35 – Cercare di capire (26.09.04)

Il Pensiero della settimana n. 35

  

Nel mondo continuano a capitare avvenimenti che esigono di essere compresi;  ai nostri occhi  essi appaiono invece per lo più incomprensibili. Mai come oggi risulta perciò  vero il grande ammonimento di Hannah Arendt secondo cui il più importante imperativo etico è cercare di capire. La rassegnata incertezza che ci stringe, l’impaurito ripiegamento nel breve cerchio del nostro piccolo, quotidiano mondo costituiscono uno scacco etico ancor prima che intellettuale. Ogni attenzione rivolta a qualcosa di diverso dalla svolta impressa al corso del mondo dalle vicende con cui si è dischiuso il XXI sec. appare quindi una specie di tradimento. Anche questa però è una insidia da vincere. La radicalità che pone l’alternativa tra tutto o nulla raramente affina le capacità di comprendere. Cercare di capire è un imperativo che deve accompagnare l’umana esistenza anche nelle dimensioni più ridotte.

Saper leggere la realtà è ambizione grande che trascende le capacità di ognuno; tentare di farlo è però un impegno etico che rientra nelle responsabilità di ciascuno. La cultura e l’educazione non dovrebbero essere altro che questo. Il celebre motto kantiano che riassumeva lo spirito dell’illuminismo nella sintetica espressione. sapere aude conserva dunque la sua natura di monito perenne. Bisogna avere il coraggio di sapere; il che comporta avere la forza di cercare di interpretare la realtà senza remore e precomprensioni, senza interessi di parte e tornaconti personali. La critica, la demistificazione, la denuncia dell’ideologia come falsa coscienza che si giustifica sono apporti della cultura occidentali che vanno tutelati, anche se, per coerenza interna, neppure essi sono da considerare degli assoluti. Ripetere formule o accodarsi a visioni del mondo compatte significa rifiutare di assumere sulle proprie spalle il faticoso e spesso non gratificante onere di cercare di capire. Quando però comprendere si fa sempre più arduo allora affidarsi a qualcuno che pensa per noi proponendo un porto tranquillo in tanta burrasca diviene tentazione seducente. Torna di nuovo alla mente la denuncia  di Kant rivolta contro la propensione a concedere un appalto a chi pensa in vece nostra. Più che di cattiva fede si tratta di nuovo di mancanza di coraggio, propria di chi finge che i conti tornino a tutto tondo con la semplice denuncia dell’errore altrui e con la simmetrica affermazione della propria presunta ragione. Occorre invece innanzitutto vagliare le proprie ragioni. Quest’ultima operazione non va compiuta per falsa modestia o a motivo del vezzo (spesso ipocrita) di affermare che le domande valgono più delle riposte (se una domanda è autentica essa va alla ricerca della risposta non meno di quanto l’assetato non faccia con l’acqua). Lo sguardo critico si impone in virtù del fatto che cercare di capire è un’attività che non giunge mai a un punto fermo. Questo non pervenire a una meta riposante non comporta di necessità  uno smarrito, indefinito vagare. Si tratta di altro: è proprio la convinzione di aver compreso qualcosa a presentarsi ora come pungolo che obbliga ad andare più a fondo. 

Osservati sotto questa angolatura, i grandi interpreti ebrei e cristiani della Scrittura sono, dal punto di vista metodologico, un esempio ancora valido per tutti: bisogna cominciare da capo ogni giorno proprio perché aumenta la comprensione. Ugualmente può dirsi per l’espressione fides quaerens intellectum. Essa non è solo un programma di ricerca medievale: è il sigillo di ogni fede matura che sa che cercare di comprendere  è, a un tempo, alimento e frutto del credere. Questa massima illustre  ben difficilmente trova però ospitalità nella pastorale della chiesa cattolica. La gerarchia infatti è in genere propensa a ritenere che l’etica, più che nel cercare di comprendere, consista nel formulare giudizi di valore su realtà che ci si sforza poco di conoscere e che, in ogni caso, vengono considerate incapaci di arrecare una sia pur minima scalfittura alla propria compatta visione delle cose (in proposito il terreno della bioetica appare, da fronti opposti, forse  il più tristemente eloquente).

Piero Stefani

35 – Cercare di capire (26.09.04)ultima modifica: 2004-09-25T19:22:00+02:00da piero-stefani
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