583 – Una totalità mancante (09.10.2016)

Il pensiero della settimana, n. 583

 Una totalità mancante

 Il salmo 145 (nella numerazione ebraica) è alfabetico, vale a dire ogni piccola  strofa inizia con una  diversa lettera dall’alfabeto, ma in questo caso la sequenza non è completa,  ne manca una, la nun.[1]

Alef.

Sì, ti esalterò mio Dio, sei il re,

sì, benedirò il tuo nome, senza fine e per sempre.

Bet.

Sì, per tutto il giorno ti benedirò,

per davvero loderò sempre il tuo nome, senza fine e per sempre.

Ghimel.

Grande è il Signore, è da lodare molto,

la sua grandezza è insondabile.

Dalet.

Il succedersi delle generazioni celebrerà le tue opere

e racconterà le tue gesta.

He.

Sì, parlerò della splendida maestà della tua gloria,

per davvero narrerò le tue meraviglie.

Waw.

Parlino del valore del tuo agire che suscita timore

e le tue azioni grandiose sia l’argomento del loro racconto.

Zayin.

Facciano zampillare il ricordo dei tuoi benefici

ed esaltino la tua giustizia.

Chet.

Pieno di misericordia e di compassione è il Signore,

trattenuto nell’ira e grande nella sua pietà.

Tet.

Buono il Signore verso tutti,

la sua compassione sopra tutte le sue opere.

Yod.

Oh Signore, tutte  le tue opere ti siano riconoscenti

e ti benedicano i tuoi devoti.

Kaf.

Dicano la gloria del tuo regno

e parlino della tua potenza.

Lamed.  

Per far conoscere alla stirpe degli uomini  la tua potenza

e la  magnifica gloria del tuo regno.

Mem.

Il tuo regno è un regno senza fine

e il tuo potere si prolunga per tutte le generazioni.

Samek.  

Il tuo sostegno, Signore, raggiunge tutti quelli che sono in procinto di cadere,

sei tu a far tornare eretti tutti gli incurvati.

‛Ayin.

Gli occhi di tutti ti fissano e attendono

e tu dai loro il cibo quando occorre.

Peh.

Apri la tu mano

e soddisfi il gusto di ogni vivente.

Tzadè.

Giusto è il Signore lungo tutte le sue vie,

è pieno di pietà in tutte le sue opere

Qof.

Vicino è il Signore a tutti coloro che lo chiamano

a tutti coloro che lo chiamano con sincerità.

Resh.

Agisce secondo il desiderio di quelli che lo temono

li ascolta quando chiedono aiuto e li salva.

Shin.

Il Signore custodisce tutti quelli che lo amano

ma  abbatte tutti i malvagi.

Tau.

La mia bocca dirà le lodi del Signore,

ogni carne benedica il suo nome santo,

senza fine e per sempre.

   Le serie di tutte le lettere dell’alfabeto esprime una totalità, ma cosa indica la mancanza di una tra esse? Nella tradizionale casa ebraica vi è un angolino di parete lasciato non dipinto in memoria del Tempio distrutto. Nel salmo non compare però alcun riferimento a una dimensione sacrificale e cultuale, lo spazio vuoto tuttavia c’è, quale è il suo significato? La domanda ha una sua particolare pertinenza specie se si tiene conto che nel salmo ritornano con particolare insistenza termini come «tutto», «tutti» riferiti sia ai lodatori che al Lodato, sia a quelli che chiedono sia a Colui che soccorre. La perenne regalità di Dio coinvolge tutto e tutti tanto nello spazio quanto nel tempo. Il Signore è re ha potenza, compie imprese, la sua grandezza è  sconfinata; tuttavia il centro del salmo è occupato dalla sua misericordia e dal sua volontà di  soccorrere. Chi è da sempre e per sempre si prende cura di chi è fragile, di chi, per sua natura, non è per sempre;  per questo motivo anche quest’ultimo può celebrare Colui che non conosce fine.

   Nel salmo i soggetti che lodano passano dalla prima persona singolare a un «essi» spesso indeterminato ed esortativo. La lode è di tutti e di ciascuno. I versetti si aprono e si chiudono formano  un’inclusione: «Sì, ti esalterò mio Dio, sei il re,

sì, benedirò il tuo nome, senza fine e per sempre»;  «La mia bocca dirà le lodi del Signore, ogni carne benedica il suo nome santo, senza fine e per sempre». Vi è tanto un «io» implicito («la mia bocca») quanto un’estensione verso tutti («ogni carne»). Basar («carne») nell’ebraico biblico indica i viventi visti nel lato fragile di esistenze destinate inesorabilmente a finire. Eppure è proprio ogni carne a essere chiamata  a  benedire il nome del Signore «senza fine e per sempre». Qui il salmo non pensa in alcun modo alla resurrezione. Il vivente resta  avvolto nella propria fragilità.  Essa può benedire per sempre il nome santo del Signore che è per sempre solo perché è il Signore per primo a prendersi cura di ogni carne e a estendere la propria compassione su tutte le sue opere. Colui che vive per sempre ed estende il proprio potere ovunque assume dentro di sé quanto mancante. A prescindere da ogni rigoroso approccio filologico, la lettera saltata simboleggia questa volontà di presentare una totalità non dimentica della fragilità.

Piero Stefani


[1] La traduzione del salmo è mia. Nella traduzione giudeo-ellenistica dei LXX e in altre versioni è stato inserito il versetto mancante «Fedele è il Signor in tutte le sue parole e buono in tutte le sue opere» (trad. CEI,2008).

583 – Una totalità mancante (09.10.2016)ultima modifica: 2016-10-08T09:14:30+02:00da piero-stefani
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