523 – La Bolla del Perdono (24.05.2015)

Il pensiero della settimana, n. 523

La Bolla del Perdono

     Il suo pontificato fu brevissimo, dal 29 agosto al 13 dicembre 1294, quando formalizzò la propria rinuncia. Eppure in quelle non molte settimane Celestino V fece un atto che da allora giunge fino a oggi. Si tratta della Bolla del Perdono che istituiva quella che ai nostri giorni – grazie a un’espressione medievaleggiante risalente a D’Annunzio – è nota come «Perdonanza celestiana». Per goderne, c’è un luogo e un tempo specifici: si tratta della basilica di Santa Maria di Collemaggio all’Aquila, della quale bisogna varcare la soglia, confessati e pentiti, tra il vespro del 28 agosto e quello del giorno successivo. Per lucrare l’indulgenza non occorre alcuna offerta in denaro. Divenuto pontefice, l’anziano eremita Pietro da Morrone collegò il rito a un luogo particolarmente carico di ricordi personali: la basilica era stata costruita pochi anni prima a seguito di un sogno da lui avuto e in essa era stato consacrato papa. A fine settembre del 1294 la bolla era stata già emessa; l’anno successivo, nonostante l’opposizione del nuovo pontefice Bonifacio VIII, il rito entrò in vigore. Da allora l’appuntamento annuale è sempre stato riproposto; tuttavia, nei secoli, non pochi sono stati i mutamenti intervenuti nel modo di viverlo e celebrarlo.
     Dal 2009 L’Aquila è una città profondamente ferita. Non si tratta ormai solo di riparare lacerazioni interiori, occorre anche proseguire a ricostruire e consolidare edifici. Senza dimenticare però che numerose sono le persone che dovrebbero far proprio un atteggiamento di severa penitenza e di aperta richiesta di perdono per quanto da loro compiuto (od omesso) prima e ancor più dopo il sisma. A tal proposito torna alla mente una serie di asserzioni rabbiniche collegate allo Yom Kippur (Giorno dell’Espiazione): «Se un uomo dice: “Peccherò e mi pentirò, e poi peccherò di nuovo e mi pentirò” non gli sarà data alcuna possibilità di pentimento. Se dice: “Peccherò e Yom Kippur espierà”, allora lo Yom Kippur non attuerà alcuna espiazione. Per le trasgressioni che avvengono tra uomo e Dio lo Yom Kippur attua l’espiazione, ma per le trasgressioni che avvengono tra l’uomo e il suo compagno, lo Yom Kippur attua l’espiazione soltanto se egli si è rappacificato con il suo compagno» (Mishnàh, Yomà 8,9). Nessun rito penitenziale è nelle condizioni di scavalcare la responsabilità interumana.
     In virtù del passaggio dalla dimensione biblico-sacrificale prescritta nel sedicesimo capitolo del libro del Levitico a quella penitenziale propria del giudaismo rabbinico quella dello Yom Kippur è diventata, fino a oggi, la festa che coinvolge più direttamente la responsabilità personale di ogni ebreo. I riti penitenziali hanno avuto, però, un’enorme importanza anche in ambito cristiano. In linea di principio ce l’hanno ancora; come tutti sanno, recente è l’indizione da parte di papa Francesco di un Anno Santo straordinario dedicato alla misericordia. Tuttavia rimangono rilevanti interrogativi sull’autentico significato di riti penitenziali proposti in un’epoca in cui sembra decrescere in maniera evidente, tra gli stessi fedeli, il senso del peccato. Resta però salda la presenza del senso di colpa ormai però per lo più connesso a dimensioni psicologiche ancor prima che etiche.
     Nel corpus dei 150 Salmi, a partire dal VII secolo, la tradizione cristiana ne ha individuati sette, accorpati senza tener in conto la scansione dei cinque libri in cui è suddiviso il Salterio. In virtù di questa ermeneutica non filologica, si è formato un insieme (secondo la numerazione dei LXX e della Vulgata si tratta dei Salmi 6,31,37,50,101,129,142) collegato in modo particolare al sacramento della penitenza (oggi riconciliazione) e alla quaresima. A più vasto raggio i “Sette salmi penitenziali” sono dotati di un’importanza straordinaria nella pietà cristiana (è forse un caso che Martin Lutero li tradusse e li commentò in tedesco nel fatidico 1517?). Al centro di essi, come un vero e proprio spartiacque, si trova il Miserere (Sal 50 [51]), il più conosciuto tra tutti, diventato, specie in virtù del suo incipit, tanto un’espressione quasi proverbiale quanto una costante fonte di ispirazione per composizioni letterarie e artistiche.

Piero Stefani

 

523 – La Bolla del Perdono (24.05.2015)ultima modifica: 2015-05-23T09:23:37+02:00da piero-stefani
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