507 – Un dottore e un imperatore (01.02.2015)

Il pensiero della settimana, n. 507

 Albert Schweitzer

 RSI, Rete 2, Oggi, la storia 14.1.2015
     È un a casa dal tetto spiovente. Sotto vi sono una serie di finestre attaccate le une alle altre. Dal davanzale di ognuna di esse pendono fioriere, riempite nella buona stagione da gerani parigini. A piano terra c’è un portichetto formato da cinque colonne doriche, affianco al quale si apre la porta d’ingresso. Dietro la casa svetta un campanile.
     Siamo a Kayserberg in Alsazia. Su un muro intonacato di bianco si legge Musée du Docteur Albert Schweitzer. Nella memoria del mio computer ne conservo una foto inviatami da una redattrice della Radio Svizzera Italiana che frequentava quelle zone a motivo del centenario della Prima guerra mondiale.
     Schweitzer nacque in quella casa. Cadeva il 14 gennaio 1875. Suo padre era un pastore luterano. L’edificio di culto era però destinato a ospitare pure i riti cattolici. Caso infrequente nel XIX secolo. Si trattava di una situazione tipica di terra di confine in cui si mescolano culture, lingue e civiltà. Sono luoghi sospesi tra essere occasione di incontri o di scontri. La storia ha messo in pratica l’una e l’altra possibilità.
     Se si prende in mano una qualsiasi enciclopedia, cartacea o elettronica che sia, troviamo accanto al nome di Schweitzer una impressionante serie di definizioni: musicista, filosofo, teologo, biblista, missionario, medico, filantropo, premio Nobel per la pace. In ognuno di questi campi è stato un punto di riferimento. Noi però lo vogliamo ricordare attraverso qualche riga autobiografica legata alla sua infanzia in quella casa. A chi sa leggerla dice già tanto: «Ancor prima di andare a scuola non riuscivo a capire perché, nella preghiera della sera, dovevo pregare soltanto per delle persone. Per questo, dopo che mia madre mi aveva fatto ripetere la preghiera e mi aveva dato il bacio della buona notte, in segreto aggiungevo una preghiera per tutti gli esseri viventi, composta da me. Diceva così: “Buon Dio, proteggi e benedici tutto ciò che ha respiro, difendili da ogni male e fa’ che dormano tranquilli”».

 

 Canossa al centro per la lotta per le investiture
 RSI, Rete 2, Oggi, la storia, 28.1.2015
      È un comune con meno di 4000 abitanti situato nell’Appennino reggiano. La sua sede municipale si trova a Ciano d’Enza. Sembra uno dei tanti borghi italiani semisconosciuti. Eppure il nome del comune è noto a vastissimo raggio. Pochi ci sono andati fisicamente, molti ci sono andati metaforicamente, e un numero ancora maggiore ha dichiarato di non volerci andare affatto. Insomma come si denomina questa località? Canossa.
     L’espressione «andare a Canossa» è usata in tedesco: «nach Canossa gehen», in inglese: «go to Canossa», in francese «aller à Canossa». Perché in mezza Europa si teme di andare in questo piccolo borgo reggiano? La risposta è semplice: per quel che vi avvenne il 28 gennaio 1077. Là, in un rigido inverno, dopo tre giorni di attesa, scalzo, vestito solo di un saio e con il capo cosparso di cenere, l’imperatore Enrico IV fu infine ammesso al cospetto del papa Gregorio VII. L’incontro ebbe luogo grazie all’intercessione della contessa Matilde e di Ugo abate di Cluny. L’oggetto della contesa era costituito dalla lotta per le investiture. Il frutto dell’umiliazione fu il ritiro della scomunica.
      In effetti negli anni successivi le faccende non andarono lisce. Enrico IV fu scomunicato una seconda volta nel 1080, ma la questione delle investiture andò avanti fino al cosiddetto concordato di Worms nel 1122. Questo accordo tra l’imperatore Enrico V e papa Callisto II pose termine alla lotta.
     Le disposizioni del concordato, apparentemente di compromesso, segnarono in realtà tanto il riconoscimento dell’autonomia del papato, quanto il mantenimento, a pieno titolo, della figura dei vescovi conti. La Chiesa continuava cioè ad avere a che fare in modo diretto con la gestione di vasti settori del potere temporale.
     I concordati fino a oggi segnano forme di accordo tra Stato e Chiesa. Essi, per loro stessa natura, hanno a che fare anche con il godimento di benefici temporali. Per questa ragione non pochi, almeno in Italia, sperano che la Chiesa cattolica vada presto anch’essa a Canossa, in relazione almeno a certi aspetti della sua prassi concordataria.

 Piero Stefani

 

 

507 – Un dottore e un imperatore (01.02.2015)ultima modifica: 2015-01-31T09:21:08+01:00da piero-stefani
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