio. Il ricordo allora si mescolava a una curiosità tuttora insoddisfatta.

Pasqua in quell’anno cadeva in una delle date più consuete. Aprile era da poco iniziato e le fioriture non conoscevano ancora alcun declino. La mattina presto era fresco e nella bassa padana, dove abitava Andrea, l’umidità la faceva ancora da padrona.

Un sacerdote amico, che si trovava all’estero, era tornato per aiutare un vecchio parroco di un grosso paese situato sotto l’argine di un fiume. Doveva celebrare la prima messa alla mattina di Pasqua. Andrea prese la macchina e lo andrò a trovare; erano molti mesi che non si vedevano. Percorse strade secondarie deserte e circondate da frutteti in fiore, il bianco di peri e meli si alternava al rosa dei peschi. I pioppi avevano foglie tenere non ancora convertitesi in modo definivo al verde. Qua e là qualche bruma mattutina rendeva auspicabile una rapida salita del sole, camminare nell’erba avrebbe significato inzupparsi subito i piedi. In ogni caso la natura si era orami già pienamente ridestata, con le invitabili ripercussioni psicologiche che ciò produce nei giorni pasquali in cui si proclama il definitivo prevalere della vita sulla morte.

Giuse alla chiesa parrocchiale con debito anticipo. Ebbe tutto l’agio di andare in sagrestia e salutare con calore l’amico. Il  parroco scrutava: l’inattesa irruzione dietro al presbitero non gli piacque molto. Nei suoi occhi era facile scorgere una muta domanda: chi è mai costui? Andrea si presentò; dopo pochi convenevoli, il vecchio sacerdote  lo volle mettere alla prova imponendogli di servir messa. Era evidente che si trattava di un esame; se avesse declinato l’invito sarebbe passato immediatamente nel registro dei sospetti. Andrea aveva alle spalle una lunga carriera di chierichetto, tuttavia era un servizio che non aveva più praticato da molto tempo. Quanto richiestogli non richiedeva però particolari competenze. Se la cavò bene, compreso il modo di far risuonare il campanello all’elevazione, prassi da molte parti caduta in disuso nel post-concilio.

Dopo messa la sua reputazione agli occhi del parroco aveva subito un rapido incremento. Dalla sagrestia fece accomodare i due ospiti nello studio. Vi  trovarono il caffè già pronto accompagnato dagli immancabili biscotti secchi. I due ambienti erano collegati da un piccolo corridoio, contraddistinto ancora da tratti sacri. Vi era qualche quadro, degli ex voto e soprattutto su una mensola un teschio contraddistinto dal desueto ammonimento controriformistico: «ricordati che devi morire». Il parroco lo fece notare ai due giovani, quasi con il sottinteso di dire che un tempo la religione si occupava per davvero delle «cose ultime», invece di indulgere verso l’impegno sociale ancora rigoglioso in quegli anni in cui la politica interagiva da vicino con la vita delle persone.

Il discorso fu ripreso attorno alle tazzine del caffè. Il parroco si attendeva di essere contestato come gli era capitato più volte: perché additare tuttora questi lugubri segni? Vivere secondo il vangelo è ben altra cosa, esige soprattutto l’amore concreto nei confronti dei propri fratelli e via dicendo. Andrea però lo spiazzò. Pronunciò, infatti, parole che all’orecchio dell’anziano sacerdote suonarono come una specie di rivelazione.  Dopo aver fatto osservare che quella di dover morire era, in fin dei conti, una delle poche certezze universalmente condivise, aggiunse che il monito gli sembrava davvero poco consono alla mattina di Pasqua, tempo in cui era opportuno richiamare frasi meno scontate. Disse testualmente: «Oggi sul foglio andrebbero scritte altre parole: “Ricordati che devi risorgere”».

Fu una folgorazione. Il parroco si precipitò alla scrivania estrasse un pennarello e un foglietto di carta e impose all’ospite, con lo stesso piglio con cui in precedenza l’aveva sollecitato a servir messa, di scrivere la nuova formulazione. Poi, non senza una qualche solennità, lo sovrappose alla scritta precedente fissandolo con due strisce di nastro adesivo. Poco dopo la piccola riunione di sciolse; Andrea e il giovane prete si diressero alle rispettive città e il parroco, dal canto suo, si dedicò alle molte mansioni proprie di quella domenica speciale.

Andrea non è mai più tornato in quella chiesa. Ad ogni Pasqua gli torna, però, in mente l’episodio ed è assalito da due curiosità. La prima di basso profilo sta nel chiedersi che fine abbia fatto il teschio con l’annesso foglietto pasquale. La seconda, ben più consistente, si domanda quali idee avrà adesso al riguardo il vecchio parroco, visto che, ammesso che non abbia raggiunto l’età di Mosè (120 anni), egli, ora, avrà già sperimentato cosa significa morire e, forse, saprà anche qualcosa sul mondo del «dopo».

Piero Stefani

 

 

 

 

338. Ricordati che … (01.05.2011)ultima modifica: 2011-04-30T05:34:00+02:00da piero-stefani
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