198 – Magdi Cristiano (30.03.08)

Il pensiero della settimana, n. 198

 

  Val la pena di ritornare ancora una volta su un venerato hadith (detto extracoranico attribuito a Muhammad). Si narra che alcuni compagni del Profeta Muhammad, di ritorno da una spedizione militare condotta contro politeisti arabi, gli riferirono di aver ucciso un idolatra il quale, vistosi spacciato, aveva pronunciato la shahada  (professione di fede) nella speranza di aver salva la vita. Ai musulmani è infatti vietato uccidere i propri fratelli nella fede. In quelle circostanze sembrava palese che l’idolatra si fosse convertito solo per ragioni strumentali. Tuttavia la risposta dell’Inviato di Dio fu diversa da quanto immaginato dai suoi seguaci. Rivolgendosi ai propri compagni, il Profeta disse: «Il giorno della resurrezione dovrete rendere conto di quel “non c’è dio all’infuori di Allah” [culmine della professione di fede]». Essi cercarono di giustificarsi replicando che l’uomo aveva aderito all’islam solo per paura. Muhammad allora, assumendo un tono ironico, disse: «Di certo non avete trascurato di aprirgli il cuore per accertarvi se la paura fosse il  vero movente!»

Riguardo all’episodio del pagano circondato e massacrato,  il Profeta non condanna i propri irruenti compagni per aver ucciso un idolatra: li rimprovera per aver assassinato un uomo che, forse, era diventato credente. Anche nei casi limite, il cuore (vale a dire la coscienza) è prospettato come un «sacrario» a cui può accedere solo Dio. Nessuno ha aperto il cuore di quell’uomo; e tuttavia si è agito come se ciò fosse avvenuto. In tal modo si è fatta violenza a una creatura umana e, forse, anche a Dio stesso.

Proprio in ragione degli apporti più alti dell’islam, sarebbe empio proporre un racconto in cui si narrasse come Magdi, circondato da molti interessi, onori, lusinghe e tutelato da una buona scorta,  si sia infine arreso a sua Santità Benedetto XVI nella veglia pasquale del A.D. 2008 nel corso della quale ha ricevuto, in rapida successione, battesimo, cresima ed eucaristia. La profondità della sua coscienza è conosciuta solo da Dio e in base a essa egli sarà giudicato dall’unico che ha il potere di farlo. Quanto ci è dato di fare è valutare tanto la forma scelta per accoglierlo in  seno alla Chiesa cattolica romana, quanto le parole scritte e fatte pubblicare dallo stesso Allam sul Corriere della sera al fine di motivare la propria decisione. Altri pensieri si affollano, ma ad essi non è lecito dare pieno corso. Forte infatti è, per esempio, la tentazione (che va comunque respinta) di vedere nella gestione della cerimonia una tentata vendetta da parte di Ratzinger nei confronti degli amari bocconi fattigli trangugiare dal mondo musulmano dopo la lectio di Ratisbona.

Tutti i vangeli descrivono in modo diretto la morte di Gesù, nessuno di loro la sua resurrezione. Nessuno mostra quanto l’iconografia ha illustrato a volte in modo anche altissimo (per es. Piero della Francesca a Borgo San Sepolcro), ma sempre comunque ostentato e quindi infedele allo spirito evangelico. Quanto è detto dai vangeli è solo l’esito: la tomba vuota, l’annuncio, le apparizioni non a tutti ma solo ad alcuni testimoni (At 19.39-41). La veglia che celebra l’evento fondativo della fede dovrebbe conformarsi alla logica che esige la testimonianza ma nega il trionfalismo. Essa dovrebbe ricordare, celebrare, attendere, non mostrare. Mai come a Pasqua il battesimo è un mistero di morte e resurrezione (cfr. Rm 6,1-11; passo da  cui deriva l’ineguagliata preminenza simbolica del battesimo per immersione). A S. Pietro è avvenuto tutto il contrario;  di ciò si può, anzi si deve, tener conto. L’apparato con cui Magdi Cristiano è stato accolto nella Chiesa cattolica romana contrasta con il mistero della Pasqua non meno di quanto lo furono, in passato, altri battesimi di potenti di questo mondo.

Nella lettera pubblicata sul Corriere Allam non enuncia nessuna autentica motivazione di fede a sostegno della sua conversione: parla di incontri con prelati e religiosi appartenente a vari gradi gerarchici, non dell’incontro con nostro Signore Gesù Cristo. Soprattutto motiva il suo ingresso nella Chiesa cattolica romana attraverso una logica politica di schieramento. Egli denuncia come illusoria ogni speranza nell’esistenza di un islam moderato, perciò attribuisce in blocco all’islam  una inestirpabile vocazione violenta: «al di là della contingenza che registra il sopravvento del fenomeno degli estremisti e del terrorismo islamico a livello mondiale, la radice del male è insita in un islam che è fisiologicamente e storicamente conflittuale». Allam ripropone quindi in maniera ancor più drastica il quadro parziale e distorto,  in buona parte poi ritrattato, prospettato da Benedetto XVI a Ratisbona. Sono parole gravi che consegnano il cristianesimo a un inevitabile scontro di civiltà con l’islam. Da ciò si deduce che solo la presenza di correnti contrastanti può giustificare la convivenza in Vaticano tra questa linea e quella che (in maniera fin troppo acritica) ha accolto come segno positivo la lettera delle 138 autorità musulmane che indicava nei due comandamenti dell’amore di Dio e del prossimo i capisaldi grazie ai quali è dato intraprendere un dialogo tra cristiani e musulmani. L’ipotesi trova conferma nel fatto che il portavoce vaticano p. Federico Lombardi, il 27 marzo ha, per l’ennesima volta, dovuto emanare un comunicato stampa  diretto a tamponare la falla aperta. La linea di condotta non poteva essere che una: Allam nella sua lettera espone  pensieri personali che non esprimono in alcun modo la linea della S. Sede rientrando nell’ambito degli argomenti su cui tra i cristiani, vige un «legittimo pluralismo». Trova perciò ulteriore conferma il fatto che l’incapacità di Benedetto XVI di leggere il mondo lo porta in modo sistematico a non prevedere le conseguenze delle sue scelte e delle sue parole.

Allam, assumendosi una responsabilità non piccola, taccia di paura una Chiesa non aggressiva che, in terre musulmane, annovera tra le propria fila i monaci trappisti di Tibirin e altri martiri tra cui don Andrea Santoro. Va detto però che lo sguardo di Allam è soprattutto italiano. Egli denuncia il fatto che i cristiani convertiti all’islam (presenti soprattutto nell’ambito della, da lui detestata e, molto probabilmente, diffamata, UCOII) vivano tranquilli, mentre i molti convertiti al cattolicesimo sono costretti a esistenze catacombali. Il coraggio della Chiesa però qui c’entra relativamente. Se le cose stessero effettivamente così, la questione toccherebbe in prima istanza la società civile e lo stato che deve assicurare la sicurezza dei propri cittadini (Allam, del resto, afferma di essere scortato dai carabinieri non dalla guardie svizzere). Secondo il Ministero degli Interni tra i mezzi consoni a far crescere la possibilità di una convivenza pacifica vi era anche l’istituzione di una consulta islamica. È possibile, anzi probabile, che la questione sia stata gestita in modo inadeguato; in ogni caso oggi, per quanto è in suo potere, Magdi Cristiano ci mette una pietra tombale sopra. Il suo messaggio è in effetti ben chiaro: puntare sull’esistenza di un islam moderato è  solo irresponsabile illusione.

Piero Stefani

 

198 – Magdi Cristiano (30.03.08)ultima modifica: 2008-03-29T08:30:00+01:00da piero-stefani
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