479 – Il furto della conoscenza (25.05.2014)

Il pensiero della settimana  n. 479

 Il furto della conoscenza
    Un classica espressione ebraica è: ghenevat da‛at. Tradotto alla lettera significa «furto di conoscenza». Per capire il suo significato dobbiamo però usare un altro termine: «inganno». Il modo di dire è molto efficace. L’ingannatore è un violatore del comandamento che impone di non rubare (Es 20, 15).  Anche in italiano vi è l’ espressione secondo la quale qualcuno ha carpito la buona fede altrui. La più ampia parola «conoscenza» è però più pregnante. Chi inganna priva l’altro del diritto di sapere che va annoverato anch’esso tra i diritti fondamentali.
    Come tutte le colpe anche questa è dotata del suo risvolto omissivo. Esso non è meno grave del precedente. Si tratta del tacere da parte di chi sa. L’omertà ne è l’esempio più grave. Ma non ci si può limitare a questa forma estrema di complicità. Né è sufficiente riferirsi alla reticenza testimoniale. Esiste infatti anche un’altra forma passiva di «furto della conoscenza». Essa  avviene quando qualcuno per pavidità o tornaconto personale si rifiuta di esprimere pubblicamente la propria opinione pur trovandosi in una situazione che gli consentirebbe di farlo. Accusare qualche persona  di aver taciuto in un regime di terrore è atto lecito solo a colui che allora  parlò, ma spesso il prezzo della sua parola fu la sua stessa vita;  perciò ora gli è dato di accusare solo attraverso il silenzio. Il rilievo tuttavia non vale quando l’esprimere la propria visione delle cose fa correre rischi contenuti.
   In un dibattito, intitolato «In cultura. Chiesa saperi realtà» apparso sul numero di maggio della rivista Jesus, è stata posta a quattro interlocutori – Ravasi, Veladiano, Bianchi e  Cacciari – la domanda: «Che cosa è cambiato con il nuovo clima portato  da papa Francesco?». Il filosofo veneziano non ha risposto, del parre degli altri tre qui ci interessa unicamente riportare quanto affermato da Enzo Bianchi all’inizio della sua risposta: «Con papa Francesco è cambiato soprattutto il clima di paura, di diffidenza, di essere costantemente sotto ispezione, per ogni opinione pronunciata o scritta. È tornato un clima di libertà e di fiducia: ci sono vescovi che dicono di essere stati convertiti da papa Francesco…». Sotto il pontificato di Benedetto XVI nessuno ha mai rischiato il gulag o il campo di concentramento, al più metteva in gioco la propria cattedra o qualche promozione. Che sia bastato tanto poco per far tener chiuse molte bocche è segno preoccupante. Così come non è di per sé  confortante che si prenda la parola solo quando non si corre alcun pericolo. Quel tacere e quel parlare sono facce della stessa medaglia. Introdurre il termine di conversione per un atteggiamento assunto in un periodo in cui, per meriti non propri, si gode di un largo consenso è troppo facile. Il banco di prova sono gli anni delle vacche magre.
   In ogni caso un sigillo di garanzia della avvenuta conversione starebbe nell’ammettere pubblicamente di aver rubato conoscenza alle gente e ai fedeli, quanto meno nella forma dell’omissione. Andare là dove ti porta il vento non sempre è da riferirsi al soffio dello Spirito.

Piero Stefani

 

479 – Il furto della conoscenza (25.05.2014)ultima modifica: 2014-05-24T10:08:42+02:00da piero-stefani
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Un pensiero su “479 – Il furto della conoscenza (25.05.2014)

  1. Segno preoccupante è questa specie di svuotamento di significato, inopinato, del linguaggio biblico : la conversione è diventata un fatto atmosferico, sembra causata da un “clima” o da un colpo di vento … Più che di “furto della conoscenza” , figura precisa e anche emblematica di un peccato, direi che c’è una specie di dismissione generalizzata. Il furto, l’inganno, la falsa testimonianza sembrano insopportabili, non certo perché moralmente piuttosto ripugnanti, ma perché pretendono troppo dal nostro pensiero, appunto dalla nostra conoscenza; se capitano, capitano, ci si dispiace un po’, si, se ne potrebbe fare a meno, ma tant’è, tanto poi qualcosa cambierà, si vedrà. Del resto non c’è nessuna condanna reale e il dismettere, come si fa con un abito vecchio, non provoca nessuna nudità. Per fortuna che Piero Stefani non si smentisce e nel post c’è un preciso richiamo alla responsabilità : dovremo attenderci una tornata di “cronache della prigionia” ?

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