214 – In ascolto del Cantico di frate Sole (prima parte) – (31.08.08)

Il pensiero della settimana, n. 214 

In ascolto del Cantico di frate Sole

(prima parte)

 

Il primo settembre si celebra la terza giornata per la salvaguardia del creato indetta dalla CEI. Il tema di quest’anno è «una nuova sobrietà per abitare la terra». Il messaggio che l’accompagna è, come prevedibile, incentrato sui consumi e sull’ombra che, implacabilmente, li accompagna: i rifiuti. Come ha argutamente scritto Maurizio Ferraris «come in un’allegoria barocca, le montagne d’immondizia guardano tutti gli altri miti di consumo con un sorriso egizio: “ero quello che sei, sarai quello che sono”» (Domenicale, Il sole-24 ore, 6 luglio 2008).

La Conferenza Episcopale, nel suo linguaggio paludato ed esortativo, non può concedersi battute penetranti; è obbligata piuttosto alla citazione riverente. È quanto fa fin dalle prime righe del messaggio di presentazione della giornata, là dove afferma: « È un dovere richiamato con forza da Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace 2008: “dobbiamo avere cura dell’ambiente: esso è stato affidato all’uomo perché lo custodisca e lo coltivi con libertà responsabile, avendo come criterio orientatore il bene di tutti” (n. 7). È un impegno che ci rimanda a San Francesco d’Assisi e alla lode da lui rivolta al Creatore per “sora nostra madre terra”, che tutti ci sostiene».

Un destino fatale sembra obbligare a citare Francesco ogni volta che, in chiave spirituale, si parla di ecologia. Inutile dire che si tratta di un riferimento forzato, se non improprio. Il santo assillo del povero di Assisi è (come ricordato, peraltro, anche dal  messaggio CEI) la lode del Creatore, non la salvaguardia del creato, problema, quest’ultimo, che allora non si poneva affatto. Né conviene sostenere che l’atteggiamento di lode possa essere proposto come risoluzione del problema ecologico. Ciò avviene per una ragione assai semplice: l’ambiente è davvero casa comune. Consumi, rifiuti, sobrietà nei primi che si riflette nel contenimento dei secondi sono problemi di tutti, perciò vanno affrontati  e – ammesso che sia ancora possibile – risolti in chiave laica. Per la gestione differenziata dei rifiuti (auspicata anche dal messaggio della CEI) non è necessario, né opportuno fare appello ad alcuna sapienza biblica.

L’evocazione del Cantico di Francesco deve avvenire sempre e solo là dove è possibile richiamare la centralità della lode del Creatore. Ciò può  aver luogo quando  ci si confronta con la creazione e non già quando ci si misura con la natura o l’ambiente. Il laico può in qualche modo comprendere quella lode, ma non è chiamato ad elevarla in proprio. Può capire il lodante, non amare il Lodato. O meglio, può sentire prossimo il lodatore se si tratta di una persona umana. Per quanto ci sia chi lo sostenga, è però difficile che in Francesco sia l’uomo l’unico soggetto che innalza la lode. Sulla scorta dei suoi più trasparenti sottotesti biblici (cfr. soprattutto Sal 148 e Dn  3,31-90), la peculiarità del Cantico di frate Sole sta nell’invito rivolto alle creature di lodare il proprio Creatore. Tuttavia se la voce biblica usa un forte imperativo ( «Lodatelo sole e luna, / lodatelo, voi tutte, fulgide stelle» Sal 148,3), l’umile Francesco non si ritiene in grado di dar ordini diretti. Egli opta perciò per una forma  passiva: «Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le Tue creature». La scelta mette in evidenza il valore di mezzo assegnato al «cum» e al «per»: l’invito è che il Signore sia lodato a opera delle sue creature. Solo alla fine apparirà un imperativo rivolto all’uomo (o ancor più  probabilmente ai frati), il quale, però, non può essere disgiunto dalla presenza di una nota umile: «Laudate e benedicete mi’ Signore et ringraziate / e serviteli cum grande humilitate».

Il laico può ammirare la profondità e la bellezza del procedere; il credente, dal canto suo, è chiamato a cogliere la reale dipendenza e dignità di esseri che esistono, in ultima istanza, solo per volontà di Dio. Nulla di tutto ciò si dà in natura dove ogni essere è l’esito momentaneo di una lunga (se non immensa) catena causale che lo precede. È appunto per questa lode universale che il Cantico  può sussistere, intatto, al di là del mutamento radicale delle visioni cosmologiche: esso non dice nulla su come va il mondo (o come, eventualmente, se ne possa riaggiustare il corso), il suo scopo è unicamente lodare «Colui che disse e il mondo fu».

L’esortazione volta a lodare il Signore, che Francesco non esita a qualificare con l’aggettivo «mio», instaura un legame universale fra tutte le creature. La più palese innovazione del Cantico rispetto ai modelli biblici sta nel prospettare un nesso cosmico di fratellanza e sororità. Nella Scrittura è detta, in modo esplicito, la lode; tuttavia, rispetto al nostro rapporto con le creatura, non ricorre mai l’immagine di fratelli e sorelle.  Il dono primigenio concesso all’essere umano di dar nome alle cose (Gen 2,19) si riflette nella sessualizzazione del linguaggio in virtù del quale anche il non animato diviene o maschile o femminile. Il radicamento primordiale del Cantico nell’ambito della letteratura italiana trova riscontro anche in questo rifiuto del neutro.

La dualitità senza eccezioni della nostra lingua consente di estendere alle creature inanimate i nomi volti a indicare la comunità di coloro, frati o suore (e non più monaci), che seguono la regola di vita di Francesco. Anche per questo il Cantico (composto, secondo la tradizione francescana, nel 1225) si presenta come un atto finale della vita del Santo di Assisi. In quelle parole non vi è solo Francesco, c’è anche Chiara. L’universo si presenta come un grande convento (da cum venire) maschile e femminile, non come un arroccato monastero.

Il comune legame di fratellanza e sororità  conosce due complicazioni. La prima riguarda «messor lo frate Sole». L’astro è fratello, ma anche «mio signore» («messor»). La seconda concerne «sora nostra matre Terra», espressione in cui il legame parentale raggiunge la dimensione del paradosso. Le irregolarità lasciano trasparire che questi snodi rappresentano momenti interpretativi alti a cui occorre riservare cura e dedizione.

Piero Stefani

 

 

Una casa comune, una casa minacciata

 

Anche quest’anno la celebrazione della Giornata per la salvaguardia del creato intende essere un’occasione per riflettere sulla vocazione della famiglia umana, in quella casa comune cheè la Terra. Davvero il pianeta è la casa che ci è donata, perché la abitiamo responsabilmente, custodendone la vivibilità anche per le prossime generazioni.

214 – In ascolto del Cantico di frate Sole (prima parte) – (31.08.08)ultima modifica: 2008-08-30T07:10:00+02:00da piero-stefani
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