86 – Le candeline di compleanno (13.11.05)

Il pensiero della settimana  n. 86

 

Ci sono gesti che tutti conoscono e tutti fanno e su cui si riflette di rado. Per lo più è bene che sia così. Adeguarsi senza eccessivi problemi a regole e consuetudini è norma che garantisce un po’ di serenità e, nella maggior parte dei casi, non produce alcun ottundimento di mente e spirito. A volte sorge però all’improvviso uno spunto che invita a prendere in considerazione quanto si è sempre fatto e visto fare; allora si cerca di afferrarne la simbologia ma essa, il più delle volte, ci sfugge tra le mani.

Tra i molti segni di gioia e di festa individuati dalle culture uno dei più universali è l’accendere luci. Rischiarare le tenebre, sconfiggere la penombra, squarciare il buio, sono atti che riproducono, in piccolo, l’originaria vittoria della luce sull’oscurità degli abissi primordiali. Quando irrompe il chiarore la vita fluisce. La festa allora diviene sfolgorante. Nella notte di Pasqua il cero brilla e al canto del Gloria tutto si inonda di luce.

Vi è però un gesto molto comune in cui il culminare della gioia, lo scrosciare degli applausi e l’apice degli auguri coincidono con una estinzione: sulla torta le fiammelle sono spente dal soffio del festeggiato. Non gli si chiede di accenderle una per una,  il suo compito è di annientarle con una sola emissione d’aria. Se si è molto piccoli l’operazione è segno di potenza. Lo stesso vale quando si è molto anziani e le candeline gremiscono tutta la superficie del dolce. Nel lungo lasso di tempo intermedio l’operazione non contraddistingue però alcuna particolare prestazione. Diviene allora più stringente domandarsi perché la festa comporti uno spegnimento.

Ogni candelina simboleggia un anno. Spegnere significa quindi enumerare, vale a dire contare il tempo passato e archiviato. Il gesto sarebbe dunque un segno di forza. Per dirla con Elias Canetti rappresenterebbe il potere della sopravvivenza. Il tempo della vita non ci ha ancora estinti, anzi è vero il contrario: siamo noi a dominare i nostri anni. Interrompere la fiamma significa impedire che la candela si consumi. Il bruciare qui andrebbe visto dal lato del combustibile e non da  quello del fuoco. Lo scorrere inesorabile del tempo che ci lima poco a poco sarebbe indicato dallo sciogliersi della cera. Il soffio impedisce la consunzione, interrompe il depauperamento, per questo celebra la gioia della vita. Se fosse davvero questa la simbologia la festa del compleanno sarebbe però, alla fin fine, legata ad un’illusoria vittoria sul tempo.

Ricordare ogni dodici mesi il giorno della propria nascita equivale a sostenere che è buona cosa essere  al mondo. Per tale motivo  sembra  un paradosso contare gli anni che ci separano da quando si è venuti alla luce spegnendo fiammelle invece di accenderle. Eppure rimane un comportamento rassicurante  che sancisce una certezza ed esorcizza un’incertezza: sappiamo quanto tempo ci separa dalla nascita, mentre  ignoriamo quanto sia lunga la vita che ci sta davanti. Le candele sono come pietre miliari, le si conta e le si fissa. Ci si guarda alla spalle perché di fronte vi è l’indeterminato. La torta va consumata, le candeline vanno salvaguardate. Tuttavia il gesto resta ambiguo: si vuole tutelare una positività e lo si fa attraverso uno dei simboli più pregnanti della caducità. Quando diciamo che la giovinezza o l’esistenza sono  un soffio, pensiamo non a un alito datore di vita, ma a un essere destinato a consumarsi ed estinguersi. Si deve forse  concludere che lo spegnere la fiamma che consuma e divora le nostre vite alluda a una segreta, inconfessata aspirazione a conseguire  una condizione diversa a cui è ignoto il trascorrere degli anni e il dolore? È senza dubbio eccessivo caricare di un significato così forte e antitetico un rito gioioso e condiviso, tuttavia nei libri si legge che «estinzione di una fiamma mediante un soffio» è il significato etimologico della parola nirvana.

Piero Stefani

 

86 – Le candeline di compleanno (13.11.05)ultima modifica: 2005-11-12T08:38:00+01:00da piero-stefani
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