540 – Il rispetto per la vita – Parte II (01.11.2015)

Il pensiero della settimana, n. 540

 Il rispetto per la vita
(Parte II)

 M. L. Ma dimmi “in estrema sintesi”, per riprendere l’espressione dell’amica Magda, il nocciolo della questione.

P. Anche questa volta sono fortunato, posso proporti  in relazione a Paolo qualche citazione che mostra la fondamentale differenza tra l’essere in Dio e l’essere in Cristo.

Paolo non parla mai di essere uno con  Dio o di essere in Dio (…) In Paolo non c’è un misticismo di dio, ma solo un misticismo di Cristo per mezzo del quale l’uomo entra in relazione con Dio.(…) Il misticismo di Paolo, basandosi sulle solide fondamenta dell’esistenza storica di Gesù Cristo, si erge ben saldo come un faro che irraggia la sua luce sull’oceano dell’eternità (…) Gli insegnamenti di Paolo sulla morte e la resurrezione con Cristo, che devono venir sperimentati  negli avvenimenti della nostra vita e in ogni nostro pensiero e volontà, sono altrettanto veri per la nostra visione del mondo moderno quanto lo furono per la sua.

Tutti i tentativi di privare il cristianesimo del carattere mistico di Cristo non sono altro che una resistenza inutile a quello spirito di verità che trova espressione nell’insegnamento del primo e più grande di tutti i pensatori cristiani. Proprio come la filosofia, dopo tutte le sue aberrazioni, deve sempre ritornare alla importante verità che ogni visione del mondo, genuinamente profonda e viva, è di carattere mistico, nel senso che consiste, in un modo o in un altro, in un consapevole e volontario abbandono alla misteriosa infinita volontà di vivere, da cui dipendiamo, così il pensiero di carattere essenzialmente cristiano non può far altro che concepire questo abbandono a Dio, come Paolo lo concepì molto tempo fa, cioè come unione con l’essere di Gesù Cristo (pp. 287-292).

M. L. Lunghetta la citazione e non sempre facile da seguire. Ho colto abbastanza bene i riferimenti a Paolo  e mi pare di capire come dall’essere in Cristo consegua un determinato modo di agire a favore del prossimo. Resto invece più confusa quando si introduce il riferimento alla filosofia. Ho sentito anche l’espressione «volontà di vivere». Dai miei sbiaditi ricordi di scuola, mi sembra, se non sbaglio, che sia un’espressione propria del pensiero di Schopenhauer, tuttavia non vedo come il suo pessimismo conviva con la visione del mondo proposta da Schweitzer. Sarà perché mi hai costretta ad avventurarmi in terreni per me alquanto ostici.

P. Non scoraggiarti anzitempo, le tue osservazioni non sono affatto da buttar via. Solo che qui il discorso è un po’ lungo e complesso e per di più non posso affidarmi a una citazione. Cercherò di proporti un riassunto, confido il più fedele possibile, del pensiero dell’autore. Intanto comincio con il riferirmi a una sua definizione molto sintetica di etica: è bene conservare e favorire la vita, è male danneggiarla o distruggerla. Ciò non significa rinunciare al realismo. Qui Schweitzer – ma dopo tanto che ne parliamo sarei tentato di passare a un più familiare Albert – recupera accenti che, per certi versi, richiamano quelli di Schopenhauer, infatti egli non nega che il mondo ci presenti l’orribile dramma della volontà di vivere in lotta con se stessa.  Un’esistenza si mantiene a detrimento di un’altra. Nella persona umana che riflette, la volontà di vivere è divenuta consapevole di quella altrui e aspira a essere solidale con essa, senza però riuscire a conseguire pienamente tale scopo, una legge crudele lo obbliga a vivere almeno parzialmente a scapito della vita altrui; ma da autentico essere etico l’essere umano si sforzerà di sottrarsi a questa necessità e, per quanto è in suo potere,  cercherà di porre fine al conflitto della volontà di se stessa. In virtù della sua umanità l’individuo cercherà di impegnarsi a porre sollievo alle sofferenze altrui.

M. L. La scelta di dedicarsi alla medicina e di andare a Lambaréné tra coloro che noi  definiremo gli “ultimi”,  mi pare trovi qui una sua precisa giustificazione teorica; anche se dal mio punto di vista, lo ammetto, quanto conta per davvero è la prassi.

P. La classica formulazione proposta da Albert per la prassi da te indicata è «rispetto per la vita». Secondo le sue parole l’etica del rispetto della vita è quella stessa  proposta da Gesù portata a un’espressione filosofica ed estesa a livello cosmico e concepita come intellettualmente necessaria. Finalmente posso riconsegnare la parola direttamente a lui:

Quando salvo un insetto da una pozza d’acqua, una vita ha dato se stessa per un’altra vita, così ancora una volta viene eliminato il conflitto della volontà di vivere. Ogniqualvolta la mia vita dà in qualche modo se stessa per la vita altrui, la mia volontà di vivere limitata s’identifica con la volontà di vivere illimitata nelle quali tutte le vite sono una cosa unica. Ho con me una bevanda che mi impedisce di morire di sete nel deserto della vita. (p. 322)

M. L. Se ho compreso bene è nel rispetto della vita che la conoscenza si trasforma in esperienza concreta.

P. Hai compreso benissimo, infatti senza saperlo hai citato quasi alla lettere parole sue. Albert ha scritto frasi che sono risuonate più volte in questa chiesa nelle prediche di don Andrea, anche se credo che si tratti più di “affinità elettive” che di un vero e proprio influsso. In qualunque modo stia la faccenda, credo proprio che il nostro parroco sottoscriverebbe toto corde affermazioni come quelle secondo le quali il bene consiste nel conservare, assistere, migliorare la vita, mentre distruggere, nuocere e ostacolare la vita è male. Per chi non lo conoscesse, voglio precisare che ciò non equivale affatto a renderlo una punta di diamante dell’ideologico «movimento per la vita» dei nostri dì.  Ma torniamo a Schweitzer secondo il suo modo di vedere, tanto più forte è il rispetto per la vita naturale tanto maggiore diviene anche quello per la vita spirituale. Comprendi perché Albert ebbe fin da fanciullo un grande amore per il mondo animale?

M. L. Ah questo lo so. Mi ricordo addirittura la sua preghiera che recitava da bambino, mi ha sempre colpito.  A volte mi sono chiesta se anche qualcuno dei nostri figli, a cui sono così cari gli animali, avesse più o meno in segreto recitato qualcosa di simile. Albert ancor prima di andare a scuola non riusciva a capire perché, nelle preghiere serali, doveva pregare soltanto per delle persone. Per questo, dopo che la madre gli aveva fatto ripetere la preghiera della sera e gli aveva dato il bacio della buona notte, in segreto aggiungeva: «Buon Dio, proteggi e benedici tutto ciò che ha respiro, difendili da ogni male e fa’ che dormano tranquilli».

P. Visto, e la cosa non mi stupisce affatto, che ti ricordi così bene di quella preghiera dedicata al mondo animale, desidero che sia tu, con la tua bella voce, a chiudere questo nostro dialogo leggendo la pagina autobiografica in cui Albert descrive la sua scoperta del principio che va appunto sotto il nome di rispetto della vita.

M. L.  Risalivamo lentamente il fiume (…) cercando con fatica – era la stagione secca – i canali in mezzo ai banchi di sabbia. Immerso in profonda meditazione sedevo sul ponte della barca, sforzandomi di arrivare al concetto elementare e universale di etica, che non ero riuscito a trovare in nessuna filosofia. Ricoprivo di frasi sconnesse un foglio dopo l’altro, solo per impedire a me stesso di distrarmi da questo problema. Poi il terzo giorno, al tramonto, proprio nel momento in cui ci stavamo facendo strada tra una mandria di ippopotami, balenò nella mia mente, quando meno me lo aspettavo, la frase: «Rispetto per la vita». Il cancello di ferro aveva ceduto; si poteva vedere il sentiero del bosco. Ecco che avevo trovato il modo per arrivare al concetto in cui sono contenute insieme l’affermazione del mondo e della vita e l’etica. Ora sapevo che l’affermazione etica del mondo e della vita, come pure gli ideali di civiltà, sono fondati nel pensiero (p. 325).

Piero Stefani

 

540 – Il rispetto per la vita – Parte II (01.11.2015)ultima modifica: 2015-10-31T09:20:34+01:00da piero-stefani
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