584 – Prescrizioni e simbologie della cucina ebraica Kasher (16.10.2016)

Il pensiero della settimana n. 584

                  Prescrizioni e simbologie della cucina ebraica kasher   

  L’Università degli Studi in Scienze Gastronomiche di Pollenzo ha conferito il 6 ottobre scorso la Laurea Honoris Causa a Enzo Bianchi priore della Comunità di Bose. Dopo il conferimento, Bianchi ha svolto una lezione su «Cibo e vita spirituale». Al tema «Cibo e religioni» saranno dedicati altri tre incontri aperti al pubblico che si svolgeranno presso la sala polifunzionale Arpino di Bra. Ci si occuperà rispettivamente di Ebraismo (20 ottobre, ore 18), Islam (Ida Zilio-Grandi, 27 ottobre ore 18) e Buddhismo (Massimo Raveri, 3 novembre ore 18). Anticipo l’ abstact della conversazione di giovedì prossimo.

  Il testo biblico fondamentale per stabilire la distinzione tra cibi puri e impuri è l’undicesimo capitolo del libro del Levitico. In esso si fa una netta distinzione tra i viventi che popolano rispettivamente la terra, l’acqua e l’aria. È assai percepibile l’analogia con l’articolazione cosmologica del primo capitolo della Genesi in cui ha una grande importanza il ruolo assegnato al verbo «dividere». La diversità tra i capitoli sta nel fatto che in Genesi l’ordine è universale, mentre nel Levitico esso è in funzione della distinzione da instaurare tra il popolo d’Israele e gli altri popoli.
    Se è chiara l’articolazione tra terra, acqua, aria meno facile è comprendere le regole specifiche che presiedono alla separazione tra animali puri e impuri (per es. per i terrestri sono puri i ruminanti con l’unghia fessa), anche per questo motivo si sono prospettate riletture simboliche che peraltro non scalfiscono mai la portata pratica dei precetti.
    Un regola sicuramente di estensione universale è la proibizione di cibarsi di sangue. Essa infatti si fonda su un passo della Genesi (9,1-5) che vale per l’intera umanità alla quale, ora, è consentito di cibarsi di carne (all’origine era vegetariana) ma con la fondamentale limitazione legata al sangue (il precetto trova riscontro anche nel Nuovo Testamento, Atti degli apostoli 15,29).
   Si cadrebbe in errore se si ritenesse che le prescrizioni ebraiche siano basate solo sulla Bibbia; in effetti, esse dipendono anche dalle specificazioni e dagli allargamenti dovuti alla tradizione rabbinica. Un esempio per tutti: il precetto biblico che vieta di cuocere il capretto nel latte della madre (Esodo 23,19) viene esteso fino a giustificare la separazione tra carne e latticini, regola che costituisce uno dei principi più esigenti e quotidiani della cucina kasher. Per questa via un precetto remoto presiede all’alimentazione di tutti i giorni.
    Esistono regole particolari per Pesach (Pasqua); esse riguardano sia le sostanze lievitate (anche qui interpretate pure in modo simbolico) (Deuteronomio 16,1-8), sia regole più rigorose del consueto rispetto al vino.
  Dopo la distruzione del Secondo Tempio (70 d.C.), nel mondo ebraico è impossibile compiere sacrifici di animali; da allora in poi si assiste a un progressivo trasferimento alla tavola quotidiana di quanto era proprio del culto sacrificale, da qui il detto che ora non è più l’altare a espiare le colpe bensì la tavola.

Piero Stefani

 

 

 

584 – Prescrizioni e simbologie della cucina ebraica Kasher (16.10.2016)ultima modifica: 2016-10-15T08:00:32+02:00da piero-stefani
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