422_I giochi della politica (03.03.2013)

Il pensiero della settimana, n. 422

 

      La squadra A stava vincendo di stretta misura con un solo goal di scarto. I giocatori di B si davano però un gran da fare. L’assalto si fece arrembante, ma la difesa di A si dimostrava impenetrabile. A pochi secondi dalla fine, però, avvenne la svolta. La prima punta di B sferrò un gran tiro che si insaccò nel sette alla destra del portiere. Il sospirato pareggio fu raggiunto giusto in tempo. Tuttavia i colpi di scena non finirono lì. Proprio in quei giorni era stata introdotta una nuova regola: alla squadra che pareggiava negli ultimi cinque minuti della partita veniva assegnata la vittoria con quattro goal di scarto.    Così B conseguì un vero e proprio trionfo nonostante giocasse in trasferta.

     Non occorre molta fantasia per immaginare quali fossero le reazioni dei tifosi di A: tumulti, strepiti, grida, denunce. Gli stessi vincitori si rivelarono imbarazzati. Conquistare l’intera posta in palio in questo modo non era esaltante; non foss’altro perché la prossima volta le parti si sarebbero potute invertire: anche B si sarebbe potuta trovare nelle condizioni di  subire un goal all’ultimo minuto e allora la frittata sarebbe stata fatta.  

     La nuova regola era stata introdotta, ufficialmente, per evitare ammucchiate in classifica e per conseguire distacchi più netti; in realtà, era a tutti noto che era dovuta alle forti pressioni esercitate da una squadra specializzata a far goal in «zona Cesarini». Messa alla prova dei fatti la nuova regola creò, però, tali e tante contestazioni da invitare a tornare sulla decisione presa. Si riunirono i presidenti, la Lega calcio ascoltò i loro pareri e alla fine si decise di abolire la contestata norma prima dell’inizio del successivo campionato.

     La parabola fin qui raccontata è poco credibile; è infatti arduo ipotizzare l’esistenza di un Calderoli calcistico. Nella politica invece le cose stanno diversamente. Avviene, infatti, che una coalizione che ha conquistato il 29% e spiccioli di voti ottenga, alla Camera, la maggioranza assoluta dei seggi. Si parla con preoccupazione dell’impasse in cui ci si trova al Senato, mentre non sembra che si dia il dovuto  peso al fatto che ci si trovi di fronte a una Camera delegittimata nella sua rappresentatività.  L’introduzione di un sistema elettorale qualificato in termini suini dal suo stesso ideatore fu giustificato a motivo della governabilità. Quando fu introdotto si era però di fronte a due coalizioni su per giù equivalenti. Applicato in un quadro politico molto più frammentato, i suoi esiti, già infausti, sono diventati ancor più delegittimanti.

     Si dirà che se si togliesse il premio di maggioranza i problemi di governabilità diverrebbero ancor più gravi. Lo dimostra la situazione al Senato, dove è bastato introdurre un premio a livello regionale per rendere impossibile la formazione di una maggioranza. È  d’obbligo allora chiedersi se sia dato ipotizzare una legge elettorale che garantisca un vincitore senza introdurre abnormi e illegittimi premi di maggioranza. Forse una via ci sarebbe. Essa si rivelerebbe tanto selettiva quanto rappresentativa. Bisognerebbe introdurre un sistema basato su collegi uninominali a doppio turno; vale a dire qualcosa di simile a quanto avviene per le elezioni dei sindaci. In questo caso il sistema ha funzionato e ha garantito una apprezzabile stabilità, sia pure a prezzo di una radicale riduzione del ruolo del consiglio comunale.

     Il collegio uninominale è imperniato sul rapporto  tra il candidato e  gli elettori. Se si riducesse il numero dei deputati e dei senatori i collegi sarebbero un po’ più grandi, tuttavia, anche in questo caso, gli elettori sarebbero chiamati a votare una determinata persona. Quest’ultima dovrebbe garantire in proprio la sua credibilità; dovrebbe, come si suol dire, metterci la faccia e in tal caso anche le sue promesse sarebbero costrette a essere più calibrate. In ogni caso si saprebbe meglio a chi andrebbe il proprio voto.

Certo anche questo sistema non è perfetto. Le due massime obiezioni che gli si muovono è di non riuscire a rispecchiare la varietà degli orientamenti presenti nella società (ma è in grado di farlo per le variabili territoriali) e di consegnare all’inutilità una gran quantità di voti espressi. Questo sul piano teorico; su quello pratico, in Italia, dove la corruzione è all’ordine del giorno, il rischio dell’esistenza di forti pressioni di quelli che un tempo si definivano «potentati locali» è, specie in alcune parti del Paese, più che reale. La crisi dell’Italia attuale nella società, nell’economia, nella politica, nelle istituzioni, nella cultura è troppo grave per pensare di poterla risolvere con qualche riforma elettorale per quanto oculata. Tuttavia da qualche parte si deve pur cominciare.

     L’umorista Cinzia Poli, dopo aver ricordato che nel corso della campagna elettorale Bersani ha dichiarato di ispirarsi a papa Giovanni, ha ironicamente posto una domanda: quando verrà per il segretario del PD il turno di guardare anche a Benedetto XVI? In effetti, non sono pochi coloro che ritengono che il pontificato di papa Ratzinger abbia raggiunto il proprio apice proprio nell’atto di chiudersi in anticipo. Appare credibile ipotizzare che lo stesso valga per l’attuale Parlamento, a patto che senatori e deputati stabiliscano una modalità radicalmente diversa da quella attuale per la nomina dei propri successori.

Piero Stefani

422_I giochi della politica (03.03.2013)ultima modifica: 2013-03-02T09:37:00+01:00da piero-stefani
Reposta per primo quest’articolo

2 pensieri su “422_I giochi della politica (03.03.2013)

  1. Proporzionalista (a suo tempo, 60 anni fa! dubbioso sulla legge maggioritaria voluto da De Gasperi) non pentito ma realista, sono per il doppio turno uninominale. Ma va stabilito un punto fermo. I sistemi uninominali di coalizione, a un turno o a due turni che siano, sono imbrogli.

  2. Pienamente d’accordo. Non piangerei per la scomparsa di tanti cespuglietti a forma di partito. Non servono a rappresentare sfumature di pensiero, ma a solleticare narcisismi e a garantire qualche sbiadito protagonismo. Ben venga l’uninominale a doppio turno.

I commenti sono chiusi.