490 _ Vent’anni dopo (28.09.2014)

Il pensiero della settimana, n. 490

 Vent’anni dopo

     La rivoluzione iraniana e il crollo del muro di Berlino erano già alle spalle, di contro le Torri gemelle svettavano ancora nel cielo di New York. La prima guerra del Golfo e l’arrivo di coloro che allora erano universalmente chiamati i «marocchini» aveva già acceso ovunque l’interesse per l’islam. Ciò valeva per le grandi quanto per le piccole città.

   Fu in quel periodo che in una cittadina romagnola si mise in piedi una serie di incontri per presentare il Corano a un pubblico che ignorava quasi tutto dell’islam. Il relatore non era musulmano e si limitava a spiegare in modo abbastanza manualistico alcune prospettive di fondo. Tuttavia là era presente, per autenticazione e controllo, anche una piccola delegazione musulmana. Il loro leader esercitava la professione di veterinario. Alla fine della relazione chiese la parola. Si dichiarò uomo di scienza, studioso e non solo dedito all’attività pratica. In questa sua veste era titolato a parlare della perfetta compatibilità tra islam e scienza. Una corretta interpretazione fa comprendere che nelle pagine del santo Corano c’è già tutto, compresa l’esistenza dei microbi. Forse guardandosi in giro percepì qualche forma di larvato scetticismo. Sta di fatto che volle, specie per  i suoi, accrescere il peso del suo dire. Dichiarò: «Le cose di cui sto parlando sono molto importanti». Fin qui l’appello era pensabile sulle labbra anche di un comune oratore alle prese con un pubblico distratto. Fu il seguito dell’argomentazione che trasferì il discorso su un piano inatteso. Il veterinario, per confermare la portata decisiva delle sue parole, sostenne che lì accanto a lui, uomo di scienza che affermava la compatibilità della ricerca scientifica con il Corano, c’erano due angeli che trascrivevano, lettera per lettera, su un libro tutte le sue parole e di esse gli sarebbe stato chiesto conto nel giorno del giudizio. La responsabilità che pesava sulle sue spalle era dunque enorme.
     La visione prospettata dal leader musulmano corrisponde effettivamente ad alcuni dettami tradizionali dell’escatologia islamica. Per altro verso, secondo tutti i criteri dell’epistemologia, la presenza degli angeli non costituisce un fenomeno su cui la scienza può dire qualcosa né in un senso, né in un altro: non si tratta di una proposizione falsificabile. Nessuna esperienza controllata può né confermarla, né smentirla. Dal punto di vista di principio il discorso del veterinario non aveva falle. Eppure ai nostri orecchi il suo dire suona come un mondo “altro”. Si è di fronte non solo al regno di un’ingenuità perduta, ma anche alla convinzione che quella perdita sia stata in realtà un guadagno o comunque una svolta che non consente alcun passo indietro.
     Qualcuno dalle nostre parti crede ancora nell’esistenza reale degli angeli (che è altra cosa dal ritenerli simbolicamente necessari). Qualcun altro, contraddistinto da  convinzioni fondamentaliste, ritiene che la Bibbia sia una descrizione precisa di come siano andate effettivamente le faccende al momento della creazione. Grosso modo negli stessi anni in cui il veterinario lanciava nella sala il suo appello, uno strumento di indagine moderno come le statistiche sosteneva che negli Stati Uniti una grossa percentuale del campione intervistato riteneva che l’uomo fosse apparso sulla terra poche migliaia di anni fa.
     Tuttavia proprio  questi due riferimenti  evidenziano una grande differenza rispetto all’islam o meglio a “quell’islam”. Anche chi crede di essere effettivamente circondato da angeli non si trova nelle condizioni di presentare la convinzione come una forma di appello alla comunità di appartenenza. Essa infatti, lungi dall’essere un motivo di unione, costituirebbe un’occasione di divisione; invece di compattare dividerebbe. Di ciò è convinto  anche chi crede nell’esistenza degli angeli, egli infatti non potrebbe in alcun modo prescindere dal versante polemico: «voi non credete più agli angeli, così facendo avete tradito un punto irrinunciabile della nostra fede».
     Ancor più netto il discorso nel caso del fondamentalismo. Lì la denuncia si presenta infatti come il motore stesso del discorso. Secondo le sue categorie di pensiero se la Bibbia ha ragione, e per forza di cose non può essere che così, la scienza ha torto. Il fondamentalismo non indulge al concordismo. Da quelle parti non c’è alcun tavolo sedendosi attorno al quale si possa addivenire a un accordo. Tra i due contendenti non si dà alcuna stretta di mano. La ragione è molto semplice: tutto dipende dal presentarli come nemici e, se li si qualifica così, il discorso è chiuso in partenza. Tuttavia anche chi non ritiene inevitabile il conflitto tra Bibbia e scienza non si trova nelle condizioni di affermare che nelle Sacre Scritture sono contenute in nuce le stesse certezze via via scoperte dalle scienze. La fantasiosa ipotesi  secondo cui i sei giorni della creazione attestino la presenza di altrettante ere geologiche è ormai insostenibile anche dalla spirito più conciliante.
     Tutto ciò avveniva una ventina di anni fa. Oggi si udrebbero altri discorsi? Poco o nulla  lascia ora ritenere che l’islam patisca al proprio interno delle ripercussioni negative dal confronto con la contemporaneità. Il complesso di inferiorità rispetto alla scienza e le tecnologie occidentali risale ormai a molti decenni fa, all’epoca del  modernismo islamico. Oggi, pur nella grande varietà delle opzioni, appare invece che la galassia dei movimenti islamici riescano tutti, in un modo o in un altro, a servirsi senza difficoltà delle risorse tecnico-scientifiche nate in Occidente e proprio questo utilizzo diviene il più forte baluardo contro qualsiasi crisi interna.
     Va da sé che un conto è parlare tranquillamente della compatibilità tra scienza, angeli, giudizio finale e Corano e tutt’altro servirsi della rete per reclutare combattenti e per diffondere scientemente le immagini di atroci sgozzamenti.
Piero Stefani
 

 

 

 

 

490 _ Vent’anni dopo (28.09.2014)ultima modifica: 2014-09-27T09:35:32+02:00da piero-stefani
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