286 – Un’ autorità priva di potere (14.03.2010)

Il pensiero della settimana, n. 286

 

Sarebbe dovuto passare ancora più di un millennio prima che Hobbes offrisse una salda formulazione razionale all’opinione, peraltro comune, secondo cui un governo, per quanto forte  e duro, è pur sempre preferibile all’anarchia e alla guerra civile  (senza dimenticare che queste ultime sciagure nascono spesso dall’implosione del potere). La posizione realistica trova riscontro anche in testi religiosi. Si potrebbero citare vari brani del Nuovo Testamento; rivolgiamoci però ai  rabbini. Nei Capitoli dei Padri (Pirqè Avot) si legge: «Prega per la salute dei governanti, perché se non fosse per il timore che incutono, si ingoierebbero vivi l’un l’altro». Si potrebbe però anche tradurre che bisogna pregare per la «pace del regno», vale a dire dell’impero romano.

Un maestro medievale commenta la sentenza dicendo che gli uomini sono guidati in due modi: o secondo la Torà (la Legge religiosa che viene da Dio), e questo ambito è affidato ai sapienti, o secondo la guida dello stato assegnata ai giudici e ai  governanti (un tempo – aggiungo – pensati reciprocamente concordi). Ora se la guida dei sapienti fosse carente, per questo non verrebbe meno quella politica; ma se, al contrario, fosse deficitario il governo politico entrambi verrebbero meno. Se non ci fosse il timore dei governanti, ognuno complotterebbe a danno del suo prossimo e si passerebbe tutto il tempo a cercare di sfuggire dal pericolo. Fin qui il maestro medievale.

Quel che fa sopportare i governi è il pericolo del caos e da ciò dipende il fatto che anche la sfera di quanto non è politico dipenda dalla politica. Se ci possiamo dedicare a qualche santo o bello studio è perché  un minimo di ordine sussiste. Se  per salvare la nostra dignità intellettuale e culturale ci occupiamo di altro è perché ci è concesso di farlo da parte di chi ci garantisce  una tranquillità sia pur  precaria.

La parte di verità contenuta nel  commento rabbinico è che nel mondo Dio e la sua legge sono dotati di autorità, ma non di potere. Essi sono perciò strutturalmente  più deboli dello stato.  Da qui l’asimmetria  prima detta, in base alla quale i governanti sono in grado di fare a meno dei saggi ma non viceversa. Questa debolezza sfocia spesso nella volontà di vari sistemi religiosi di appoggiarsi sul governo per vedersi garantiti nello svolgimento dei propri compiti. La legge di Dio, espressione della massima autorità mondanamente priva di potere, diviene perciò collusa con lo stato. Lo può essere in molti modi, ivi compreso quello, tutt’altro che teorico, secondo cui, pur di vedere tutelato il proprio campo, si è disposti a tollerare, da parte di governanti, violazioni sempre più accentuate della legalità. Anche qui gutta cavat lapidem: all’improvviso si scopre un baratro che in realtà si è formato a poco a poco.

L’opinione rabbinica afferma, in definitiva, che gli esponenti dei sistemi religiosi si trovano spesso nelle condizioni di essere protetti da quelli civili. Le religioni sono deboli – e in ciò sta la loro autentica grandezza, peraltro difficilissima da accettare –  quindi nei loro esponenti nasce il bisogno di essere tutelati e di essere messi nelle condizioni di svolgere il più tranquillamente possibile le loro attività. Qui si abbarbica il germe di ogni collateralismo o peggio delle organiche alleanze fra «trono e altare».

Un umile e grande testimone della fede cristiana da poco scomparso, Camillo De Piaz (fraterno compagno di Davide Turoldo), affermava che esistono movimenti cattolici  – e faceva il nome dell’Opus Dei e, per l’Italia, di Comunione e Liberazione – i quali, partendo dall’analisi di trovarsi in una società non più cristiana,  concludono: bisogna allora occuparla insediandosi nei posti di comando. In questi casi  la tutela e  il compromesso divengono  massimi.

In realtà, è distante l’epoca in cui sembrava avere senso pregare per la salute dei governanti. In qualche frammento liturgico (e a pieno orizzonte nel cristianesimo ortodosso) queste formule si possono ancora incontrare; esse per tutti risultano però ormai stridenti. Quale cristiano lombardo, per quanto devoto, può sentirsi, con sincerità, nelle condizioni di pregare per Roberto Formigoni visto nella sua qualità di immarcescibile governatore della regione? Chi in Italia se la sente di pregare per il benessere del capo dello stato o per quello del presidente del consiglio?  Il fatto che uno sia un cattolico integrale, l’altro un laico, il terzo un superficiale cattolico di occasione non sposta di una virgola i termini della questione.

Il velo è definitivamente caduto. La salvezza delle religioni passa, oggi più che mai, attraverso il convincimento secondo cui  la legge di Dio ha autorità soltanto perché priva di  potere ed  è solo per questo che essa consente,  a chi  cerca di farla propria, di abitare nel mezzo della società umana guidato dal  senso di una rigorosa fratellanza.

Piero Stefani

 

 

 

 

286 – Un’ autorità priva di potere (14.03.2010)ultima modifica: 2010-03-13T16:55:00+01:00da piero-stefani
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Un pensiero su “286 – Un’ autorità priva di potere (14.03.2010)

  1. La legge naturale e la legge di Dio per i credenti di qualsiasi fede, pongono sempre l’uomo di fronte agli altri come un fratello, una sorella. La vita ha un senso se ciascuno si preoccupa del fratello e della parte di creato affidatagli con responsabilità( gli sarà chiesto di conto).Ciascuno è responsabile del prorio prossimo in particolar modo coloro cui i fratelli hanno chiesto di rappresentarli per il bene comune.L’autorità sempre gravida di responsabilità che qualcuno ha meritato onestamente è solo per la ricerca” DEL REGNO E DELLA SUA GIUSTIZIA”.questo monito dovrebbero tenerlo bene a mente coloro che si fanno chiamare maestri in particolar modo nelle varie fedi religiose!
    Mr 8 -35/37; Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà.Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima?
    salmo 51/12
    “ Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo
    ]Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito”
    L’uomo partecipa alla sapienza e alla bontà del Creatore, che gli conferisce la padronanza dei suoi atti e la capacità di dirigersi verso la verità e il bene. La legge naturale esprime il senso morale originale che permette all’uomo di discernere, per mezzo della ragione, quello che sono il bene e il male, la verità e la menzogna: La legge naturale è iscritta e scolpita nell’anima di tutti i singoli uomini; essa infatti è la ragione umana che impone di agire bene e proibisce il peccato. . . Questa prescrizione dell’umana ragione, però, non sarebbe in grado di avere forza di legge, se non fosse la voce e l’interprete di una ragione più alta, alla quale il nostro spirito e la nostra libertà devono essere sottomessi.
    La legge “divina e naturale” mostra all’uomo la via da seguire per compiere il bene e raggiungere il proprio fine. La legge naturale indica le norme prime ed essenziali che regolano la vita morale. Ha come perno l’aspirazione e la sottomissione a Dio, fonte e giudice di ogni bene, e altresì il senso dell’altro come uguale a se stesso. …..La legge naturale altro non è che la luce dell’intelligenza infusa in noi da Dio. Grazie ad essa conosciamo ciò che si deve compiere e ciò che si deve evitare. Questa luce o questa legge Dio l’ha donata alla creazione .
    Certamente esiste una vera legge: è la retta ragione; essa è conforme alla natura, la si trova in tutti gli uomini; è immutabile ed eterna; i suoi precetti chiamano al dovere, i suoi divieti trattengono dall’errore. . . E’ un delitto sostituirla con una legge contraria; è proibito non praticarne una sola disposizione; nessuno poi ha la possibilità di abrogarla completamente [Cicerone, La repubblica, 3, 22, 33].
    Anche se si arriva a negare i suoi principi, non la si può però distruggere, né strappare dal cuore dell’uomo. Sempre risorge nella vita degli individui e delle società: la legge scritta nel cuore degli uomini, legge che nemmeno la loro malvagità può cancellare
    I precetti del Decalogo pongono i fondamenti della vocazione dell’uomo, creato ad immagine di Dio; vietano ciò che è contrario all’amore di Dio e del prossimo, e prescrivono ciò che gli è essenziale. Il Decalogo è una luce offerta alla coscienza di ogni uomo per manifestargli la chiamata e le vie di Dio, e difenderlo contro il male: Dio ha scritto sulle tavole della Legge ciò che gli uomini non riuscivano a leggere nei loro cuori.
    Dio torna a vivere con gli uomini con una Nuova Alleanza.
    Ger 31,31 «Ecco verranno giorni – dice il Signore – nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una alleanza nuova… 33 Questa sarà l’alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore:
    Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo. 34 Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato».
    Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore.
    Il profeta Ezechiele in una visione analoga a quella del suo contemporaneo Geremia riferisce questa promessa :
    Ez 11,9 Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro; toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne, 20 perché seguano i miei decreti e osservino le mie leggi e li mettano in pratica
    saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio.»
    cf.: Ezechiele 36,26-27.
    Dio toglierà il cuore naturale, di pietra, senza vita, incapace di ragionare , comprendere e seguire docilmente Dio nel suo amore, e lo sostituirà con un cuore vivo, di carne, in cui circola il sangue, la vita , l’amore di Dio. Era ciò ch chiedevano gli ebrei in esilio a Babilonia, profeticamente : perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato . Porrò le mie leggi nella loro mente e le imprimerò nei loro cuori; sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo” ( Eb 8,8; Eb 8,10 ) [Cf Ger 31,31-34 ].
    Non c’è niente, non c’è nessuno,
    non c’è forza, non c’è ricchezza o povertà,
    non c’è disperazione o colpa,
    non c’è dubbio odio o vergogna che possono allontanarmi da te, gioia grande, infinito amore.
    Mio amato , la luce che io vedo, l’aria che respiro, i volti che io cerco, sono i tuoi occhi mio creatore, gioia grande infinito amore.
    Io ti vedo, eppure ti chiedo come un bimbo alla mamma, od al papà: quando torni?
    Padre Santo non ci serve la ricchezza di questo mondo, ma l’amore dei fratelli nell’attesa che tu venga!
    Saverio

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