Roberto Mauro

Primo Levi  Il dialogo è interminabile

 

Nel testo di Mauro, per definire il Lager si fa, più volte, ricorso all’immagine delle schiene voltate le une contro le altre. Privare gli esseri umani della possibilità di guardarsi reciprocamente in volto significa disumanizzarli in modo sistematico. La tesi di laurea da cui ha preso le mosse questo libro s’intitola La tragedia della disumanazione organizzata nella riflessione di Primo Levi. Il titolo scelto per il libro coglie il tema dall’altro versante. Senza negare il lato oscuro delle schiene, vuole parlare anche di sguardi. In questo mutamento non opera alcuna facile opzione consolatoria. Le linee guida del discorso si trovano in quanto già si diceva: il mondo dei Lager è stato contrassegnato, per i vivi, dall’ossimoro di schiene che si fronteggiavano l’una con l’altra. Tuttavia anche là c’è stata qualche minima crepa nel muro dell’inumanità. Quelle tracce sono barlumi sufficienti per sostenere che l’uomo non è stato definitivamente annientato. Un esempio di una di queste minuscole fenditure del sistema concentrazionario è stato (come ricorda Mauro) l’incontro di Levi con Lorenzo, l’operaio civile italiano che, senza voler nulla in cambio, procurò per sei mesi a Primo qualche resto di cibo, una canottiera piena di toppe e consentì uno scambio di cartoline con l’Italia. Levi afferma che deve a lui la vita non tanto per il suo aiuto materiale, quanto per avergli provato che, fuori dal Lager, esisteva ancora un mondo in cui l’essere giusti si dava come possibilità concreta. Lorenzo fu a suo modo un testimone, negli interstizi del campo, di un contesto altro e perciò ancora umano. Fu un incontro sulla soglia, ma fu sufficiente a far sì che Primo Levi non dimenticasse di essere lui stesso un uomo. (Dalla prefazione di Piero Stefani)

Roberto Mauroultima modifica: 2009-02-03T08:00:00+01:00da piero-stefani
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