I Domenica di Quaresima (C) Fino al momento fissato

I domenica di Quaresima
Dt 26,4-10; Sal 91 (90); Rm 10,8-13; Lc 4,1-13

Fino al momento fissato

Luca (a differenza di Matteo 1,1-17) inserisce la genealogia di Gesù tra il battesimo al Giordano e le tentazioni nel deserto (Lc 3,23-38). In lui il succedersi delle generazioni è ascendente: si inizia con Gesù figlio di Giuseppe e si termina con «Adamo, figlio di Dio». In questa lunga catena quanto davvero importa sono i due anelli posti agli estremi, entrambi contraddistinti dalla figliolanza divina. Quando Gesù, ricevuto il battesimo stava in preghiera, venne una voce dal cielo che disse: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Lc 3, 22). Le tentazioni avrebbero trovato il proprio culmine su questa sponda. In esse Gesù si misura in maniera eminente con quanto è condiviso da ogni persona umana. Il richiamo ad Adamo è lì ad indicarlo.
In Luca le tentazioni hanno una successione diversa che in Matteo (4,1-11): l’ultima è rappresentata non dal dominio sui regni del mondo, ma dalla protezione divina legata al culto. Per questo motivo è connessa con il tempio, il luogo – come si esprime il Deuteronomio (12,5.11) – scelto da Dio per far abitare il suo nome. Si è tentati rispetto alla falsa fiducia secondo la quale il dar lode al Signore sia una garanzia di essere tutelati più di altri dalle sventure della vita. Il culto non impedisce i salti nel vuoto dell’insensatezza e della sciagura che l’esistenza propria o altrui tante volte ci fa conoscere. Rendere grazia a Dio non è una forma di assicurazione sulla vita. Eppure il Signore ci ha promesso la sua protezione. La tentazione si incentra proprio su questo impegno divino.
Nelle prime due tentazioni, legate al sostentamento e al potere, Gesù replica al diavolo con parole tratte dalla Scrittura: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo» (Lc 4,4; Dt 8,3); «Sta scritto: il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto» (Lc 4, 8; Dt 6,13); nella terza il salto qualitativo consiste nel fatto che il «gettatore di divisione» tenta servendosi in proprio della parola di Dio. L’espressione «sta scritto», che prima fungeva da replica, ora è rilanciata come sfida: «Se sei Figlio di Dio, gettati giù da qui, sta scritto infatti: Ai suoi angeli darò ordine a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano» (Lc 4,10; Sal 91,11). La tentazione è diventata interna alla fede. Gesù non è nelle condizioni di replicare facendo appello a una fonte diversa dalla Scrittura. Per rispondere al diavolo non è dato attingere altrove. Nelle parole che respingono l’ultima tentazione vi è, però, uno spiraglio aperto su un baratro più profondo di quello che separa il pinnacolo del tempio dal suolo. Gesù non fa più ricorso al verbo «scrivere», la lettera qui non è sufficiente; egli si affida a un «è stato detto» aperto alla sfera dell’interpretazione e del vissuto. Soprattutto con quelle parole, derivate ancora una volta dal Deuteronomio, Gesù indica che il vero tentato non è il Figlio di Dio, bensì Dio stesso: «È stato detto: Non metterai alla prova [alla lettera, “tenterai”] il Signore tuo Dio» (Lc 4, 12; Dt 6,16). A essere posta in discussione è l’efficacia della parola di Dio. La tentazione autentica riguarda le promesse del Signore.
Se Gesù si fosse gettato dal pinnacolo nessun angelo sarebbe venuto in suo soccorso. Luca non lo afferma esplicitamente, lo lasca in qualche modo intuire con una chiosa tutta sua: «Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato (kairòs)» (Lc 4,13). All’inizio della quaresima lo sguardo si rivolge già al Venerdì santo. Gesù non fu risparmiato da morte, nessun angelo lo tirò giù dalla croce. Luca, a differenza degli altri due sinottici (Mt 27,46; Mc 15,33), fa morire Gesù non con un grido di abbandono (cfr. Sal 22,2), ma con parole di affidamento: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 22,46; Sal 31,6). Nelle tentazioni il diavolo dichiara che gli angeli «ti porteranno sulle loro mani» (Lc 4, 11, Sal 91,11); tuttavia quando si è nella prova più grande e decisiva le mani a cui affidarsi non sono angeliche, sono quelle del Padre rispetto al quale si è il Figlio e si è figli. La prova ultima sta sempre nel morire.

I Domenica di Quaresima (C) Fino al momento fissatoultima modifica: 2019-03-08T22:01:50+01:00da piero-stefani
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