529 – La tiepidezza degli ignavi (05.07.2015)

Il pensiero della settimana, n. 529.

 La tiepidezza degli ignavi

      La più celebre fra le sette lettere contenute nella parte iniziale dell’Apocalisse è l’ultima, indirizzata alla Chiesa di Laodicea. Il suo centro è costituito da un forte monito: «Conosco le tue opere, che non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Così, poiché sei tiepido e né caldo né freddo, sto per vomitarti dalla mia bocca. Poiché dici: Sono ricco e mi sono arricchito e non manco di nulla. E non sai che sei tu lo sciagurato e misero e pezzente e cieco e nudo. Ti consiglio di comprare da me oro purificato dal fuoco, per arricchirti, e vesti bianche così che tu ne te ne avvolga e non si manifesti la vergogna della tua nudità, e collirio per ungere i tuoi occhi; sii dunque zelante e pentiti. » (Ap 3, 15-19).

     La Chiesa di Loaodicea è tiepida non perché incapace di grandi beni e di grandi mali, ma perché non è in grado di guardare a se stessa e di rendersi conto di quale sia la sua situazione: «Poiché dici: Sono ricco e mi sono arricchito e non manco di nulla. E non sai che sei tu lo sciagurato e misero e pezzente e cieco e nudo». Una condizione estendibile ad altre Chiese e ad altri tempi. Non vi è tentazione maggiore di credersi ricchi quando non lo si è; in questi casi (come avviene nella vita privata dei falsi ricchi) la rovina è davvero dietro l’angolo.

     L’Apocalisse invita a comprare del collirio al fine di accorgersi di essere nudi. Almeno si fosse come gli antichi progenitori i cui occhi si aprirono dopo il peccato cosicché si accorsero subito di essere nudi (Gen 3,7). Da questo sguardo potrà nascere un processo che potrà sfociare nell’essere rivestiti di vesti bianche, esattamente come avvenne con le tuniche di pelle con le quali il Signore Dio rivestì l’uomo e la donna (Gen 3,21). Se non si è consapevoli di quanto si fa – e il monito è per tutti, non solo per le Chiese di ieri e di oggi – non ci si potrà mai pentire e il vicolo in cui si cammina condurrà senza scampo a un baratro.

     Tutto ciò potrebbe essere uno sfondo non banale per comprendere la sorte riservata da Dante alla immensa moltitudine degli ignavi (cfr. Divina Commedia 3,24-69) . Essi sono tanto insignificanti dal essere respinti (vomitati?) sia dal cielo sia dall’inferno. Essi spiacciono sia a Dio sia ai suoi nemici. Già nella Commedia la mediocrità non è più aurea, ma è una forma di vita incapace di rendersi conto di quel che si fa. Il senso forte di «vivere senza infamia e senza lodo» va al di là di un grigiore della vita insignificante agli occhi degli altri («non ti curar di loro ma guarda e passa»), la radice sta nella condizione di colui che non si rende conto di quel che sta facendo. Il credersi ricchi quando non lo si è, qui trasforma nel ritenersi liberi quando non lo si è.

     Una manifestazione molto evidente di questa condizione è agire in un determinato modo solo perché così fanno tutti. Nel mondo contemporaneo questo atteggiamento si definisce omologazione. Esso funziona perché i soggetti che si comportano in questo modo si credono liberi, anzi ritengono di agire appunto per esprimere la propria personalità. È come avviene a Venezia a carnevale, ci si giudica originalissimi perché si indossa un costume più stravagante degli altri, ma non ci si accorge che la spinta ad andare lì in massa è tra le più omologanti.

     La tiepidezza è il non rendersi conto di quel che si sta facendo, è il ripeterlo solo perché lo si è sempre fatto credendo però – e l’annotazione è fondamentale – che si tratti di un’espressione della propria libera volontà. Insomma è l’illusione di scegliere quando invece si è scelti. Nella Commedia non tutto è riconducibile a ciò. Per esempio non lo è il celebre verso che parla di colui che fece per viltà il gran rifiuto. Non è però un caso che costui – di qualunque persona si tratti – si stagli sul fondo dell’anonimato, Dante infatti parla a suo proposito di «vidi e conobbi» espressione inapplicabile a qualsiasi altro ignavo. Tuttavia è pur vero che la vittoria sull’anonimato non è tanto grande da comunicare anche al lettore le generalità del protagonista.

Piero Stefani

 

529 – La tiepidezza degli ignavi (05.07.2015)ultima modifica: 2015-07-04T12:03:57+02:00da piero-stefani
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