520 – I santi e gli animali (03.05.2015)

Il pensiero della settimana, n. 520

  I santi e gli animali [1]

      Il rapporto con il mondo animale è sempre stata una caratteristica della santità presente in tutti i tempi e in tutti i luoghi. Il tema, quindi, non può essere circoscritto a un sola epoca o a un solo ambiente religioso (p. 318). L’affermazione, presente nella conclusione del libro, costituisce la tesi centrale di un testo molto ricco di materiali ricavati, per la massima parte, solo dalla tradizione cristiana. A parte un breve capitolo iniziale (pp. 17-41) intitolato «Le grandi religioni e il mondo animale», tutto le altre parti del libro sono dedicate a rivisitare le relazioni tra santi e animali attestate nel cristianesimo. Si tratta di una copiosa e a tratti sorprendente documentazione che rappresenta l’apporto più utile e significativo del testo. Tuttavia il clima dell’intero volume risente, riga dopo riga, della presenza di una spiritualità che, in via approssimativa, è qualificabile come cosmica. Del resto ciò è consono al fatto di porre l’accento sul rapporto con gli animali intesi come esseri viventi collocati all’interno del creato; in questo caso infatti la santità deve per forza rivestirsi di tratti universali. Gli animali, per definizione, non aderiscono al alcuna religione specifica.

     Bormolini è un monaco e presbitero appartenente al movimento «Ricostruttori nella preghiera», ed è ideatore dell’associazione «Tuttoèvita». Nei suoi studi sta approfondendo in modo particolare il monachesimo celtico; di questa sua competenza vi sono ampie tracce in Santi e animali che pur spazia, in lungo e in largo, per le varie epoche cristiane. Terminata la lettura del volume si rimane persuasi del fatto che l’esempio notissimo di San Francesco di Assisi risulta per la maggior parte di noi rivestito di una eccezionalità quasi come unica solo perché ignoriamo una gran copia di riferimenti agiografici. Atteggiamenti simili a quelli di Francesco sono presente molte volte prima e dopo di lui. È un dato che fa pensare.
     La tesi del libro volta a indicare più omogeneità che differenze tra epoche e culture suscita invece più di una perplessità. In verità quest’ultima asserzione risulta un po’ troppo netta. Pure l’autore nel suo vasto panorama prospetta infatti ovvie e irriducibili differenze. Anch’egli pone opportunamente in rilievo le diversità; per citare il caso più evidente, vi è differenza tra gli animali fantastici dei bestiari medievali e approcci più realistici; chiaro è il cambio del registro quando ci si riferisce a certe componenti simboliche legate ai vizi e alle virtù; sottolineate sono pure le particolarità realistico-relazionali del monachesimo celtico nei confronti degli animali. Tuttavia si ha l’impressione che Bormolini da un lato faccia un discorso troppo uniforme, mentre dall’altro dia un rilievo eccessivo alla opzione cartesiana volta a considerare gli animali delle semplici macchine . Si trattò certo di mutamento rivelante, che ebbe (sia detto di passaggio) una variante teologica in Malebranche, il quale preferiva considerare gli animali degli automi piuttosto che giudicarli viventi in preda alla sofferenza, loro che non avevano commesso il peccato originale. Tuttavia il dualismo cartesiano, pur nella sua peculiarità, non può essere isolato da un discorso più ampio. Il cartesianesimo si presenta come una reazione all’impostazione aristotelico-scolastica; eppure non va dimenticato che proprio quest’ultima ha contribuito a reintrodurre nel pensiero teologico e nella stessa spiritualità l’idea di natura. Si trattò di una rivoluzione concettuale di straordinaria rilevanza. In virtù di essa si è iniziato a cercare di coniugare assieme le due idee di natura e creato che prima, se così si potesse dire, viaggiavano autonomamente. Questo cambiamento di orizzonte pre-moderno ha avuto senz’altro ricadute anche nei modi di guardare gli animali.
     I Padri del deserto vivevano ancora – sulla scorta di Gesù del Vangelo di Marco («tentato di Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano» Mc 1,13) – tra demoni, angeli e animali; lo facevano appunto perché essi non avevano l’idea di natura. Di contro, anche quando non è tematizzato, nell’età moderna in Occidente tutti devono fare i conti con la natura. Ciò muta il modo di percepire l’animale. Santi e animali non parla mai di forme di relazione presentata in senso evoluzionistico (fatto salvo un rapido cenno a Teilhard de Chardin ). Non ci si appella perciò al fatto che noi siamo figli non solo delle stelle, ma anche degli animali. Né ci si riferisce a un’etica connessa all’approccio evolutivo in base alla quale si conclude che se non ci fossero gli animali non ci saremmo neppure noi. Il libro non prende perciò in considerazione un approccio basato sulle scienze della natura. Ciò, del resto, è confermato dall’uso sinonimico che il testo fa dei due termini «natura» e «creato».
     Volenti e nolenti, ai nostri giorni gli animali sono considerati in relazione con noi assai più in virtù di quello che sono che a motivo di relazioni che portano santi e animali a recuperare una dimensione edenica. Non a caso Paolo De Benedetti conclude la sua breve prefazione rovesciando, implicitamente, i termini del titolo: più che parlare di santi e animali, egli lascia piuttosto intendere che gli animali sono già santi. «Infatti, se il lettore legge l’indice di questo libro noterà subito chi l’ha ispirato. Quello Spirito Santo, quella colomba che ci rivela la divina maternità di Dio. Una maternità che non sempre è fatta propria dall’uomo ma sempre dall’animale» (p. 8). Il linguaggio è marcatamente “spirituale”, tuttavia in questa riga l’animale è presentato per quello che è e non già nella relazione santa con gli uomini di Dio che trasforma gli uni e gli altri in quello che si è chiamati a essere. L’animale è, quindi, esaltato per quanto già è e non già per quello che potrebbe e dovrebbe essere (Eden ritrovato, appunto). Considerazioni in gran parte analoghe valgano, per esempio, anche per Madre Teresa di Calcutta: «Quando torno a casa spesso affaticata e stanca, il nostro cagnolino mi viene incontro abbaiando felice e mi dà il benvenuto leccandomi le mani» (p. 177). Nella pagina successiva viene poi riportato un lungo elenco in cui Madre Teresa enuncia i motivi del perché bisogna amare gli animali; si tratta di ragioni basate su quanto gli animali già sono.
     Una delle figure più istruttive presenti a più riprese nel libro è quella di san Martino di Porres, morto a Lima nel 1635 e canonizzato nel 1964. Si tratta di un esempio particolarmente significativo proprio a causa del suo essere a cavallo tra l’antico e il moderno. Da un lato in Martino si trovano caratteristiche proprie di visioni spirituali (non naturali) remote, compresa quella legata alla conoscenza dei vari idiomi del mondo animale; dall’altro in lui emergono preoccupazioni che già risentono di un clima moderno; il santo, per esempio, aprì una specie di clinica per curare gli animali e si prese carico di problemi che definiremmo di carattere igienico sanitario. Un passo come il seguente simboleggia bene il suo essere sospeso tra due mondi: «Un gattino gravemente ferito alla testa fu medicato da Martino che gli confezionò anche una cuffia per proteggere le fasciature. A quel punto gli disse: “Ora vai pure, ma domattina ritorna e ti medicherò ancora”», fatto puntualmente verificatosi (p. 164). La figura di Porres è però significativa anche per la concezione che delle persone umane si aveva allora nel mondo ecclesiastico: egli visse, sia pure in convento, sempre e solo come terziario domenicano e non già come frate. Non si trattò di scelta personale, ma di proibizione canonica; infatti egli era un mulatto, figlio non riconosciuto del governatore del Perù e di una sua ex schiava nera, non gli era perciò permesso di raggiungere il presbiterato (p. 161). Martino parlava con gatti e topi ma su di lui pesavano discriminazioni per noi giustamente incettabili. C’è stato e c’è ancora molto da fare anche in relazione al mondo interumano.

 

Piero Stefani

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 [1] Anticipo la recensione di prossima uscita sul n. 2,2015 della rivista Teologia della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Guidalberto Bormolini, I santi e gli animali l’EDen ritrovato, prefazione di P, De Benedetti, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2014, pp. 337

 

 

 

 

 

 

520 – I santi e gli animali (03.05.2015)ultima modifica: 2015-05-02T10:12:01+02:00da piero-stefani
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