Il pensiero della settimana

242 – Torna la primavera… (22.03.09)

 Il pensiero della settimana, n. 242 

 

Antonio Balletto fu prete genovese radicatissimo nella sua città, ma fu anche conosciuto a più vasto raggio, specie a motivo del modo innovativo in cui, negli anni ottanta, diresse la casa editrice Marietti. Si trattò di una scelta che trasformò in frontiera culturale un nome editoriale associato, per molti decenni, ad antiche vendite di messali e messalini. Il pensiero gli dette ragione; non così l’economia. L’esperienza si chiuse. Non fece altrettanto l’attività di Balletto. Tuttavia nel corso degli anni il male, acquattato all’interno, iniziò a erompere diventando inoccultabile ai propri e agli altrui occhi.

 

Avvertendo la brevità dei propri giorni, don Antonio chiese all’amico Franco Manzitti  di poter scrivere settimanalmente sulle pagine genovesi della Repubblica. La rubrica, intitolata Tra i tempi, iniziò nel giugno del 2007 e terminò il 29 febbraio 2008. La morte avrebbe colto Balletto pochi giorni dopo. Don Antonio aveva però già preparato altri diciassette articoli. I contributi editi e inediti sono ora raccolti in volume.[1] Il primo di quelli che non poterono essere stampati sul giornale si intitolava, Torna la primavera…Sarebbe dovuto uscire il 7 marzo.

 

L’articolo, tutto mosso dal senso del rinnovarsi delle cose e animato da uno stupore non intaccato dal senso di ripetizione, si chiude con parole di preveggente congedo. Esse si trasformano in lascito: «Ho cercato di tracciare solchi noti e antichi. Ho buttato giù  anche alcuni semi che voi coltiverete  per il vantaggio vostro e di molti altri. Il resto è a voi che spetta. Non è un compito vago e unilaterale, ma un’arteria che esce dal cuore dell’uomo: che Dio assista questo cuore! “Mosso ti ho innanzi, / ormai per te ti ciba”» (Dante, Paradiso,Canto X)» (p. 147). Sono parole in cui risuona un tratto struggente e autentico. Coniugare assieme la consegna del seme gettato e la speranza che altri lo sappiano coltivare è un gesto che evoca lo spirito del Padre creatore che ridesta la vita per affidarla ad altri che la sappiano custodire e prolungare.

 

«Quanti annunci ci regala la primavera! Essi sono la voce di qualcuno, o di Qualcuno, che entra suaviter in noi e, in libertà ci guida fortiter verso le mete che sono le nostre» (ivi). Balletto, per dire il tempo dischiuso dall’equinozio, ruba due avverbi collocati dall’antica liturgia latina nel cuore dell’inverno. Essi provengono infatti dalla novena del Natale; più precisamente da un’antifona al Magnificat che esalta la Sapienza, uscita dalla bocca dell’Altissimo, la quale dispone tutte le cose in modo a un tempo forte e soave: sintesi che merita per se stessa l’aggettivo divino.  La sapiente mitezza del governo di Dio non può dirsi in modo migliore. Si tratta di un accompagnamento assiduo che si fa presente con soavità, che rispetta la libertà e che, proprio in ciò, risulta forte nel guidare verso mete in grado di rivelare noi a noi stessi.

 

Affermare che la primavera porta speranza è frase priva di senso: preso in se stesso quel breve fiorire è un tempo macinato dal succedersi implacabile delle stagioni.  Il discorso cambia se si sostiene che la primavera è segno di speranza. Tutto riposa sulla capacità di trascrivere in termini umani quanto, ciclicamente, avviene in natura. Il gemmare di un arbusto che appariva completamente secco simboleggia una capacità di ricominciare che può dischiudersi anche là dove di era un’aridità priva di vita. In questa luce la primavera richiama non tanto un bimbo che sgambetta e cresce, quanto la speranza contra spem del vecchio Abramo e della sterile Sara che videro rinverdire in loro stessi la capacità di donare la vita (cfr. Rm  4,18-22 ).

 

Balletto cita anche alcuni versi di un Lied di Schubert dedicato alla primavera. Il primo di essi dichiara: «Che benessere pieno di speranza tu sai donarmi!». Ma è proprio così? La stagione che riempie il mondo di fiori e l’aria di profumi e di cinguettii è foriera di speranza solo se assunta come un segno di altro da sé. Come asserisce Kant mentre il sapere giunge alla conclusione che qualcosa è poiché qualcosa accade, la speranza conclude che qualcosa sia poiché qualcosa deve accadere. Nel suo colorato sbocciare, la prima stagione dell’anno è segno che qualcosa avverrà perché qualcosa deve avvenire.                                                                                       

 

Piero Stefani

 

 

P.S. Dato gli ultimi avvenimenti, qualche lettore si sarebbe  forse aspettato alcune parole su Benedetto XVI; ma, visto che lo si dice anche per Dio, ci sia concesso, almeno in questo inizio di primavera, di vivere un poco etsi papa non daretur.

 




[1]  A. Balletto, Tra i tempi. Un anno di riflessioni settimanali tra l’umano e il divino,  a cura di G. Cunico, Diabasis, Reggio Emilia 2009,pp. 211, € 14,00.

242 – Torna la primavera… (22.03.09)ultima modifica: 2009-03-21T16:13:00+01:00da
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